Mamma, ho riperso Trump: il cinema e l’ex tycoon, un mondo in cui realtà e immaginario si confondono (sempre)

Trent’anni fa era uno dei personaggi minori di una commedia per famiglie, oggi la sua ascesa è raccontata da The Apprentice: ecco perché la vita e le scelte dell’ex presidente giocano a rimpiattino con la settima arte

Due-tre anni fa (regnante Joe Biden) stavamo rivedendo su una piattaforma Mamma ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York (Chris Columbus, 1992) assieme a nostra figlia e a una sua compagna di scuola. Le due ragazze avevano 12-13 anni. Il film è delizioso, degno del capitolo 1 Mamma ho perso l’aereo. Come tutti ricorderete, la piccola peste Kevin sale sull’aereo sbagliato e anziché in Florida, con tutta la famiglia, si ritrova a passare le vacanze di Natale da solo a New York. Per un caso fortuito – brillantemente costruito in sceneggiatura, scritta da quel genio di John Hughes che è anche il produttore – Kevin ha con sé la carta di credito del papà e può scialare: prenota una stanza al Plaza, il famoso albergo all’angolo di Central Park, e se la spassa alla grande. A un certo punto il piccolo, interpretato da Macaulay Culkin, percorre la lussuosa hall del Plaza e deve chiedere dove si trova la concierge: ferma un signore, che gli risponde educatamente. In quel momento le due ragazze hanno esclamato all’unisono: “Ma quello è Donald Trump!”.

Siamo tornati indietro con il telecomando, abbiamo rivisto la scena alla quale, a suo tempo, non avevamo fatto caso: sì, il signore a cui Kevin chiede l’informazione è Donald Trump. Che dice anche una battuta, e la dice in modo credibile, da attore (quasi) consumato.

Trump Mamma ho perso l'aereo
Macalay Culkin e Donald Trump in una scena di “Mamma ho riperso l’aereo” (1992)

 

Nel 1992 Trump era il proprietario del Plaza. L’aveva acquistato nel 1988 e l’avrebbe rivenduto nel 1995. È una delle tante operazioni finanziarie “misteriose” nella carriera di Trump: il miliardario comprò l’hotel per 407 milioni di dollari chiedendo prestiti a varie banche, e durante la sua gestione (con la moglie Ivanka come manager) lo mandò di fatto in bancarotta, rivendendolo sotto costo a una compagnia di Singapore dopo una transazione “amichevole” sui debiti che si erano accumulati. È una delle tante storie che fanno di Trump un finanziere quanto meno discutibile, ma ora ci interessa la scena del film.

I camei tagliati di Trump

Perché Trump appare in Mamma, ho riperso l’aereo? Semplice. Chiunque volesse girare un film al Plaza, o in un’altra proprietà di Trump, otteneva facilmente i permessi necessari… a una condizione: che lui apparisse nei film, girando una scena – nei panni di se stesso o, come nel caso del film di Hughes/Columbus, di un signore che passa di lì per caso. Gli accordi non dovevano essere così stringenti, visto che in diversi altri casi i “camei” di Trump vennero tagliati. Ma Hughes e Columbus decisero di montare la scena: era venuta bene, e in fondo nel ’92 era una cosa divertente.

Nel 2019 (regnante Trump) la rete tv canadese CBC l’ha tagliata prima di una messa in onda del film. Il presidente c’è rimasto male: ha scritto uno dei suoi famosi tweet per sostenere che “il film non sarà più lo stesso”. Scherzava? Chissà.

The Apprentice, dal reality show al film

Trump è sempre stato attento alla propria immagine. Un giorno faranno un film su di lui. Anzi, l’hanno già fatto. In questi giorni esce in Italia The Apprentice, passato in concorso a Cannes lo scorso mese di maggio. Guarda caso, non è un film americano. Inoltre è un film sul “giovane Trump” (a scuola, studiando filosofia, si parlava del “giovane Hegel” e del “giovane Marx”, il mondo è proprio cambiato). Tra poco ci arriviamo. Un giorno bisognerà girare un film sul “vecchio Trump”: la “discesa in campo”, ovvero in politica; la conquista della Casa Bianca; lo sventramento politico ma, oseremmo dire, culturale e antropologico di un partito – i Repubblicani – che nel suo passato ha avuto i Bush, Reagan e Nixon ma anche, per citarne solo alcuni, Eisenhower, Teddy Roosevelt e Abraham Lincoln; la sconfitta con Biden e relativo assalto a Capitol Hill da parte dei suoi seguaci (vogliamo chiamarlo un tentato golpe?); la seconda corsa alla Casa Bianca con tanto di attentato fallito e di ribaltone da parte dei rivali, con l’ingresso in scena di un’avversaria per lui incomprensibile come Kamala Harris. Ascese e cadute e nuove ascese in attesa del voto di novembre, colpi di scena a go-go.

Ce n’è d’avanzo per fare una serie di mille puntate, altro che film.

Trump The Apprendice
La locandina di The Apprentice

 

Intanto, ecco The Apprentice. Il titolo è lo stesso del reality-show che Trump ha condotto sulla rete tv NBC dal 2004 al 2016, quando si è signorilmente fatto da parte per intraprendere la prima campagna elettorale. Era una sorta di “talent” per imprenditori. Ma il film va ancora più indietro nel tempo, giocando sul significato del titolo (“apprentice” significa “apprendista”). Assistiamo alla nascita del fenomeno-Trump, quando il giovane Donald è ancora “solo” il figlio di un palazzinaro molto discusso, Fred Trump. Per salvare il padre da una causa Trump chiede aiuto a un avvocato famoso e ancora più discusso, Roy Cohn.

Chi ruba la scena a chi

E qui il film cambia registro perché Cohn è un personaggio che ruberebbe la scena a chiunque, anche a un narciso psicotico come Trump: nato nel 1927 e morto di aids nel 1986, è stato nel 1951 (a 24 anni) il viceprocuratore federale nel processo che ha mandato i Rosenberg sulla sedia elettrica; e subito dopo, tra il ’53 e il ’54, è stato il consulente capo del senatore McCarthy nei giorni più feroci della caccia alle streghe.

Ossessionato dai giovanotti (era un gay in incognito, e come tale poteva ricattare tutti i gay che frequentavano, anche loro “closeted”, nascosti, la politica e la finanza) e dai comunisti, Cohn è l’uomo che ha praticamente “creato” Trump. Nel 1986, poco prima che morisse, è stato radiato dall’ordine degli avvocati per condotta non etica. A lui sono stati dedicati numerosi reportage e documentari.

Trump attentato
Scena da film: Donald Trump subito gli spari al comizio di Butler

 

Il film non aggiunge, in realtà, granché a ciò che di Trump e di Cohn è ampiamente noto. Diciamo che è un utilissimo ripasso. La cosa curiosa è che si tratta di un film non americano: il regista Ali Abbasi è un iraniano con passaporto danese; Trump è interpretato dal romeno Sebastian Stan, noto per alcuni film Marvel, che non assomiglia per niente al tycoon e “diventa” Trump grazie a un lavoro di trucco davvero rimarchevole; New York è ricostruita a Toronto. L’unico americano è Jeremy Strong, che interpreta Cohn in modo strepitoso. Uno dei finanziatori del film, il miliardario trumpiano Dan Snyder, ha fatto causa ai produttori dopo averlo visto (credeva di aver finanziato un’agiografia).

Co-prodotto da Canada, Irlanda e Danimarca, il film è andato maluccio negli Stati Uniti e temiamo che non toglierà a Trump nemmeno un voto.

 

Alberto CrespiGiornalista e critico cinematografico

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