L’importanza e la forza della politica. Qual è l’incapacità dei palestinesi?Non essere finora riusciti ad attuare un vero sistema politico rappresentativo

È passato un mese dall’attacco di Hamas nei confronti di Israele, ma in questo momento non si intravede alcuna potenziale soluzione e nessun possibile accordo una volta che il fuoco sarà cessato. Come da settantacinque anni a questa parte, infatti, la mancanza di un’affidabile forza politica palestinese in grado di interloquire con Israele e con la comunità internazionale, capace di imporsi nella scena politica, di definire un progetto politico da portare avanti ed in grado di rappresentare seriamente gli interessi del popolo palestinese, diverso dalla cancellazione di Israele, è una delle cause di impedimento alla fine dell’eterno conflitto in Terra santa.

Una settimana fa, su queste colonne, mi soffermavo sull’atteggiamento di rassegnazione che spesso caratterizza l’opinione pubblica, le istituzioni politiche e i vari organismi internazionali in relazione a determinate controversie tra vari Paesi (una su tutte l’eterna questione israelo-palestinese), che costantemente porta ad assistere inermi alla deflagrazione di conflitti annunciati.

In quell’articolo, puntavo il dito sulle responsabilità delle varie istituzioni e anche degli autorevoli commentatori, i quali avvolti dall’effimera illusione che il tempo possa sanare da solo le ferite, troppo spesso assistono passivamente al crescere delle tensioni tra i vari stati, accettando poi la deflagrazione di queste in guerre.

Qualche mese fa sempre puntando gli occhi sulla questione israeliana, invece, analizzando le proteste del popolazione contro la riforma della giustizia proposta del governo Nethanyahu, suonavo l’allarme sulla possibilità che quelle divisioni interne avrebbe mostrato Israele debole agli occhi dei nemici storici. Purtroppo, quell’allarme si è poi confermato drammaticamente reale e concreto.

Oggi, però, voglio concentrarmi su un ulteriore aspetto che, a mio avviso, è una delle cause (se non principali, di decisiva importanza) della mancanza di un accordo tra questi due Paesi nell’arco di questi tre quarti di secolo di conflitto, ma soprattutto dell’incapacità da parte dei palestinesi di sviluppare una strategia alternativa alla violenza e al terrorismo, ossia la totale assenza di una forza/movimento politico in grado di dialogare e di rappresentare davvero i diritti del suo popolo.

Come ha, infatti, scritto sulle pagine del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia, nel suo editoriale del 30 ottobre, da 80 anni, cioè da quando sono riuniti in un «movimento nazionale», “i palestinesi sono immersi nel nullismo politico più assoluto”. Bisogna, dunque, constatare che quanto detto da della Loggia, vale a dire l’incapacità dei palestinesi di porre in essere un sistema politico in grado di rappresentare gli interessi della sua popolazione, oltre ad essere uno dei fattori principali che distingue il popolo palestinese da quello israeliano, in cui la politica sin dagli anni precedenti la costituzione dello stato ebraico è storicamente sempre stata un principio cardine e intrinseco alla cultura democratica del Paese (basti vedere l’altissima qualità della classe politica emersa in settantacinque anni di storia), è uno dei motivi per cui, lo Stato di Palestina non è mai riuscita ad avere un movimento in grado di farsi portavoce dei suoi interessi in maniera pacifica e non violenta.

Ma soprattutto è uno dei motivi per cui oggi quel territorio sia sotto il totale controllo, non di un partito, bensì di un’organizzazione terroristica come Hamas, che ha sostituito il corrotto partito di al-Fataḥ. Fu, infatti, proprio per l’inadeguatezza politica di Mahmud Abbas, che nel 2006, l’organizzazione paramilitare islamista guidata da Ismāʿīl Haniyeh ha sostituito quello che fino a quel momento rappresentava l’unico interlocutore in grado di dialogare con Israele, ma che appunto una serie di fallimenti politici, dall’insuccesso degli accordi di Oslo alla corruzione che ha consumato il partito, fecero perdere nel corso degli anni sempre più credito agli occhi della popolazione palestinese, fino alla condanna all’irrilevanza politica.

La realtà, ad oggi, è che né Hamas né Al Fatah hanno mai avuto come obiettivo l’unità del popolo palestinese, ma meramente la conservazione di rendite di posizione ottenute sulla pelle del popolo palestinese.

Ecco perché, riprendendo il significato del titolo di un famoso libro del politologo Gerry Stoker “Perché la politica è importante”, il quale analizza l’importanza di saper far politica per far funzionare gli Stati e le democrazie, l’assenza di una cultura politica, di una leadership e, in questo caso, l’ingombro di un vuoto istituzionale in Palestina, continua, da oltre settantacinque anni, ad impedire una vera soluzione del conflitto, ma soprattutto ad istaurare un vero dialogo con Israele, e far in modo che la fine della guerra possa poi finalmente aprire una finestra volta allo sviluppo di un progetto di convivenza tra i due Stati.

 

 

 

Francesco Spartà – Funzionario, giornalista pubblicista e Tutor Accademico presso Luiss Guido Carli

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