Il 25 settembre del 2022 le elezioni anticipate dovute alla caduta di Mario Draghi hanno consegnato sul vassoio d’argento Palazzo Chigi a Giorgia Meloni: l’unica all’opposizione di Supermario, la prima premier proveniente dalla destra radicale e dalla Fiamma, leader di un partito che ha contribuito a fondare e portato dal 6% a sfiorare il 30, prima presidente del Consiglio donna in Italia. Due anni dopo, Meloni divide (et impera): underdog o furbacchiona? Euro-atlantista col turbo o postfascista che non riesce a recidere del tutto le radici identitarie? Bee Magazine ne discute con Flavia Perina, giornalista, attuale editorialista della Stampa.
Il doppio registro di Meloni
Non si può non partire dalla recente trasferta americana: l’”innamoramento” per Elon Musk, il gelo dell’Atlantic Council, bye-bye a Joe Biden, un abbraccio frettoloso a Zelensky. La premier attende – come il resto del mondo – le elezioni per la Casa Bianca a novembre o la concorrenza a destra (leggi Matteo Salvini) ha incrinato il fronte pro-Ucraina?
Perina premette: “La politica estera gioca un ruolo importante per Meloni, che non l’ha trascurata. La premier usa un doppio registro: ha coltivato le relazioni internazionali sul fronte estero, mentre ha parlato al suo mondo di riferimento sul fronte interno, con parole e codici che hanno suscitato talvolta sconcerto in chi non l’ha votata. Adesso cerca un’interlocuzione con Donald Trump”. Biden non è abbandonato – spiega Perina – quanto dato per acquisito: “Il bacio in testa, l’apprezzamento per la postura euro-atlantica. Meloni ha già ricevuto un trattamento privilegiato, ora guarda avanti”. La chiave è la Realpolitik? “Sì, in sintonia con la storia dell’Italia che dai tempi di Giulio Andreotti sa di essere un Paese fragile che non può permettersi nemici potenti”. Equilibrismo che sconfina nel cerchiobottismo? “Forse, ma che nella Prima Repubblica ci ha salvato da tanti guai”.
Elon Musk al centro di polemiche
Nell’infatuazione (che accomuna Meloni e Salvini) per Elon – “l’underdog miliardario, il Marinetti 2.0, il visionario ribelle” come lo ha definito Perina sulla Stampa – contano la speranza di agganciare Donald Trump e di rientrare nell’alveo degli investimenti Tesla, che per ora sembrano orientati verso Spagna e Germania. Ma soprattutto conta la narrazione, la sintonia. Con tre capisaldi: “La libertà assoluta di espressione, la lotta al politically correct, la battaglia contro la denatalità. Uno storytelling che piace alla destra sovranista. In realtà, il durissimo braccio di ferro con il Brasile sui contenuti social mostra che Musk è sovranista a parole e nei fatti si pone al di sopra delle nazioni. Ma non importa: nell’immaginario collettivo di destra è un patriota”. In fondo, sorride Perina, “la sinistra aveva George Soros e la destra ha trovato il suo magnate di riferimento”.
La vulgata dipinge una premier promossa in politica estera – nonostante i guai estivi – e rimandata in affari interni – tra ministri pasticcioni e propensione al vittimismo. È così? Pare di no: “Guardando con occhi di destra, niente ha insidiato finora il suo potere. Nei sondaggi FdI è stabile o addirittura cresce, a differenza della sinistra. Meloni non ha abbassato l’asticella del consenso”. Motivo: “Ha tolto dal tavolo gli unici due temi, autonomia differenziata e premierato, che potevano compattare l’opposizione”.
Le Melonomics alla prova della credibilità
Eppure, siamo alla terza legge di stabilità con i fichi secchi: sacrosanta prudenza o assenza di visione? “La manovra è la vera prova di affidabilità che Meloni offre all’Ue – ragiona Perina – senza sforamenti di bilancio né superbonus. Dirà: non ci sono i soldi, pensioni e flat tax li faremo nella legislatura ma non ora. È un ragionamento semplice che qualsiasi padre di famiglia capisce, un argomento basico che giustifica l’assenza di fuochi d’artificio”. Poi, certo: “Ancora non conosciamo i numeri della manovra. Qualche spicciolo ci sarà, vedremo chi premierà e chi punirà”.
Chiediamo a Flavia Perina quali provvedimenti apprezza e quali no dell’azione governativa. Parte dal secondo versante: “Non condivido il pacchetto sicurezza, il fumo securitario con inutili crudeltà. L’idea che le donne incinte non andassero in carcere in Italia era assodata. E l’aggravante per i ragazzi che protestano contro le opere pubbliche è insensata. Un governo autorevole e serio si può permettere spazi di contestazione, tanto più una destra che viene da decenni di protesta politica dovrebbe stare più attenta a non varcare il limite della repressione”. A cosa metterebbe, invece, un metaforico like? “Avere riallacciato i rapporti con Ursula Von der Leyen dopo il mancato voto alla sua presidenza, che per me rimane un errore, è stata una grande operazione con un risultato non scontato per Raffaele Fitto. E avere riaperto le porte di Palazzo Chigi a Mario Draghi, che non lei ma la destra aveva demonizzato, ha mostrato che la politica seria ascolta i tecnici competenti e non solo gli influencer”.
Federica Fantozzi – Giornalista