Premierato elettivo, la lezione di un maestro come Sartori

Il premierato elettivo è stato sperimentato soltanto in Israele e "l’esperimento è già stato cancellato dopo tre prove tutte disastrose". Forse basterebbe di meno: una sfiducia costruttiva e il potere di chiedere la revoca del mandato del ministro non più idoneo, per esempio, accompagnato da un decente sistema elettorale che ripristini la scelta dal basso, per esempio. Una legge finalmente chiara, condivisa e che non meriti la "um" ( da latinorum ) da azzeccagarbugli.

Cade quest’anno il centenario della nascita del fondatore della scienza politica italiana e maestro riconosciuto in tutto il mondo: Giovanni Sartori.

La sua scienza fu pari al suo gusto per la battuta urticante- suo il battesimo sprezzante delle nuove e compulsive leggi elettorali in forma di “latinorum” ( sublime il soprannome “Porcellum” rimasto appiccicato alla legge Calderoli del 2005) di poi adottato in forma inaspettatamente orgogliosa dai nuovi legislatori- ne’ gli mancò mai la consapevolezza del se’. Ma se lo poteva permettere, essendo un Maestro.

 

 

 

Tra le sue tracce più frequentate gli studi sul partito politico, sulla forma di governo, sulle leggi elettorali. Naturalmente Sartori si occupò di premierato e non mancò di trattare con puntuale attenzione anche la versione “elettiva”, per un certo periodo in auge nel dibattito pubblico italiano, a partire dalla proposta Salvi nella bicamerale per le riforme del 1997.

 

 

 

Poco più di 20 anni fa, dunque, il grande politologo scriveva in un saggio pubblicato sulla rivista di Scienza Politica dell’agosto 2003, di “Premierato forte premierato elettivo”, polverizzando punto punto l’impianto della proposta di premierato all’italiana, avanzata all’epoca attraverso due disegni di legge dai senatori Tonini ( Pd) e Malan (FI), inusitatamente simbiotici.

Dopo aver spiegato che il “premierato” indica un sistema parlamentare in cui il potere esecutivo sovrasta il legislativo e in cui “il primo ministro comanda i suoi ministri”, Sartori ricorda che il premierato elettivo è stato sperimentato soltanto in Israele e  “l’esperimento è già stato cancellato dopo tre prove tutte disastrose”.

Già questo basterebbe a chiudere qui una volta e per sempre ogni velleità in questa direzione, ma il Maestro va oltre e spiega come lo strumento attraverso cui si intende promuovere l’esperienza in Italia, peraltro sconosciuta negli ordinamenti in cui si vedono a capo del governo il premier o il cancelliere, invece che rafforzare la stabilità e la tenuta delle legislature irrigidirebbe il quadro politico.

La flessibilità dell’esperienza inglese e di quella tedesca, quest’ultima assistita dalla “sfiducia costruttiva”, poggiano, infatti, sul carisma e i numeri della leadership di partito, non già su reti di protezione giuridica aggiuntive.

Sartori ricorda, inoltre, che la forma di governo dipende essenzialmente da “due antefatti”: la legge elettorale e il sistema di partito. Fino a quando non si metterà mano a questi due fondamentali momenti, optando per un sistema elettorale proporzionale con adeguate soglie di sbarramento, non ci sarà uscita dall’impasse in cui versa la politica italiana.

Il saggio dice ancora molte cose- per esempio che un premier eletto direttamente non può essere cambiato e il suo fallimento deve portare inevitabilmente alle elezioni ( cosa che non era e non è oggi nelle proposte italiane), che il “defuntissimo” premierato elettivo israeliano almeno consentiva la libertà della scelta del primo ministro da parte degli elettori, cosa negata dalle proposte italiane ( allora come oggi), timorose di popolarità incerte dei candidati premier, e altro ancora- ma la citazione può finire qui.

Ammaestrati dall’insegnamento sartoriano verrebbe da domandarci perché, allora, questa tarda coazione a ripetere sull’elezione del premier. È una bandiera identitaria di quella parte della politica che da sempre sostiene il presidenzialismo? Ma il presidenzialismo è una cosa diversa, una forma di governo che è al di là del parlamentarismo: il premierato ancora dentro ci sta, se non alambicca con stranezze. Assicurare stabilità e poteri? Forse basterebbe di meno: una sfiducia costruttiva e il potere di chiedere la revoca del mandato del ministro non più idoneo, per esempio, accompagnato da un decente sistema elettorale che ripristini la scelta dal basso, per esempio. Una legge finalmente chiara, condivisa e che non meriti la “um” da azzeccagarbugli. Con buona pace di Giovanni Sartori.

 

Pino PisicchioProfessore ordinario di Diritto pubblico comparato. Già deputato in numerose legislature, presidente di Commissione, capogruppo, sottosegretario, Saggista e scrittore

 

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