“Tutto è pronto: l’aquila incaricata di recare agli dèi l’anima dell’imperatore è tenuta in riserva per la cerimonia funebre; il mio mausoleo, sulla sommità del quale vengono piantati in questo momento i cipressi destinati a formare contro il cielo una piramide nera, sarà terminato pressappoco in tempo per deporvi le mie ceneri ancor tiepide”. Così nel 138 d. C. l’imperatore Adriano si appresta a vivere i suoi ultimi minuti terreni secondo Marguerite Yourcenar (cito dalla penultima pagina, 275, della ristampa italiana del 1988 per Einaudi del testo di Memorie di Adriano). Tra il 135 e il 139 d. C., in un’area di Roma oggi centrale, viene eretto il mausoleo nel quale Adriano volle che fossero tumulate le sue ceneri, quelle di sua moglie Sabina e del primo figlio adottivo, Lucio Elio. Il mausoleo era circondato da un giardino, il paradeisos, popolato da statue di animali, tra cui due pavoni di bronzo dorato che dovevano sorprendere, con la loro meravigliosa fattura realistica, chi si avvicinava al monumento pagano poi convertito nella fortezza cristiana divenuta residenza di papi e ancora oggi nota come Castel Sant’Angelo. I pavoni erano un soggetto prediletto dall’arte funeraria romana: sacri a Giunone, erano simbolo di immortalità e alludevano all’apoteosi, soprattutto di imperatrici. Con la doratura ancora parzialmente conservata, la raffinatissima resa del piumaggio e dell’atteggiamento, uno dei due pavoni ha viaggiato dai Musei Vaticani (dove è conservato) fino al Podium della Fondazione Prada a Milano, dove sorprende, altero, i visitatori che entrano nel primo dei due spazi espositivi allestiti da Rem Khoolaas per la mostra Recycling Beauty (sul pavone si veda la scheda 6 di Claudia Valeri in catalogo, pp. 121-123). Al centro del Podium si può girare attorno a una scultura monumentale con un leone