Elezioni Spagna, Bobo Craxi: la partita è ancora aperta. La drammatizzazione del voto può aiutare Sanchez

Pedro Sanchez si è dimesso per capitalizzare il consenso attorno alla sua figura. Un anno di lunga campagna elettorale lo avrebbe logorato. Dopo la sconfitta alle regionali, ha preferito giocare d’anticipo. La drammatizzazione del voto ha aperto gli occhi sull’importanza di questa tornata elettorale. In Spagna si andrà verso il modello Ursula, non vedo all’orizzonte una via tedesca

Vittorio Michele Craxi, detto Bobo, politico e sottosegretario di Stato agli Affari esteri con delega ai rapporti con l’ONU nel secondo governo Prodi, guarda al voto del prossimo 23 luglio in Spagna. A suo parere, “la partita del voto spagnolo è ancora aperta”.

Perché Pedro Sanchez si è dimesso?

Si è dimesso per tentare di capitalizzare il consenso attorno alla sua figura. Un anno di lunga campagna elettorale probabilmente lo avrebbe logorato. Dopo la sconfitta alle autonomiche, cioè alle regionali, ha preferito giocare d’anticipo. Probabilmente, visti i sondaggi, la mossa non risulta essere totalmente sbagliata.

Partito popolare e Vox secondo i recenti sondaggi avranno la meglio. Quali sono le sue previsioni?

La partenza della destra è stata abbastanza importante. C’è da dire, però, che durante la campagna elettorale (ormai mancano una ventina di giorni al voto), attraverso il confronto tra i partiti, sembra diminuire l’astensionismo. Credo che la società spagnola piuttosto che alle due visioni opposte conservatori e progressisti, rischi di inclinarsi verso un’area del moderatismo reazionario. Un’area che è stata sempre isolata nella società spagnola, ma che attraverso Vox ha trovato una sua rappresentanza e questo spaventa un po’ il voto moderato. Sanchez sta recuperando su questo.

A proposito di voto moderato.

È importante capire se l’elettorato astensionista di sinistra tornerà a votare per i partiti che componevano la maggioranza di Sanchez. Il Partito popolare, invece, sta recuperando portando via un po’ di voti a Vox, che nelle ultime elezioni ha rosicchiato moltissimo il voto popolare. A mio avviso i popolari, probabilmente cercando di attrarre il voto moderato, recupereranno su due bacini elettorali: uno è quello più moderato rappresentato dal partito dei Ciudadanos, cioè i populisti liberali che si erano contraddistinti nelle scorse legislature, e un altro è quello di Vox. La partita, secondo me, è ancora aperta.

Si rischia la fine del bipartitismo?

È già successo che la società spagnola si sia rivolta verso un’offerta più plurale. Podemos e Sumar, che deriva da Podemos, di fatto mettevano insieme il vecchio elettorato di Izquierda unida con l’esplosione della protesta giovanile del movimento degli Indignados. Il movimento Podemos si è via via istituzionalizzato andando addirittura al governo e promuovendo alcune legislazioni che il partito socialista spagnolo ha fatto proprie.

E oggi?

A guardare bene, l’unica vera novità di questo decennio è rappresentata dalla presenza, in queste ultime elezioni, di una nuova destra. Un elemento quasi determinante della politica spagnola degli ultimi anni è l’ondata dell’indipendentismo. Una volta esauritasi l’insurrezione basca che, non dimentichiamoci, fu anche un’insurrezione armata, si è aperta quella catalana. Sanchez su questo problema ha conquistato una buona fetta di credibilità presso l’opinione pubblica spagnola e presso il circuito economico della Spagna perché, attraverso i processi di amnistia e indulto, ha raffreddato una situazione che durante la gestione del governo popolare stava davvero per scoppiare. Era diventata incandescente. Negli ultimi cinque anni si può pensare che la Catalogna non sia venuta a capo del problema territoriale. Il clima sociale e politico è certamente profondamente cambiato. Non è un caso che gli indipendentisti presenti in parlamento a Madrid, in particolare quelli della sinistra repubblicana, sostengano Sanchez.

Crede che il sistema elettorale spagnolo vada modificato?

È presumibile che il sistema elettorale spagnolo debba essere rivisto alla luce della nuova conformazione politica spagnola perché il sistema elettorale risente di uno schema che non rappresenta più la Spagna odierna. Il sistema elettorale spagnolo, infatti, tenta di privilegiare i partiti più grandi. Nelle singole realtà c’è uno sbarramento molto alto e questo va a discapito delle forze politiche che rappresentano il territorio. Ci sono, quindi, forze politiche sottorappresentate. È questo che ha generato la nascita di movimenti di protesta così robusti, che mano mano si sono istituzionalizzati e che, però, non trovavano né nel Partito Popolare né nel Partito socialista una reale rappresentanza.

È stato giusto fissare il voto il prossimo 23 luglio?

Un po’ come noi, gli spagnoli rischiano di tenersi lontani dalle urne, il male di tutte le democrazie. Quando la democrazia non è praticata la democrazia stessa ne subisce un colpo. Un male di tutte le società democratiche dell’occidente. Sanchez anticipando il voto, sebbene gli avversari abbiano detto il contrario, paradossalmente ha incentivato la partecipazione. Se il voto fosse stato fissato il 23 settembre, come accadde da noi lo scorso anno, avremo avuto una campagna elettorale in piena estate, e quindi una non campagna elettorale. Se non altro questa drammatizzazione del voto ha aperto gli occhi sull’importanza di questo voto politico. Il rischio astensione c’è, però il clima elettorale reale.

Schlein sostiene Sanchez.

Il Pd, facendo parte del Partito socialista europeo, sosterrà i socialisti spagnoli che sono uniti ai socialisti italiani da più di un secolo.

Le elezioni spagnole condizioneranno gli assetti politici europei?

Penso di sì, nella misura in cui il Partito popolare o il Partito socialista avessero bisogno per formare un governo dell’astensione dell’uno e dell’altro. Non vedo una via tedesca alla governabilità spagnola, cioè una grande coalizione, però vedo che le due grandi forze europee, i popolari e i socialisti, possano in qualche modo (nel caso in cui il risultato non determinasse una maggioranza numerica certa) favorire la nascita anche di un governo del fronte avverso. Questo, in qualche modo, rigenererebbe in chiave nazionale quello che è avvenuto in chiave europea: la cosiddetta maggioranza Ursula. Non credo, tuttavia, che gli spagnoli, qualora il Partito popolare decidesse di governare con Vox, orienterebbero le alleanze europee. Partiti come Vox, cioè di ultradestra, sono molto osteggiati in Europa. Mai i cristiano democratici tedeschi farebbero un’alleanza con Afd, Alternative für Deutschland, che ha delle venature di origine reazionario di ultradestra. La stessa postura ha questo Vox, che, tuttavia è il prodotto di una fase molto turbolenta della società spagnola.

 

Gabriele Crispo e Francesca MassimanoGiornalisti

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