Cultura

Mogol “Ecco come vivere meglio…”

“Il più delle volte viviamo senza conoscere in realtà tutte quelle nozioni che possono farci vivere meglio. La musica sicuramente è qualcosa che alimenta l’anima, ma dobbiamo sapere che possiamo vivere senza ammalarci: È la testa a comandare tutto. Non avere autostima, essere negativi, avere scontri verbali, tutto questo non deve accadere… dobbiamo essere ricchi di virtù, aiutare gli altri, sorridere, avere passioni. Questo libro l’ho scritto proprio con lo scopo di condividere con altri questo importante progetto sulla salute a cui lavoro ormai da tanti anni”. Giulio Rapetti, in arte Mogol, è in giro per l’Italia per presentare il suo ultimo libro. In Calabria, la città di Cosenza gli ha riservato una standing ovation che solo ai grandi poeti come lui era possibile dedicare. Una sorta di tributo all’uomo che ha segnato, e attraversato da protagonista, quasi un secolo di musica italiana. L’occasione è il lancio del suo ultimo libro, il titolo è‘ “La Rinascita”, e dentro questo libro- spiega Mogol – c’è soprattutto il mio sentire, la mia vita, e ci sono le mie certezze. Salute e conoscenza sono connesse tra di loro. Il libro che ho scritto con il contributo scientifico di Giovanni Scapagnini, Emanuele De Nobili, Carlo Massullo, Antonio Mistretta, Maria Pontillo, Fabiana Superti e la collaborazione editoriale di Giuseppe Cesaro- racconta- nasce con l’intento di suggerire soluzioni per individuare ciò che fa bene e ciò che fa male; ciò che attraverso la Conoscenza indica la strada per non ammalarsi. È, insomma, un trattato di prevenzione primaria. Soprattutto, un progetto che ho particolarmente a cuore”. Mogol lo spiega benissimo nella sua prefazione: “Oggi che sono vicino ai 90 anni, godo di ottima salute, per questo ho deciso di scrivere questo libro, che, devo ovviamente all’aiuto dei grandi medici che ho avuto la fortuna di conoscere, diventando

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Cultura

“Martiri di Carta”. I giornalisti caduti nella Grande Guerra

“Martiri di carta. I giornalisti caduti nella grande guerra”, (448 pagine) di Pierluigi Roesler Franz ed Enrico Serventi Longhi, immaginato esattamente 12 anni fa e realizzato poi per conto della Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi”, racconta la storia di 264 giornalisti italiani morti nel corso della Prima Guerra mondiale. Ora finalmente, per iniziativa della Fondazione, questo saggio potrebbe finire sui banchi di migliaia di studenti italiani che potranno così conoscere, regione per regione, scrittori artisti e intellettuali famosi della propria terra di origine, morti nel corso della Grande Guerra del 1915-1918 e di cui per lunghi anni non si è mai saputo nulla. Il progetto è già pronto, ora va solo avviato. In effetti, “Martiri di carta” – spiega il giornalista-autore Pierluigi Roesler Franz- “racconta la storia – finora mai scritta – di 264 intellettuali di tutte le Regioni italiane, fra i quali Battisti, Stuparich, Serra, Gallardi, Boccioni, Niccolai e Umerini, morti nel conflitto mondiale 1914-1918. La maggior parte dei caduti erano giovani ventenni che, provenienti da tutte le parti d’Italia, avevano cominciato a scrivere su grandi e piccoli giornali e riviste. Alcuni di loro erano stati chiamati alle armi, mentre altri erano andati volontari al fronte”. Pierluigi Franz, come nasce questo complesso lavoro di ricerca? Quando, nel maggio 2011- ricorda Pierluigi Franz- fui informato dal collega Massimo Signoretti, scomparso qualche anno fa a Roma, del fortuito ritrovamento nella cantina di un palazzo Inpgi della capitale di una grande lapide con i nomi di 83 giornalisti Caduti nella Grande Guerra non avrei mai immaginato quanto fosse stata importante questa scoperta per la nostra categoria, al fine di tramandare ai giovani le gesta eroiche dei tanti intellettuali che persero la vita eroicamente combattendo nel 1° conflitto mondiale 1915-1918. Ora però a distanza di 12 anni e dopo la pubblicazione nel 2018

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Cultura

I CENTO del grande fotografo Mario Carbone

100 anni ancora ben portati. Roma ha celebrato al Museo del Louvre di Via della Reginella il grande fotografo calabrese originario di San Sosti Mario Carbone. La sua lunghissima storia artistica copre quasi un secolo, che va dal carretto trainato a mano al raggio laser, passando attraverso i luoghi dell’Italia rurale fino alle grandi metropoli, con un occhio sempre attento verso le celebrità dell’arte e gli autori, così come le persone comuni, le strade. Le sue intuizioni -anticipa il suo biografo ufficiale Giuseppe Daddino– come le foto dal televisore della metà degli anni ’60, il teatro Patologico, il primo (ed ultimo) “Festival della Poesia” di Castel Porziano sono storia della fotografia. Così come l’aver dato risalto ai temi di attualissima presenza nella nostra vita quotidiana, alle grandi manifestazioni politiche come Valle Giulia del 1968 e alla satira politica (oggi meme di internet). Per questo questa “festa” a sorpresa svoltasi il 15 maggio presso il museo del Louvre di Roma, curata personalmente da Giuseppe Casetti, è stata arricchita da 10 immagini scelte ed inedite di Mario Carbone, alle quali si è unita la presentazione da parte di Giuseppe D’Addino dei finalisti del Premio Fotografico a lui dedicato giunto alla settima edizione. La location per ricordare e festeggiare i 100 anni di Mario Carbone è molto suggestiva. Siamo a Roma in via della Reginella, nel cuore dell’antico Ghetto ebraico, e il museo del Louvre è un piccolo gioiello dedicato alla cultura del Novecento, nato nel 1995 dalla passione di Giuseppe Casetti. Dietro al nome “giocosamente altisonante”, si cela uno spazio al di fuori dei tradizionali schemi culturali e commerciali: galleria d’arte, libreria antiquaria, archivio fotografico e, soprattutto, una wunderkammer, una camera delle meraviglie custode di cultura, curiosità, emozioni, ricordi. Gli scaffali, le pareti, i cassetti e le vetrine traboccano di opere di

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