Marlon Brando, un divo tormentato. Apocalypse now e l’orrore della guerra

Un film e un personaggio, il colonnello Kurtz, tragicamente attuali ed eloquenti sulla mostruosità delle guerre, di ieri e di oggi.

Il 3 Aprile 2024 avrebbe compiuto cento anni. Marlon Brando era nato, infatti, il 3 aprile 1924, ad Omaha, nel Nebraska. Uomo bellissimo, adorato da tante donne (e non solo), certamente uno dei più grandi attori della storia del cinema, interprete di grandissimi film (e anche di qualche flop), un divo amato e tormentato.

Ad un certo punto, è rimasto vittima della propria notorietà (“… Penso non mi sia mai piaciuto fare l’attore cinematografico… Ho imparato che qualunque cosa io dica o faccia, la gente tende a mitizzarmi… Penso sarebbe stato meglio non diventare famoso perché tutta l’esperienza della mia vita di adulto, la mia visione della vita, nonché l’atteggiamento e le esistenze dei miei amici e dei miei familiari sono stati influenzati e distorti dalla mia notorietà: così in un suo libro autobiografico) e, a causa di una forte depressione, ha concluso i suoi giorni in una sorta di vortice autodistruttivo: divenuto incredibilmente grasso, si è trascinato sino alla morte per enfisema polmonare, avvenuta a Los Angeles all’età di ottanta anni (il 1° luglio 2004). Su sua disposizione venne cremato e le ceneri disperse nella Death Valley e nell’amata Tahiti -scoperta durante la lavorazione de Gli ammutinati del Bounty – dove trascorse buona parte della sua vita.

Probabilmente l’interpretazione più vicina al suo intimo sentire è stata quella di Paul,  protagonista del più celebre film di Bernardo Bertolucci, Ultimo tango a Parigi, mentre si lascia andare ad un drammatico soliloquio dinanzi alla moglie morta.

La filmografia di Marlon Brando è ricca di incredibili successi: da Un tram chiamato desiderio, tratto dall’omonimo dramma di Tennessee Williams, a Fronte del porto, che lo consacrò divo; da La caccia, dramma sulla violenza razzista nel sud degli Stati Uniti, a Giulio Cesare, con la spettacolare interpretazione di Marco Antonio che commemora la morte di Cesare; da Il padrino (film di Francis Ford Coppola tratto dall’omonimo romanzo di Mario Puzo, che gli fece vincere il secondo Oscar), al super-cameo di Apocalypse now,  altro film di Coppola, in cui Brando interpreta il colonnello Kurtz, un disertore impazzito durante la guerra del Vietnam che il protagonista, il capitano Wilard (un intenso Martin Sheen), è incaricato di uccidere.

Quest’ultimo ruolo, il suo vero “canto del cigno, è stato recentemente riproposto da un canale televisivo proprio in omaggio al suo compleanno. Il colonnello Kurtz compare solo nella parte finale di Apocalypse now, ma – come già nel racconto di Joseph Conrad, Cuore di tenebra, a cui l’opera cinematografica è ispirata – ne è in realtà la chiave di volta: Kurtz è un uomo emblematico, forse impazzito a causa della guerra, pronto tuttavia a smascherare le ipocrisie di un mondo solo in apparenza civilizzato, che vorrebbe rifuggire dall’orrore di cui, in realtà, è il  principale protagonista.

Il film è il racconto di un viaggio che il capitano Wilard, al comando di uno squinternato plotone, effettua durante la guerra del Vietnam lungo il fiume Nung, alla ricerca di un colonnello degli Stati Uniti divenuto disertore e sul quale gira la voce che sia diventato una sorta di Re degli indigeni che vivono nella giungla, al confine con la Cambogia, dove pare abbia dato vita ad una sorta di culto depravato. Compito del capitano è di uccidere Kurtz e mettere fine a questo singolare regno.

Il viaggio, a tratti onirico a tratti psichedelico, è una sorta di discesa agli inferi, fisica e spirituale, attraverso gli orrori della guerra, metafora di un viaggio dentro la natura dell’uomo che la guerra ha prodotto e che da essa, al tempo stesso, è stata resa ancora più brutale e mostruosa.

Come già nel racconto di Conrad, il percorso si snoda lungo un fiume (là il fiume Congo, qui il fiume Nung) e l’esplorazione solo in apparenza tende alla scoperta del diverso, si tratti del Congo primordiale o della giungla vietnamita, mentre invece il cuore di tenebra in cui si trovano avviluppati i viaggiatori e che costituisce la vera meta del viaggio è tutt’altro, è la brutalità di quello stesso mondo civilizzato da cui essi  provengono, si tratti del colonialismo inglese o dell’imperialismo americano.

Il colonnello Kurtz, magistralmente interpretato da Marlon Brando, è un disertore che ha scelto di abbandonare l’esercito per esaltare se stesso, ammaliando i suoi soldati (con lui disertori) e gli indigeni, sui quali esercita un potere assoluto. Nella fotografia di Vittorio Storaro (premio Oscar) egli viene presentato quasi sempre in penombra, con tagli di luce che evidenziano la sua calvizie e solo parte del suo volto spettrale. Un uomo divenuto una sorta di semidio che, però, non è più in grado di distinguere il bene dal male; tanto da uccidere migliaia di persone in nome di una causa sconosciuta che altro non è se non la sua stessa alienazione. E che alla fine, forse consapevole della inutilità di quella vita, si lascia uccidere.

Un film epico, visionario e agghiacciante che costituisce un poderoso atto d’accusa contro la guerra del Vietnam e contro ogni guerra; perché la guerra, ogni guerra, altro non è che l’apoteosi dell’orrore: non a caso la parola che più ricorre nel film e che ne suggella la chiusura nell’ultima scena.

Un film che costituisce un’autentica opera d’arte, al di là dei premi e riconoscimenti ricevuti, perché in esso c’è tutto: la guerra e la follia, la tragedia e la storia, la bellezza e l’orrore. Il tutto sorretto da una colonna sonora straordinaria, in cui, oltre alla musica dei Doors, primeggia la Cavalcata delle valchirie di Wagner, a fare da epico contrappunto ai bombardamenti al napalm e alle raffiche di mitra dagli elicotteri, al comando dell’eccentrico colonnello Kilgore (uno straordinario Robert Duvall).

Di Apocalypse now ha scritto un critico: Il Vietnam è il teatro del fallimento di una nazione; i Doors e Wagner, il napalm e la bellezza, i bombardamenti e il surf, l’eroismo e la schiavitù: in una parola gli opposti si intrecciano dall’inizio alla fine, scuotendo lo spettatore e le sue certezze. E Marlon Brando immola la sua icona al progetto del regista, offrendo a Kurtz la statura di un personaggio leggendario”.

Mi pare un giudizio assolutamente condivisibile.

L’ultima considerazione riguarda la perdurante attualità di questo capolavoro della cinematografia mondiale, attestata dalle guerre attualmente in atto, in Ucraina e nel Medio Oriente. Esse ci dimostrano – se mai qualcuno ne avesse dubitato – che il personaggio di Kurtz è ancora drammaticamente presente nella nostra vita e nella nostra storia. Nelle dichiarazioni e nelle gesta dei tanti satrapi che governano il mondo e che, incuranti delle tragedie, delle rovine e delle morti, non appaiono neppure in grado di pronunciare la parola orrore.

Roberto TanisiMagistrato. Già presidente del Tribunale e della Corte d’Appello di Lecce

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