Separazione delle carriere: “Non moriremo senza vedere Godot!”

Tradizione (tutta italiana ) vuole che le più importanti leggi dello Stato vengano varate dal Parlamento dopo un lungo lasso di tempo, travalicando legislature e governi, e ciò al fine di permettere al Paese di riflettere sui temi che formano le stesse, e raggiungere, così, una piena e matura consapevolezza sociale, utile a farle approvare.

La giustizia – settore tanto delicato quanto bistrattato da certe deludenti novelle – non è esente da questo trend, soprattutto se una sua importante riforma, come quella annunciata dal ministro Nordio per la prossima primavera, ossia la separazione delle carriere dei magistrati, debba, necessariamente, importare un intervento “chirurgico” sulla Costituzione, inerente il C.S.M., principiando, in tal modo, ad ulteriori correttivi da porre a corredo della medesima.

Ma siamo destinati a vedere Godot, la riforma non è più procrastinabile. C’è da augurarsi che questo governo non tradisca la fiducia degli italiani sul tema, e vanifichi, altresì, le aspettative dell’intera avvocatura, oggi, più che mai, ottimista e confortata dalla statura dell’inquilino di Palazzo Piacentini.

Se guardiamo quali sono le funzioni dei giudici, sia giudicanti che requirenti, e l’importanza che queste rivestono nel nostro sistema costituzionale, allora non vi è chi non veda, e quindi, non si può non considerare, come la separazione delle carriere dei magistrati, in realtà, sia nella natura stessa delle cose, come non si tratti soltanto di un problema di c.d. “porte girevoli” ( oggigiorno, sempre meno tali, grazie ai passati interventi legislativi, si pensi ad es. alla c.d. “Riforma Castelli”), e che la mancata realizzazione di questa “summa divisio”, fin qui, abbia privato il nostro Paese di un servizio giustizia migliore ed avanzato.

Un tema, quindi, che è solo apparentemente controverso, e addirittura, sono da ritenere superabili le critiche di coloro che reputano reale l’insidia di ritrovarsi, alla fine, con magistrati non più indipendenti rispetto al potere esecutivo:

“Ovviamente, le perplessità di molti, pur legittime, sono in realtà generate dall’assenza, al momento, di un testo definito e strutturato, tuttora in fase di realizzazione, in merito a cui poterci confrontare. Ma, in linea di massima, se si abbandonano velleità ideologiche ed ogni presunto motivo di tornaconto politico-giudiziario, che han caratterizzato il confronto da trent’anni a questa parte, sul piano pratico ed istituzionale,  la divisione delle carriere, già in parte attuata con percorsi professionali e contesti organizzativi diversi, rappresenta il tassello mancante al compimento definitivo del c.d. “giusto processo”, e che la stessa Costituzione, con la riscrittura dell’art. 111, e quindi, con la previsione di un giudice terzo ed imparziale, e la piena parità tra le parti in processo ( ovvero, PM e difesa), esorta ad accogliere con favore.

In ordine, poi, alle possibilità di interferenze esterne, al netto dei processi alle intenzioni, il problema non si porrebbe, se venissero adottati, da un lato, una diversa composizione interna del CSM basata su due collegi divisi ed un plenum generale per poche funzioni, e dall’altro lato, l’assunzione di criteri spartitori nuovi nelle nomine delle cariche direttive e semi direttive, basate sul sorteggio e sulla definizione di graduatorie oggettive e meno elitarie.

Il potere giudiziario resterebbe, cosi, impermeabile, ed in linea coi “desiderata” del Consiglio d’Europa, ed altresì, vi sarebbero maggiori garanzie rispetto ad un interventismo più marcato del ministro di giustizia in tema di cura dell’azione penale, non totalmente estraneo e bandito in altre realtà statali.

 

Salvatore Donadei – Presidente Onorario della Camera Civile Salentina, e componente della Commissione di procedura civile dell’UNCC. (Unione Nazionale Camere Civili)

 

 

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