Separazione carriere magistrati, sen. Preioni: ma a che serve?!

Una bizzarra vulgata: il male dell’inquirente si cura separandolo dal giudicante fin dal giorno della sua assunzione. Resta infine la visione tutta politica di chi si illude che ciò serva a sradicare la politica dalla magistratura: ma non è questo lo strumento risolutivo.

Al prestigioso convegno di Stresa, organizzato lo scorso novembre da Michele Vietti, già vice-presidente del CSM, il ministro Nordio ha manifestato cauto ottimismo per la messa in cantiere parlamentare della separazione delle carriere dei magistrati, che il governo Meloni vuole, come una bandierina da puntare sulla mappa delle conquiste, ma posticipa alla ancor più discutibile e divisiva riforma del premierato.

 

 

 

 

Pregevoli, su Beemagazine, gli interventi di diverso orientamento di autorevoli  operatori del settore: il magistrato Roberto Tanisi, già presidente di tribunale; l’ avvocato Salvatore Donadei, di fama nazionale; l’ onorevole Pietro Di Muccio de Quattro, esperto di legislazione nei due rami del Parlamento.

Da umarell, cioè ometto, vecchietto che butta l’ occhio nei cantieri dei lavori pubblici, mi prendo la licenza di dire anch’ io la mia, rivolgendomi al giornalista Mario Nanni che intelligentemente ha aperto il dibattito sulla sua rivista.

 

 

 

 

In primis osservo che ogni idea messa in politica produce due fronti contrapposti che, per comodità divulgativa, si indicano come sinistra e destra.

Sul tema della giustizia, la sinistra, che un tempo era rivoluzionaria, ora è conservatrice, mentre la destra è diventata sovversiva: ci si schiera ogni volta secondo convenienza, constatando empiricamente che dei magistrati penali, che indaghino o che giudichino, si può sempre dire un gran bene quando si occupano degli altri e un gran male quando si capita sotto le loro grinfie.

Lo scambio di posizione risale agli anni Ottanta, quando le Procure virarono lo sguardo dal terrorismo rosso, contiguo a certa sinistra, che semplicemente si limitava ad ammazzare i magistrati impiccioni, all’ affarismo rosso-garofano della Milano da bere, di atteggiamento riformista, assorbito nell’ epopea berlusconiana e quindi pavlovianamente di destra: referendum responsabilità civile magistrati, processo alla Perry Mason, legalità modello Far West, più potere ispettivo al ministro della Giustizia per controllare gli inquirenti, farneticazioni di elezione dei Procuratori della Repubblica, desiderio di scarcerazioni su cauzione per chi avesse i soldi per pagarle;  senza escludere la balzana pensata di togliere l’ obbligatorietà dell’ azione penale, come se tutti i reati esistenti non avessero la stessa dignità di essere perseguiti e ve ne fossero di serie A e di serie B : tanto varrebbe cancellarli.

Ma, al di sopra di tutto, la separazione delle carriere dei magistrati secondo la bizzarra vulgata che il male dell’inquirente si curi separandolo dal giudicante fin dal giorno della sua assunzione.

Gli Avvocati :

I penalisti la invocano, onde scongiurare losche trame o maliziosi passaggi di ruoli e di sedi per seguire, con attaccamento tignoso e morboso, questo o quel processo, questo o quell’ imputato, per interessi di casta.

Ma davvero serve questa separazione, che con molta probabilità non sposterebbe un bel nulla nella sorte dei loro assistiti ?

Non è che, paradossalmente, proprio nell’ insoddisfatta richiesta della riforma ci stia l’ottima giustificazione nei confronti del cliente condannato ?

“Vedi” – dice l’ avvocato – “con carriere separate, tu te la cavavi, davanti a un giudice che non fosse pappa e ciccia col procuratore”.

Sarebbe inoltre una falsa soluzione ad un travisato problema, soprattutto se gli avvocati penalisti si illudessero con ciò di stare ad armi pari col PM, privato della compiacente accondiscendenza corporativa del collega giudice.

Sarebbe uno scambiar lucciole per lanterne il ritenere che il vizio stia nell’ ordinamento piuttosto che nella fragilità umana che non fa grazia neppure ai magistrati: costoro, siano inquirenti, siano giudicanti, sempre uomini sono, con i loro pregi, i loro limiti e la loro visione ideologica.

E da qui non se ne esce.

I Magistrati :

Diverso è il punto di vista dei magistrati. Anche quelli ideologicamente non contrari alla separazione, non hanno di mira la sorte giudiziaria del povero reo, ma hanno una particolare sensibilità per la purezza della funzione. Guardano al conflitto potenziale tra giudicanti e requirenti, sanabile con due CSM che diano pari dignità agli uni e agli altri e scongiurino orrende ripicche tra colleghi che si erano affrontati nei due diversi ruoli.

I Politici :

Resta infine la visione tutta politica di chi si illude che ciò serva a sradicare la politica dalla magistratura : ma non è questo lo strumento risolutivo.

Chi critica la politicizzazione correntizia, pensa forse che il “sistema Palamara” per il conferimento degli incarichi direttivi o le ingerenze corporative ed amicali per i provvedimenti disciplinari, verrebbero meno se ci fossero due ingressi separati a Palazzo dei Marescialli ( sede del Csm, NdR)?

Semmai, servirebbe il sorteggio dei magistrati.

Sarebbe una bella sfida perché, senza le elezioni, non ci sarebbero le promesse elettorali, con ovvii scambi di favori.

Ma, inevitabilmente, dopo la nomina, tra compari ci si ritrova e di qualcosa c’è sempre da sdebitarsi e le correnti buttate fuori dalla porta rientrerebbero dalla finestra.

Tutto questo zelo per separare le carriere serve a qualcosa ?

Temo sia solo una sceneggiata. Per la Giustizia occorre ben altro: dalla copertura delle piante organiche alla certezza e rapidità delle esecuzioni civili. Ed è tutta una questione di volontà politiche, più che di schei (soldi).

 

Marco PreioniGià senatore in tre legislature, presidente della Giunta per le Immunità del Senato

 

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