Politica

Follow the electoral law. Se non capisci perché, studiati il Rosatellum

Con l’anticiclone sahariano in cielo e le mutande da bagno in mare, l’italiano ha tutto il diritto di non lanciare neanche la solita occhiata sbilenca ai pastoni dei tiggì che fanno girare le facce dei politici sudaticci. Il curioso che volesse dare una sbirciata ogni tanto per tirarsi su il morale, troverebbe un formicaio in alacre attività compilatoria di alleanze e liste elettorali. E se fosse così temerario da metterci anche l’orecchio per far combaciare video con audio, vedrebbe vacillare le sue poche certezze politiche, e potrebbe pensare che, tutto sommato, “un tuffo nell’acqua più blu-niente di più”, come cantava Alberto Radius della Formula Tre, è sempre preferibile. Perché ci sarebbe un po’ di roba da capire sui nastri di partenza della campagna elettorale più strana (e strozzata) della storia repubblicana. Cerchiamo qualche bussola che ci orienti soprattutto nel quadrante del Centro-Sinistra, perché, per quel che si comprende, la Destra, convinta di stravincere, procede per la sua strada lasciando irrisolta solo la designazione del presidente del Consiglio, rinviata a dopo il verdetto elettorale. Nel Centro-Sinistra è più complicato. Intanto il taglio dei parlamentari duole di più quando l’aspettativa non è quella della vittoria e si sa in partenza che si lascerà a terra un po’ di gente, ma questo forse era stato messo nel conto un po’ da tutti quando si è scelto di fare gli “splendidi” seguendo la bava populista del parlamento bonsai. Comunque una cosa è teorizzare, una cosa è vedere l’horror vacui che ti guarda in faccia e ti sghignazza addosso. Ma qui siamo ancora nella psicologia. Andiamo alla politica: molta gente si domanda con quale criterio si fanno gli sposalizi tra le sigle politiche. Cosa ha portato, per esempio Il movimento di Calenda a fare l’intesa con la Bonino o il giovane ministro degli Esteri ex

Leggi Tutto
Politica

Elezioni, la variante Ferragnez. Se la coppia scende in campo…

È chiaro che, secondo l’intento di chi ha creato lo sconquasso, un voto sul ciglio dell’estate o giù di lì, è faccenda che può riguardare solo le forze politiche che già ci sono, troncando in radice ogni velleità dei nuovi partiti, dei pezzetti che si vorrebbero mettere insieme ma ancora non hanno capito come, insomma di tutti quelli che avrebbero difficoltà ad intercettare un elettorato distratto e disaffezionato. Quindi i vecchi brand, spazzando l’eventuale concorrenza sul mercato elettorale, pensano di lucrare così il “di più” che il popolo non gli concederebbe mai se andasse a votare in massa. Perché per imporre un nuovo marchio politico occorre tempo e mezzi immani: persino Berlusconi che aveva tv, giornali, mille penetrazioni aziendali sul territorio, e sicuramente non difettava in danari, ebbe bisogno di qualche mese. Chi potrebbe oggi pensare di fare un blitz in una campagna elettorale che partirebbe tra una manciata di giorni pensando di portare a casa un risultato? Solo chi avesse già consolidato una reputazione su un segmento importante del popolo, coltivandone quotidianamente un rapporto capace di proporsi come un’alternativa, magari guardando ad un elettorato giovane e giovanissimo, che in genere si tiene lontano dalla politica. Allora siamo in grado di anticipare una clamorosa discesa in campo: quella di Chiara Ferragni e di Fedez, il marito rapper. 27 milioni di follower sul social di maggiore tendenza, l’aura quasi sacrale di una icona di stile, ma anche di modello di vita familiare preso a riferimento da adolescenti e da ragazzi in età di voto. La prima influencer italiana ha già esondato in area “istituzionale” chiamata dallo Stato per testimoniare la grande bellezza degli Uffizi e poi ha ricevuto la consacrazione definitiva con l’invito della senatrice Segre, testimone ineccepibile di una dolorosa storia personale che racconta degli effetti devastanti dell’intolleranza e della

Leggi Tutto
Politica

Una crisi al buio. Si scherza con il fuoco. Elezioni?! Prima la legge elettorale. Verso un governo che porti alle urne tra sei mesi

E così questa Italietta politica si è giocata anche Draghi. Tacciato di volta in volta come il banchiere algido, l’uomo dei poteri forti, l’uomo del “Britannia”, dove si decisero le privatizzazioni dei gioielli del Paese, o, nella versione di Cossiga, “il vile affarista”, ma di Cossiga, si può dire quello che Orazio scrisse su Omero, quandoque dormitabat (nei giudizi sugli uomini, in questo caso). Fatta la tara dei giudizi e delle etichette malevole, anche il Draghi politico  ha mostrato un profilo di serietà sconosciuto a molti leader e leaderucoli nostrani. Chiamato Da Mattarella al capezzale di un Paese eternamente sul filo della catastrofe finanziaria, ha fatto con dignità la sua parte e negli ultimi tempi aveva lanciato anche chiari, chiarissimi segnali, soprattutto ai suoi critici che dall’interno con qualche confusione picconavano le fondamenta della maggioranza. Sono stato chiamato a fare le cose, se me le lasciate fare, bene, altrimenti – aggiungeva sfidando monsieur La Palisse – non si fanno. Ma una cosa però l’ha detta con nettezza: non si governa con gli ultimatum. E il riferimento era chiaramente rivolto a Giuseppe Conte, che, su queste pagine, l’altro giorno, Pino Pisicchio ha raffigurato come l’incarnazione ( velleitaria, aggiungiamo noi)  del conte di Montecristo, che torna a consumare la sua vendetta (mai rassegnato alla perdita di Palazzo Chigi da cui si è sempre considerato ingiustamente defenestrato). Questa crisi arriva in piena estate, in un orizzonte che più complicato non potrebbe essere: la guerra con l’Ucraina  continua, benché sembri ormai più lontana nell’emozione della gente, ma sempre più vicina e scottante per gli effetti che ha sulla vita quotidiana ( pieno di benzina,  costi delle bollette, prezzi  del gas e della luce). L’inflazione ha rialzato pericolosamente la testa ( anche nella lontana America è oltre il 9 per cento), i contraccolpi già si

Leggi Tutto
Politica

XVIII Legislatura, la sindrome di Edmond Dantès. Capire la politica forse con la psicanalisi. Quali scenari nei “prossimi travagliati mesi”

Come si fa a capire la politica se la politica non c’è più? Forse può soccorrere la psicanalisi. In fondo, a rifletterci bene, questa chiave ci sta tutta: non sono più alle viste le grandi ideologie a guidare l’azione dei leader, scarseggiano gli statisti che possono invidiarci anche all’estero e la politica politicante, quella che si occupa della giornata, non si sente neanche troppo bene. Dunque per capire chi, cosa e perché chiediamo aiuto alle scienze della psiche. Alla sindrome di Hubris, per esempio, che devasta chi arriva a raggiungere le vette della politica senza i necessari anticorpi, per cui l’impasto di arroganza, presunzione e cura maniacale dell’immagine producono quell’effetto di straniamento che trascina il “paziente” nell’irrealtà di un mondo solo suo. O la sindrome di Edmond Dantès, il protagonista del romanzo di Alexandre Dumas, il conte di Montecristo, che, dopo aver subito qualsiasi cattiveria inclusa la carcerazione a vita nel tetro maniero di If, evade, trova un tesoro, si fa una posizione e torna per vendicarsi di tutte le malefatte subite. Questa sindrome del “ritornante” per vendetta – nel caso di specie per la sottrazione della dignità di presidente del Consiglio – è la cifra di questa diciottesima legislatura, che per i suoi colpi di scena nulla ha da invidiare ai romanzi d’appendice fin de siècle. Quanto Edmond Dantès c’è, dunque, nel prof. Giuseppe Conte (di Volturara Appula, però, non di Montecristo), è sicuramente raccontato dall’idiosincrasia tenace che ha sempre ispirato il suo approccio con Mario Draghi, insediato – a suo parere in modo usurpatorio – a Palazzo Chigi sull’onda dell’intrigo internazionale progettato dalla Spectre e portato a termine per mano di quel pezzo di Jago che risponde al nome di Renzi, e osannato dal mondo intero come salvatore della povera Patria(con vampe d’invidia dell’ex). Ma, forse, un pezzettino di

Leggi Tutto
Politica

I partiti? Partiti per sempre?

Nessuna delle caratteristiche fondanti della forma-partito è visibile. Nel catalogo delle urgenze per rimettere in funzione il polmone democratico della forma-partito, forse al primo posto andrebbe messa la scelta dal basso della rappresentanza. Oggi rubata dai compilatori delle liste.

Leggi Tutto
Politica

Legislature orfanelle

Che cosa ci aspetta negli ultimi mesi di questo Parlamento? “Uno stillicidio di guerriglie e trincee”. Nel nuovo Parlamento “amputato” il turnover sarà micidiale, e quasi totale, che salverà però i “compilatori delle liste bloccate e i loro cari”, se rimarrà in piedi questa legge elettorale.

Leggi Tutto