Variazioni su nature morte in un interno. Le fotografie pop di Enrico Vanzina in mostra a Torino

Variazioni Colours, Galleria Biasutti & Biasutti, dal 18 marzo al 22 aprile 2023

 

Enrico Vanzina è un artista universale: dal Rinascimento si inizia ad attribuire questa qualifica a chi sa fare, e prova a fare, tutto. Infatti Vanzina è pianista, sceneggiatore, scrittore, regista, giornalista (prima al “Corriere della sera”, poi a “Il Messaggero”) e anche fotografo.

Per la mostra Variazioni Colours aperta sabato scorso a Torino si presenta con tre autoritratti.

Variazione Self Portrait gioca per sottrazione con un montaggio trompe l’oeil di icone allusive alle passioni dell’artista: le donne che lo ispirano (evocate dagli occhiali da vista poggiati su un’immagine femminile), i fotocollage digitali realizzati con pazienza artigianale (evocati dalle forbici), la musica (evocati da uno scatto fatto a un concerto di Tommaso Paradiso), e poi il kitsch e le sigarette, con il nome di battesimo di Vanzina che fa da didascalia metonimica.

Variazione Light cela in chiaroscuro, se si guarda bene al centro dell’opera, un selfie a figura intera in costume da bagno e, in alto a sinistra, un rinvio in miniatura a un’icona della scultura pop del nostro tempo, Balloon Dog di Jeff Koons.

Variazioni Boxe è costruito attorno a un doppio ritratto di Vanzina mentre sorride in guantoni nel suo studio e dissemina sullo sfondo di un globo terrestre figurine di campioni, di guantoni e di ring. Variazioni Boxe manifesta sia la passione che Vanzina coltiva per il pugilato sia il ruolo quasi mitologico che la boxe ha nell’immaginario di uno scrittore che lavora per il cinema, da Da qui all’eternità a Lassù qualcuno mi ama a Rocco e i suoi fratelli a Toro scatenato passando per Sulla boxe di Joyce Carole Oates (una mia collega che scrive libri trasposti al cinema e che è apprezzata da Martin Scorsese) che spiega il senso di attrazione e ripulsa che chiunque faccia mestieri creativi e di ricerca intellettuale prova, da sempre, per tale sport.

 

Variazione Light, 2022, fotografia a colori, cm. 64,5×78 (edizione 1/1)

 

Per le diciassette fotografie di Variazioni Colours Vanzina ha usato una macchina fotografica digitale compatta mirrorless, la Fujifilm X-T2, che permette di scattare foto e registrare video di alta qualità simile a quella che si ottiene con le fotocamere reflex; a differenza di una reflex, una macchina mirrorless non ha uno specchio (mirror) tra l’obiettivo e il sensore; il corpo macchina risulta pertanto più piccolo, leggero e maneggevole. Qualche volta Vanzina fotografa di nuovo con un telefonino Samsung gli scatti digitali ottenuti con la mirrorless. Poi lavora sul file con il programma di photo editing per Mac, Graphic Converter (citato iconograficamente, insieme alla barra degli strumenti del computer Mac, nell’ordine inferiore di Variazione Porsche), pari per strumenti ed esiti a Photoshop.

Con questi ultimi interventi pittorialisti Vanzina ottiene immagini prive di un unico punto di fuga, ricche di profondità, che appaiono piacevolmente disorientanti, nel senso che richiedono attenzione per essere capite completamente nei loro riferimenti a più livelli. Sono immagini pervase da un algido silenzio, vere e proprie eleganti nature morte contemporanee fruibili singolarmente ma pensate per comporre una serie di ‘variazioni’ su icone della realtà in cui viviamo, accomunate dall’uso di colori pop e dall’ambientazione: lo spazio in cui Vanzina posiziona le icone è, a ben vedere, sempre un interno, con l’eccezione dell’esterno con la Mole sullo sfondo del selfie che si sta scattando una modella pugliese in Variazione Torino, omaggio alla città che ospita la mostra. Nella maggior parte delle Variazioni l’interno è un non luogo identificabile, come un duty free di un aeroporto in un altro omaggio a Torino, Variazioni FIAT, o il particolare del bancone di un bar in Variazioni Drink e in Variazioni Batman; nelle altre immagini Vanzina sfida lo spettatore ad abituarsi a un clima visivo e sonoro differente da quello che ci si aspetta da uno sceneggiatore e regista: crea non luoghi onirici, non rintracciabili nei recessi della memoria figurativa come accade per gli interni senza inizio e senza fine dell’irripetibile David Lynch televisivo.

 

 

La predilezione per la natura morta è nel DNA di Vanzina insieme alla vocazione alla scrittura. Per la sua nascita Steno ricevette in dono da un artista scrittore di primo piano amico suo e di Luchino Visconti, Filippo De Pisis, una natura morta con una penna e un calamaio. La tela è tra le opere di casa alle quali Vanzina tiene maggiormente perché premonitrice del suo doppio talento. Nel cinema il (non così noto) tratto delle frequentazioni comuni di artisti e storici dell’arte tra casa Vanzina e casa Visconti si traduce in una sorta di passaggio di testimone.

Nel 1962, in piena età dell’oro della Pop art romana, nell’episodio sublime di Boccaccio ’70, Il lavoro, Visconti mise insieme la ex Sissi Romy Schneider, futura perturbante Elisabetta in Ludwig, e il Tomas Milian futuro ‘er Pirata’ ed ‘er Monnezza’ (saranno proprio i Vanzina a recuperare questo secondo personaggio in Il ritorno del Monnezza). Nel 1974 in Gruppo di famiglia in un interno Visconti obbliga a convivere nello stesso immobile di proprietà di un professore ferito capace di avere rapporti emotivi solo con gli oggetti un giovane neofascista con la zazzera bionda fin troppo simpatico, la sua fidanzata carina disinibita mai misteriosa, un’aristocratica volgare in Fendi-Lagerfeld sposata a un golpista, un bellissimo figlio di poveri passato dalla storia dell’arte alla lotta armata alla vita da mantenuto tra vacanze in montagna e pranzi al mare. In Gruppo di famiglia in un interno si incontrano una gamma di personaggi e un clima culturale: ormai poco Mozart e mal cantato, tanto Cristiano Malgioglio-Iva Zanicchi e Caterina Caselli, una falsa palma di Schifano in casa tanto importa solo che sbrilluccichi come una vera, la voce alta e tanta ignoranza, ecc.

 

Burt Lancaster e Helmut Berger davanti alla copia di una ‘scena di conversazione’ attribuita ad Arthur Davis in Gruppo di famiglia in un interno, regia: Luchino Visconti. Produzione: Rusconi Film, Gaumont International, Paris (1974, Italia, Francia)

 

Enrico Vanzina al pianoforte durante uno sketch con Ezio Greggio del 9 marzo 2022 disponibile sul profilo Instagram di enricovanzinaofficial: alle spalle dell’artista si vede un particolare della parete con le ‘scene di conversazione’.

 

Morto Visconti nella stessa primavera 1976 che vede l’esordio da sceneggiatore di Vanzina, personaggi e clima si evolveranno nelle narrazioni impeccabili nelle quali Enrico e Carlo hanno raccontato la società italiana e i suoi miti consumistici, tra ricchi, aspiranti tali e borgatari, da Luna di miele in tre e Febbre da cavallo a Le finte bionde, a Via Montenapoleone, a Yuppies, fino all’infilata di Vacanze di Natale.

Il passaggio di testimone Visconti-Vanzina si è tradotto anche in una predilezione figurativa e collezionistica: Vanzina è infatti un conoscitore di conversation pieces, quel particolare tipo di pittura di genere su tela, nata nei Paesi Bassi, di gran moda in Inghilterra tra Seicento e Settecento e tornato alla ribalta con un certo incremento nel collezionismo più colto e di nicchia a Roma dalla seconda metà del Novecento anche grazie alla fortuna di Gruppo di famiglia in un interno. Le ‘scene di conversazione’ collezionate dal professor Burt Lancaster nel film e da Vanzina sulla parete rossa della sua wunderkammer rappresentano gruppi di persone, membri di una stessa famiglia o legate da interessi comuni in conversazione reciproca. Si tratta di quadri per conoscitori tanto più encomiabili se ogni singolo pezzo entra a far parte di una serie che il collezionista crea secondo il proprio particolare gusto.

Per Vanzina, dunque, la storia dell’arte coincide con la pittura, della quale apprezza molto il genere con gruppi in interni, e con la grafica seriale tipica della Pop Art americana. Gli artisti, i libri, i quadri che ha sotto gli occhi tutti i giorni si fondono in una realtà bidimensionale neodada. L’avanguardia dadaista si era appropriata per prima delle immagini della realtà sui giornali e sulle riviste, permettendo all’arte di smantellare l’ortodossia della cultura popolare e arrivare al postmodernismo, nel quale la fotografia attinge alla cultura mediatica popolare anche appropriandosi di stili, non solo di iconografie. Dada riaffiora come citazione referenziale attraverso scritte inserite da Vanzina nel fotocollage della superficie: così in Variazione Fay la scritta «POP ART» sta insieme alla scritta «DADA REMIX», alla riproduzione del Mao di Warhol e a un’icona del design dal 2010, la poltrona Nemo di Fabio Novembre per Driade.

Propriamente postmoderna e pop è anche la scelta di realizzare fotografie a colori levigate e patinate che fanno risplendere le pareti delle gallerie e quelle delle case degli acquirenti, in competizione con la pittura non solo per gli effetti ma anche per i formati più e meno grandi in grado di occupare grandi pareti. La fotografia d’arte di Vanzina si innesta su una crepa del postmoderno e ne propone tutte le contraddizioni e le incertezze: dai grandi formati del Pop americano di Roy Lichtenstein citati in miniatura in Variazioni Batman; alla letteratura alta ma di consumo grazie alle edizioni economiche e ai coffee table books (in Variazione Wilder – Kubrick, in Variazioni Newton, in Variazioni Icone); agli oggetti di design seriale (Variazione Light); al cinema come arte popolare e patrimonio comune (Variazione Wilder – Kubrick).

 

 

I formati oscillano: ogni Variazione permette di arredare una parete di medie dimensioni ma non è mai tanto grande da impedire la combinazione in serie sulla stessa parete. Il formato più grande in mostra è Variazione Fay, che misura 74 x 94 cm. Vanzina ha interpretato nel film italiano più pop degli ultimi quarant’anni, il cult Sotto il vestito niente, aspetti anche socioantropologici del rapporto storico tra arte e moda, del quale ha pure scritto di recente (in Louvre, mon amour: Enrico Vanzina racconta a Floriana Conte i ricordi figurativi di uno scrittore per il cinema, che si può considerare un’ideale premessa ai testi per questa mostra): «Ho sempre pensato che l’arte è “eleganza”. Per questo, in alcuni film, ho cercato di rappresentare l’eleganza. Ho sempre amato la moda, che è il raccoglitore più complesso del mondo moderno di tendenze industriali miste a sprazzi di arte pura».

 

Variazione Dior, 2022, fotografia a colori, cm. 67×86 (edizione 1/1)

 

 

A questo immaginario si legano gli interessi confluiti in Variazione Dior e in Variazione Beauty, oltre che in Variazione Fay, che sembra una nipotina ironica della fortunatissima riflessione “pop-architettonica” sulle cattedrali della moda nel paesaggio urbano inaugurata dal duo scandinavo Elmgreen & Dragset nel 2005 con l’installazione artistica permanente Prada Marfa nel mezzo del deserto del Chihuahua, a circa 60 km dalla città di Marfa.

 

Elmgreen & Dragset, Prada Marfa, 2005, multimateriale, installazione artistica permanente, deserto del Chihuahua, a circa 60 km dalla città di Marfa

 

Variazione Fay, 2022, fotografia a colori, cm. 74×94 (edizione 1/1)

 

Un altro cult nel quale la moda ha un ruolo non secondario nel ricostruire l’ambiente e l’emotività dei personaggi, I miei primi quarant’anni, scritto da Vanzina nel 1987 a partire dall’autobiografia di Marina Ripa di Meana, ha tra i deuteragonisti il personaggio di Roberto D’Angelo, che evoca l’amore più tormentato di Marina, il pittore della Scuola di Piazza del Popolo (cioè la Pop Art italiana) Franco Angeli: in Variazione Schifano Vanzina fonde in una sorta di pagina critica gli Half Dollars di Angeli e un’opera a tecnica mista su carta del principale divo della Pop Art italiana, Mario Schifano.

I quadri di Schifano, simbolo di un certo tipo di bene di posizione con fortuna di mercato altalenante ma ininterrotta, sono da tempo presenti nelle riflessioni critiche del Vanzina artista scrittore: una scena di In questo mondo di ladri (2004) spiega meglio di qualunque pagina di storia del mercato dell’arte e del collezionismo che a partire dall’inizio degli anni Novanta certe case romane (e non solo) sono piene di falsi quadri di Schifano realizzati in serie che i mercanti piazzano come originali. Lo esemplifica il personaggio del falsario Gastone, interpretato da Ricky Tognazzi, il cui padre Ugo fu tra i primi tra la gente di cinema a comprare quadri originali di Schifano degli anni Sessanta non nello studio del pittore (dal quale compravano direttamente gli arbitri di calcio) ma dalla Galleria La Tartaruga che lo rappresentava a Roma. Gastone è agli arresti domiciliari e, mentre è impegnato a finire un Particolare di propaganda con il logo della Coca-Cola, riceve i complimenti da Fabio (Carlo Buccirosso) per gli altri “quadri veri-falsi” da Schifano tra i quali la macchina da presa evidenzia un Segno di energia con il logo della Esso, un monocromo, un albero e pure un Giovane che guarda Lorenzo Lotto da Giulio Paolini.

 

 

Un gruppo di Variazioni ha come convitato di pietra il divo della Pop Art americana, Andy Warhol, e le icone di lui. Warhol c’è nelle variazioni di stile, nell’uso del colore vivace, nel concetto di serialità e nell’idea che tutto, ma proprio tutto, purché esista, può entrare a far parte di un quadro e trasformarsi in una natura morta. In Variazione FIAT i multipli del ritratto di Gianni Agnelli del 1972 sono un omaggio a Warhol e alla città sede della FIAT che ospita la mostra. Variazione FIAT è un repertorio di oggetti quotidiani che sono anche beni di posizione più e meno abbordabili, a cominciare dall’utilitaria vintage FIAT Cinquecento.

Vanzina compone una natura morta nel negozio di un aeroporto riunendo oggetti quotidiani che diventano beni di posizione per il semplice fatto che sono esposti o venduti in un determinato luogo (un negozio, una casa, una galleria) o firmati da un determinato artista (Warhol). In quest’ottica, Variazione FIAT può formare un dittico con Variazione Porsche, un rimando al marchio di automobili collocato più in alto tra questo genere di beni di posizione.

 

 

Variazione Divani è l’omaggio a Warhol più criptico e stimolante della serie: Vanzina moltiplica le immagini di un divano con la tecnica dei multipli di Warhol. Pur se di diversa foggia, un divano rosso era l’arredo simbolo dello studio di Warhol a New York al quinto piano del 231 East 47th Street in Midtown Manhattan e fu il protagonista fin dal titolo (Couch, ‘divano’) di un corto del 1964 in cui Warhol fece una parodia del cinema porno coinvolgendo, tra gli altri, Ivy Nicholson, Gerard MalangaGregory CorsoAllen Ginsberg, Jack Kerouac.

 

Andy Warhol (a sinistra) sul divano della Factory

 

Anche in Variazione Newton c’è un rinvio concettuale a Warhol attraverso l’inserzione di multipli del couch sullo sfondo; in Variazione Andy l’omaggio è esplicito e diretto, a partire dal titolo referenziale che rinvia all’icona principale del quadro, una variazione sul celebre autoritratto di Warhol del 1986 in versione rossa.

 

 

Al pari degli artisti pop degli anni Sessanta e Settanta, Vanzina rielabora la tradizione, tra la Roma grandiosa e quotidiana di tutti i giorni e lo shock di immagini del presente e del passato che ci confondono da telefonini, computer e tv con la «forza pura delle immagini» per ottenere una «iperrealtà» a colori (come egli stesso scrive nella sua introduzione a questo catalogo) con la fotografia d’arte pittorialista ibridata sulla tecnica del fotocollage digitale.

La tradizione risiede anche nelle parole chiave della mostra, che Vanzina seleziona dai lessici specialistici del cinema, della musica, della letteratura, della storia dell’arte contemporanea. ‘Variazioni’ è un tecnicismo musicale entrato nell’uso con estensione a tutte le opere d’arte, non solo musicali. Per la seconda parte del titolo Vanzina ha preferito la grafia in British English di ‘colours’ anziché la pur consentita grafia in American Englishcolor’. ‘Sequel’ e ‘reboot’ sono anglicismi entrati nell’italiano dell’uso del XXI secolo in relazione a film e serie televisive: ‘sequel’ indica una fiction che racconta eventi successivi a quelli raccontati in una precedente fiction, instaurando un meccanismo di serialità basato sullo sfruttamento del successo di un primo prodotto; ‘reboot’ è una parola che la lingua speciale dello spettacolo ha mutuato dal lessico informatico e che indica un processo di  ‘variazione della variazione’, in quanto il riavvio riguarda la creazione di una nuova versione di una stessa storia narrata in una prima fiction, modificando la continuità narrativa e creando un nuovo inizio basato sulla serialità, attirando vecchi e nuovi spettatori e limitando così anche le possibili perdite economiche.

‘Iperrealtà’ è un lemma che dagli anni Settanta entra nella lingua speciale della storia dell’arte contemporanea e che è strettamente implicato con la fotografia postmoderna e con le arti dello spettacolo. L’aggettivo ‘iperrealista’ sottolinea l’abilità esecutiva nel riportare su un supporto bidimensionale o in forma tridimensionale in scala 1:1 immagini reali di corpi e particolari di essi, di macchine e di ogni oggetto di consumo, usando come mezzo privilegiato di espressione la fotografia pittorialista e la pittura basata su mezzi meccanici e fotografici.

Chi visita la mostra e legge l’introduzione di Vanzina si soffermi, dunque, con pari curiosità sulle parole e sulle immagini perché siamo di fronte a un doppio talento d’artista in grado di ripensare idee, ricordi, letture, persone, viaggi, film in innumerevoli Variazioni Colours.

*Il testo riproduce (con alcune integrazioni seguite all’inaugurazione della mostra e l’aggiunta delle fotografie) il saggio nel catalogo della mostra, disponibile dal 18 marzo presso la Galleria Biasutti & Biasutti (Instagram: biasutti_e_biasutti). L’autrice e “Bee magazine” ringraziano Enrico Vanzina e Giuseppe Biasutti per avere permesso la pubblicazione in questa sede.

Giovedì 23 marzo Enrico Vanzina dialogherà con Floriana Conte in un incontro online moderato da Giuseppe Biasutti in occasione di WAITING FOR THE PHAIR (appuntamento annuale dedicato alla fotografia: 4 maggio 2023 Preview e Opening. Apertura al pubblico 5 – 6 – 7 maggio 2023, Torino Esposizioni, Padiglione 3, Parco del Valentino). Dieci incontri di approfondimento sul tema della fotografia. Il link per il collegamento sarà disponibile sui canali social della Galleria Biasutti & Biasutti e di Floriana Conte.

 

Floriana Conte – Professoressa associata di Storia dell’arte a UniFoggia (floriana.conte@unifg.it; Twitter: @FlConte; Instagram: floriana240877) e Socia corrispondente dell’Accademia dell’Arcadia

 

 

 

 

 

 

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