Economia

40 anni governo Craxi, i retroscena di Giorgio Benvenuto

Prima parte dell’intervista, la diciassettesima della serie, in cui l’ex segretario della Uil racconta, tra l’altro, episodi e aneddoti legati all’accordo di San Valentino sulla scala mobile, al referendum voluto da Pci e Cgil, ai rapporti tra Lama e Berlinguer, all’attività di Craxi in favore di esuli e perseguitati politici. Qualche giudizio sull’attualità politica. E un monito alla sinistra.  ***** Giorgio Benvenuto, noi abbiamo fatto una serie di interviste ad esponenti di culture diverse sul governo Craxi, di cui lo scorso anno ricorreva il 40°. Parleremo anche di tante altre cose, tra cui il decreto di San Valentino del 1984 con il taglio di alcuni punti di scala mobile. Per cominciare: Secondo Lei, che cosa resta di quell’esperienza di governo che è durato 4 anni? A mano a mano che il tempo passa, i giudizi sono più sereni. La storia finisce per far riflettere le persone. Penso che quelli siano stati anni di grandissima opportunità per il nostro Paese e per l’Europa, ma purtroppo è stata un’occasione persa. Negli anni Ottanta l’Italia contava molto sul piano internazionale. Avevamo sconfitto Il terrorismo, l’Italia era diventata il quinto Paese maggiormente industrializzato. Erano state realizzate molte riforme. Il nostro Paese aveva un grosso peso in Europa e nel mondo. Può ricordare, anche a beneficio dei lettori, il contesto di quel tempo? Alla fine degli anni Settanta l’Italia attraversava una fase estremamente difficile sul piano economico e sul piano politico. Mi soffermo su questi fatti per inquadrare la situazione. Ad un certo punto il PCI si rese conto che ad appoggiare i governi Andreotti senza contropartite avrebbe perso posizioni e sostegno politico, per cui iniziarono a valutare altre scelte. Si, il PCI passò all’opposizione nel gennaio 1979, quando il 26, ad una riunione dei segretari dei partiti di maggioranza, Berlinguer annunciò che il suo

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Mondo

Le ricerche di Ruotolo / Vasil Bilak, memorie di uno stalinista. Fu il “postino” della lettera a Breznev per l’intervento Urss a Praga

Dieci anni fa se ne andava l’ultimo dei duri, l’uomo che insieme ad altri cinque esponenti del PC cecoslovacco firmò nel 1968 la lettera che chiedeva all’ Urss il suo “fraterno aiuto”, l’intervento militare contro la Primavera di Praga ed il socialismo dal volto umano. Una pagina di storia politica europea per risvegliare il ricordo di come andavano le cose nel mondo del cosiddetto “socialismo reale”. ***** Vasil Bilak era un esponente di primissimo piano del partito comunista cecoslovacco. Di impronta conservatrice, fu molto vicino ai sovietici; ebbe un ruolo importante specialmente nel periodo della normalizzazione, cioè la difficile fase storica e politica successiva all’ invasione della Cecoslovacchia (agosto 1968) compiuta da quattro paesi del Patto di Varsavia per reprimere le riforme della Primavera di Praga. Si tratta di un personaggio che nel suo paese resta fortemente controverso.. Ci basti dire che giusto dieci anni fa, subito dopo la sua morte, due partiti conservatori cechi come ODS e Top09 chiesero le dimissioni dalla vicepresidenza della Camera di Vojtech Filip, allora capo del Partito comunista ceco e moravo, per aver espresso il cordoglio per la sua scomparsa. Bilak, spentosi a Bratislava all’età di 96 anni, era l’ultimo alto dirigente del Partito comunista cecoslovacco fra quelli che firmarono la “lettera di invito”, consegnata di nascosto ai sovietici nel corso di un incontro nell’estate 1968, in cui si chiedeva senza mezzi termini il loro “fraterno aiuto” che si risolse nell’ intervento militare. Questa lettera, in pratica, fornì la giustificazione formale per l’invasione del paese da parte di Mosca e di alcuni satelliti del Patto di Varsavia quali Polonia, Bulgaria ed Ungheria.. Cominciamo dall’ inizio. Vasil Bilak era nato nel 1917 in Rutenia, ora Slovacchia orientale. Veniva da Krajná Bystrá, un villaggio molto piccolo che conta circa 400 abitanti sito nel distretto di Svidnik. Era

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Politica

40 anni dal governo Craxi /interviste/ 14/ Del Bue | | Si giocò Palazzo Chigi sul referendum sulla scala mobile. Decisionismo craxiano? In pochi ricordano leggi su parità uomo-donna

Proseguiamo con le interviste sul governo Craxi a 40 anni dalla sua costituzione Oggi ascoltiamo la testimonianza di Mauro De Bue, emiliano, deputato socialista per tre legislature ( X,XI, XIV), Sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, è stato tra i protagonisti della rinascita del Psi nel 2007, e per dieci anni (2013-2022) ha diretto l’Avanti!, versione on line. Da quest’anno dirige il quotidiano on line La Giustizia. Ha scritto numerosi saggi di storia politica sulla sinistra italiana.         Nel 2023, sono trascorsi 40 anni dal governo Craxi. Che cosa resta di quell’esperienza di governo durato quattro anni? I governi Craxi complessivamente durarono quasi quattro anni e se non ricordo male l’ accordo con la DC prevedeva una staffetta della quale probabilmente si era solo parlato, un compromesso politico tra Craxi e De Mita ideato dal democristiano Riccardo Misasi che poi non ebbe seguito. Craxi presiedette due governi, il primo caduto a seguito del ritiro della fiducia del Pri sul caso Achille Lauro e il secondo durato fino a pochi mesi dalle elezioni anticipate del 1987.         In seguito alla crisi Fanfani fu chiamato a presiedere un governo elettorale e politicamente anomalo durato 3 mesi e 11 giorni, che ottenne la fiducia con l’astensione della DC mentre nella sua breve durata Psi e Pci si collocarono tutti e due all’opposizione. Il calcolo di Craxi era di collocare le elezioni subito dopo i referendum sulla giustizia e il nucleare. Non fu così. Spieghiamolo ai giovani che al tempo del governo Craxi non erano neanche nati: in che cosa consisteva la novità del governo Craxi? Quali i suoi punti qualificanti? La novità della presidenza Craxi era costituita dal fatto che era la prima volta di un socialista. Questo poi avveniva mentre un altro socialista era al Quirinale,

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Politica

40 anni dal governo Craxi/ interviste 11/ Ugo Finetti Liberarsi dal “dipietrismo storiografico”. Craxi sdoganò il presidenzialismo

Intervista al Direttore di “Critica Sociale”, saggista, scrittore e dirigente politico. Gli anni ’80 furono un periodo di successo per l’integrazione europea e l’eurosocialismo. Craxi sdoganò nella sinistra il tema della riforma della Costituzione e in particolare il presidenzialismo che erano fino ad allora considerati temi di “destra”, anzi di “estrema destra”. Chi parla di Caf e critica Craxi perché dopo la caduta del comunismo non si è alleato con i comunisti contro la DC, ha una visione “romanesca” come se Craxi fosse nato nel 1976. Craxi e Berlinguer? Entrambi operarono per dar vita a una sinistra di governo in un quadro di collaborazione con la Dc. Berlinguer più brutalmente di Craxi scartò l’alternativa di sinistra: nemmeno con il 51 per cento. La solidarietà nazionale – come sottolineato dallo storico del “Gramsci”, Silvio Pons – fu l’esperienza più positiva del Pci. Il malore di Nilde Iotti mentre si discuteva nella direzione Pci sul maggioritario.

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Cultura

8 settembre 1943. E Hitler si prese il Nordest. Un pezzo d’Italia quasi annesso al Reich

Dopo l’articolo dello storico Carmelo Pasimeni, con alcune interessanti annotazioni sul ruolo che ebbe la città di Brindisi, quale capitale del Regno del Sud, pubblichiamo un rapporto focalizzato sul Nord Est. Questo è il racconto dettagliato di ciò che accadde poco prima e dopo l’8 Settembre, con tutta la sequela di scontri, assassini, compresa la vicenda delle foibe

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Mondo

Da Azov ad Azovstal. Il punto, la storia. Ma intanto la guerra continua.

Un breve riepilogo – premessa, Il ministero della Difesa della Federazione russa ha dato l’annuncio della completa conquista dell’acciaieria Azovstal, ultimo centro di resistenza della città di Mariupol. La notizia fa seguito alla resa di quasi 2500 soldati ucraini, che nei giorni scorsi si erano consegnati alla spicciolata dopo l’evacuazione di molti civili rifugiati nei sotterranei degli impianti. Sempre il ministero della Difesa russo ha diffuso un video in cui si vedono gli ultimi militari del battaglione Azov mentre vengono perquisiti prima di lasciare l’acciaieria. Tra di loro vi sarebbero anche dei volontari, molti dei quali europei o provenienti da vari Paesi e anche dal Canada. Secondo i russi si tratterebbe in gran parte di contrattisti, l’altro nome dei mercenari. I difensori di Azovstal avevano ricevuto dal comando supremo ucraino l’ordine di smettere di combattere. Denys Prokopenko, il comandante del battaglione Azov, lo ha annunciato in un videomessaggio mentre era ancora nel bunker dell’acciaieria, dichiarando che “Il comando militare superiore ha dato l’ordine di salvare la vita dei soldati del nostro presidio e di smettere di difendere la città. Nonostante gli intensi combattimenti e la mancanza di rifornimenti, dobbiamo costantemente sottolineare le tre condizioni più importanti per noi, e cioè: l’evacuazione dei civili, i feriti e i morti. I civili sono stati evacuati. I feriti gravi hanno ricevuto le cure necessarie e siamo riusciti a evacuarli per un ulteriore scambio e trasporto nei territori controllati dall’Ucraina”. L’agenzia Tass ha rilanciato un commento del generale maggiore Igor Konashenkov secondo il quale il comandante Prokopenko sarebbe stato trasferito “con un veicolo blindato speciale» verso un luogo sicuro, sotto il controllo dell’esercito russo. Le particolari modalità sarebbero state scelte per motivi di sicurezza, infatti secondo quanto riferito dalle fonti russe «i residenti lo odiavano e volevano ucciderlo per le numerose atrocità commesse”. Qualche

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