Tra i molti talenti di Giovanna Botteri c’è n’è uno non trascurabile per chi fa il giornalista: essere al posto giusto nel momento giusto.
Un esempio su tutti: era in diretta da Baghdad quando il cielo della notte irachena s’illuminò dei traccianti dei missili americani – anzi della coalizione anglo-americana – segnando l’inizio della seconda guerra del Golfo. Fu l’unica al mondo a trasmettere in diretta quelle immagini. Qualcuno potrebbe scambiarlo per fortuna, e in parte lo è anche, ma sarebbe riduttivo. Molto riduttivo.
Infatti, non basta di certo la fortuna per capire nel 2008 che il candidato da seguire durante le primarie democratiche negli Stati Uniti non è la favoritissima Hillary Clinton, ex first lady lanciatissima verso il traguardo di prima donna alla Casa Bianca ma un senatore dell’Illinois, quasi sconosciuto fuori dagli Stati Uniti, tale Barack Obama.
Botteri era arrivata da poco negli Stati Uniti, come corrispondente della Rai, dove è rimasta fino al 2019, in tempo per vedere la fine del doppio mandato di Obama e l’inizio dell’era Trump. Un’era tutt’altro che finita.
Giovanna Botteri, che differenza c’è tra tra il Trump del 2016 e quello di oggi?
Nel 2016 Trump è arrivato alla Casa Bianca senza aspettarselo.
Chi gli stava attorno era un gruppo che aveva messo assieme in fretta quando ha capito che veramente rischiava di diventare Presidente. E quello è un Trump che in qualche modo si avvicinava con prudenza a Washington, alle istituzioni.
Il Trump del 2024 è un Trump che è già stato presidente, che ha già conosciuto Washington e che ha passato quattro anni a dire agli americani che la sua sconfitta era finta e la vittoria di Biden era rubata. È un Trump che ha avuto processi, è un Trump sotto processo, è un Trump che con accanimento ha identificato i suoi nemici: la giustizia, la stampa, chi si batte per i diritti. Soprattutto è un Trump che in questi ultimi quattro anni ha fatto una selezione spietata tra amici e nemici all’interno dello stesso partito repubblicano e questo è un messaggio fortissimo che lui lancia nel momento in cui fa conoscere il suo governo.
Chi sono i suoi nemici?
I nemici sono interni ed esterni. I nemici interni sono ad esempio Kevin McCarthy, che è stato il capogruppo repubblicano alla Camera e che ha autorizzato l’indagine su Matt Gaetz che adesso è stato indicato come ministro della giustizia. All’interno del partito repubblicano Trump ha fatto piazza pulita del vecchio Grand Old Party di Bush, spazzando letteralmente via tutta quella parte di conservatorismo tradizionale e moderato. Non a caso c’è questo accanimento contro la figlia di Cheney, Liz Cheney, non a caso c’è questo accanimento contro la stessa famiglia Bush. Trump ha bonificato il partito repubblicano che in questo momento è tutto schierato con lui. Per questo non capisco quelli che dicono: “Le nomine chissà se passeranno”?
Il partito repubblicano in questo momento non è assolutamente in grado di mettersi contro di lui, quella scena epocale in cui Trump cerca di far abolire il sistema sanitario, l’Obamacare, e l’ultimo repubblicano sofferente arriva per votare e vota contro, non ci sarà più. Tra i nemici potenti che Trump ha ancora c’è la stampa, ma attenzione: si dice che Elon Musk sia molto già avanti nella trattativa per comprarsi la Cnn, che è stata una delle voci più critiche e in America . Quindi evidente che c’è un panorama che potrebbe cambiare già nel 2025.
Le prime nomine di Trump, che viste dall’Italia sembrano estreme, cosa rivelano?
Dopo che quattro anni prima aveva in qualche modo incitato all’assalto al Congresso, Trump dice: questo paese è con me. Ed è questo che vuole, il pugno duro.
Vuole la forza contro le istituzioni che non rispondono più ai nostri ideali e gli uomini per fare questo sono gli uomini che ha scelto per i dipartimenti e il governo. Il deputato sotto inchiesta sospettato di aver fatto festini con droga con minorenni che diventa capo della Giustizia, il negazionista con mille ombre sulla sua vita anche personale, una moglie che si è suicidata per i suoi tradimenti, Robert Kennedy junior, che diventa capo della Sanità. Il suo avvocato, quello che l’ha difeso nel processo contro Stormy Daniels, che diventa capo del distretto di Manhattan sud che l’ha condannato proprio per Stormy. Un telepredicatore che predica i combustibili fossili che diventa capo dell’Energia. Il messaggio che lancia è assolutamente chiaro, assolutamente limpido: lì si deve arrivare e con questi uomini.
Che ruolo ha Elon Musk e chi comanda tra i due?
Credo che siano un po’ il buono e il cattivo di volta in volta, a seconda di come convenga. Credo che ci sia una serie di campi in cui Trump è da solo e Elon Musk lo lascia star solo, e una serie di campi in cui Elon Musk agisce da solo e Trump lo lascia stare e decidere.
Trump ha fatto intendere che potrebbe cambiare la Costituzione per candidarsi a un terzo mandato. Un’ipotesi realistica?
Non so se succederà, ma forse non servirà cambiare le regole come il suo amico al Cremlino. Potrebbe persino non doversi candidare, lo ha detto lui che queste potrebbero essere le ultime elezioni.
Nessuno s’indigna, la democrazia è passata di moda?
La democrazia è passata di moda nel momento in cui è diventata vuota, vuota di significati. E la gente non non ritrova nella nella democrazia le sue paure e i suoi problemi quotidiani, arrivare alla fine del mese, la bolletta, il lavoro, la sanità, la scuola e il futuro dei figli. Se tu non torni a quel significato primordiale di democrazia, che vuol dire un mondo migliore e più giusto per tutti, la privi di qualunque valore.
Le cose che ha elencato come “sale della democrazia” sono quelle di cui ha parlato Harris nella sua campagna elettorale. Perché non le sono bastate?
Gli americani hanno pensato alle loro tasche, al loro budget casalingo. Hanno pensato alla paura che hanno per un sentimento di insicurezza che c’è nelle grandi città, che peraltro c’è sempre stato, solo che ora viene ingigantito. Hanno pensato alla paura dell’immigrazione, storica per gli Stati Uniti.
C’è l’ultima parte di quel bellissimo film di Martin Scorsese, Gangs of New York, in cui c’è la l’immigrazione europea, gli italiani, gli irlandesi e i polacchi che fanno partire una caccia all’uomo, una caccia al nero. Perché i neri vengono sul mercato del lavoro e costano di meno. Quindi è qualcosa che gli Stati Uniti, che sono un grande paese di immigrati, conosce molto bene.
In questo momento c’è la paura dei vecchi emigrati, quelli che si sono conquistati la cittadinanza americana, nei confronti dei messicani e di chi arriva dal sud. Questo è un altro sentimento di paura. Tutta la campagna di Trump è stata tutta basata sulla paura e la sua risposta in qualche modo è tenere a bada e confortare quest’America che ha paura. Evidentemente il messaggio della Harris che invece era di gioia e di speranza non ha funzionato.
Non ha funzionato nemmeno sulle donne, nonostante le parole di Trump sulle donne?
Ha funzionato solo in modo sofisticato intellettuale su una minoranza del paese che non ragiona come una minoranza. Una minoranza di intellettuali, come il movimento Me Too, che continua ad essere radicato soltanto in certi settori. Harris ha pensato che le donne in questo momento erano più attenti ai diritti e meno a quello che è il loro quotidiano, mettere il cibo in tavola, andare avanti tranquille e sicure.
Joe Biden ha autorizzato l’uso dei missili a lungo raggio in Ucraina. Che farà il tycoon?
È chiaro che questo è un momento disperato per l’amministrazione Biden, che ha sempre appoggiato, in modo anche assoluto, Zelensky e l’Ucraina. È evidente che questi sono gli ultimi gli ultimi colpi di questa amministrazione, la quale cerca di portare Zelensky e l’Ucraina all’inevitabile tavolo della trattativa con delle conquiste e in una situazione per cui sia possibile per Kiev trattare negoziare con Mosca non da perdente, ma almeno con qualcosa da dare in cambio.
Mimmo Torrisi – Giornalista