Sandro Gozi: Attal riprende e mantiene il dna del macronismo

Intervista sul nuovo primo ministro francese. Non vogliamo, e non la faremo, una alleanza in Europa tra Renew e Ppe e Conservatori. Si potrebbe lavorare a una Lista Renew Italia, c’è interesse di Italia Viva e di + Europa ma una chiusura di Calenda. Draghi al Consiglio europeo? Se deciderà di dare la sua disponibilità, avrà il mio forte sostegno e quello di tanti altri

Sandro Gozi, già nello staff di Romano Prodi alla Commissione Europea, poi parlamentare del Pd, sottosegretario a Palazzo Chigi con delega agli Affari Europei durante i governi Renzi e Gentiloni, dal 2019 è eurodeputato eletto in Francia con la lista Renew Europe che fa capo al partito Renaissance del presidente Emmanuel Macron. Conosce bene il nuovo primo ministro dell’Esagono. Tra le altre cose, nell’aprile scorso Gabriel Attal è stato ospite di Gozi a un evento a Roma per sostenere alle elezioni suppletive Deborah Abisror-de-Liene, candidata macroniana nella circoscrizione estera. Bee Magazine gli ha chiesto un’analisi delle scelte e della strategia francese di questi giorni.

 

 

 

 

Brillante, algido, baby-Macron, Macron al cubo. In questi giorni le definizioni di Gabriel Attal riempiono i giornali. Lei lo conosce bene, che impressione personale ne ha?

 

 

 

Ottima. É un giovane brillante, molto engagé – impegnato – che riprende e mantiene il dna del macronismo. Viene dal centrosinistra e ha una sensibilità progressista ma è convinto della necessità di superare la vecchia divisione tra destra e sinistra: il macronismo non è un accidente della storia, è lì per rimanere e continuare a cambiare la politica francese ed europea.

Il presidente francese è un politico abile e certamente dotato di visione, che sconta il prezzo di essere talvolta considerato arrogante. Attal corre lo stesso pericolo?

Gabriel è molto efficace nella comunicazione. Vivo di nuovo in Francia dal 2018 e ogni volta che faccio iniziative c’è sempre qualcuno che mi dice: “il est bon, le jeune Attal”, è proprio bravo il giovane Attal. Ha un feeling con gli elettori, è molto accessibile.

Qual è la strategia seguita da Macron in questo rimpasto? Ha sostituito  la premier Elizabeth Borne, reduce da due leggi impegnative sulle pensioni e sull’immigrazione perché serviva nuovo slancio o perché c’erano dissapori?

Borne ha fatto con dignità un lavoro molto difficile. Pur con la maggioranza relativa di questa fase politica è riuscita a portare a casa quelle due leggi cruciali e molte altre meno mediatiche ma altrettanto importanti. É stato un lavoro complesso. C’era però una fase che si chiudeva ed una che doveva aprirsi per condurci verso le elezioni Europee e poi lungo la seconda fase del mandato presidenziale di Macron. Alcuni avrebbero preferito posporre questa nuova fase dopo il voto di giugno, ma secondo me il presidente ha fatto bene: serve adesso un nuovo governo che dia un nuovo slancio riformatore.

Il vostro capogruppo all’Europarlamento Stéphane Sejourné (appena diventato ministro degli Esteri)  ha appena messo due paletti rilevanti riguardo alle Europee. Il primo è il no ad un’eventuale alleanza di Renew con Ppe ed Ecr.

Sejourné ha ribadito la nostra posizione consolidata, io l’ho espressa più volte quando ad esempio il ministro Antonio Tajani ha parlato di una maggioranza di Popolari e Conservatori con noi. Non la vogliamo e non la faremo. É stato un elemento di chiarezza nel dibattito.

Sejourné ha lanciato anche un appello destinato all’Italia per una lista unica di Renew che permetta di superare la soglia del 4% e di rimanere terzo gruppo per consistenza a Strasburgo scongiurando il rischio di un soprasso di Ecr o Id. Le sembra un approdo realistico viste le liti nel terzo polo?

La nostra influenza come gruppo parlamentare dipenderà dai risultati in tutti i 27 Paesi, ma ovviamente in buona parte dall’esito che otterremo nei Paesi più grandi dove possiamo eleggere più deputati. In Italia c’è chi si irrita a sentirlo dire ma la strategia utile è una lista comune come Renew Italy. Rispettiamo l’autonomia dei partiti nazionali e non vogliamo imporre decisioni a nessuno, ma quella sarebbe la migliore soluzione. Vedo un’apertura di Italia Viva, di + Europa, e invece una chiusura di Azione di Carlo Calenda. Lavoriamo per trovare una via d’uscita dallo stallo: questa è la mia posizione.

 

 

 

Le Europee saranno anche lo sfondo di un duello tra Attal, che definì “vomitevole” la politica sull’immigrazione di Matteo Salvini, e Jordan Bardella, il delfino 29enne di Marine Le Pen. É un confronto che vi preoccupa?

 

 

 

É uno scontro che ovviamente accadrà e che ha ragioni non personali bensì politiche. Si voteranno due diverse visioni della Francia e dell’Europa. L’idea di una società che risponde alle grandi sfide – come l’intelligenza artificiale e il cambiamento climatico – ampliando e consolidando il piano dei diritti, dell’apertura, del “take back control” europeo si contrapporrà all’idea dei nazionalismi, dei veti, dell’indebolimento dell’Europa comune. Di questa sfida è inevitabile che Attal e Bardella divengano protagonisti perché sono i volti più mediatici di visioni del mondo agli antipodi.

Per la prima volta, si è detto, Macron sceglie un premier che potrebbe fargli ombra. Una chiave di lettura può essere la staffetta per l’Eliseo, dove il presidente non potrà più candidarsi a differenza di Le Pen?

Non so assolutamente cosa voglia fare Macron per la sua successione. Mancano quasi tre anni e la partita dipenderà molto dalle scelte politiche che l’Eliseo porterà avanti in questa fase. Ecco perché lo vedo concentrato sulle azioni di oggi e non sui nomi di domani.

Charles Michel fa bene o male a candidarsi al Parlamento lasciando la poltrona di presidente del Consiglio europeo, con il rischio che a succedergli ad interim sia Orban?

É una decisione legittima. Però adesso si deve accelerare sulla decisione del suo successore. Bisogna lavorarci seriamente a partire da oggi, magari sostituendo Michel anche prima delle elezioni Europee. Nelle prossime settimane, poi, chi intende candidarsi ad altri posti apicali deve manifestarsi in modo che a luglio l’Europa sia pronta ad affrontare il futuro con nomi e programmi per tutte le istituzioni. Sono troppe le guerre e le sfide intorno al Vecchio Continente per non procedere rapidamente.

Ultima domanda. Macron sta spingendo molto per avere in campo Mario Draghi, magari proprio come nuovo presidente del Consiglio europeo. Sarebbe un’ancora di salvezza in queste turbolenze? Ed è una prospettiva che si può concretizzare?

 

 

 

Ci sono tante variabili e questioni aperte a partire dagli equilibri politici, geografici e di genere che è difficile dare una risposta. Sono certo comunque che Draghi svolgerebbe un ottimo lavoro in qualsiasi posizione apicale europea. Se deciderà di offrire la sua disponibilità per il vertice del Consiglio avrà il mio forte sostegno e quello di tanti altri.

 

Federica Fantozzi – Giornalista

 

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