Cnel, una riforma per rafforzarne ruolo e autonomia. Renzi: “Raccolta firme per abolirlo”

Mentre il governo guarda alle riforme istituzionali dell’autonomia differenziata e del presidenzialismo, al Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro si tiene un convegno per dialogare sul rafforzare ruolo, competenze e autonomia del Cnel. Con Meloni che guarda ad Azione e Italia Viva per fare sintesi sul premierato, Renzi torna a chiedere l’abolizione del Cnel, presieduto da Brunetta

Riformare e trasformare il Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro, il Cnel, garantendo la terzietà e l’indipendenza dalla politica dell’organo consultivo e con potere di iniziativa legislativa.  È questa la sintesi degli interventi del convegno “Attualità della Costituzione 75 anni dopo: lavoro, economia e ruolo del Cnel”, promosso dal Centro Studi Tina Anselmi, dalla Fondazione Bruno Buozzi e dalla Fondazione Dioguardi, che si è svolto alcuni giorni fa a Roma nell’aula Plenaria Marco Biagi di Villa Lubin.

Le parole di Renato Brunetta, Presidente del Cnel

“La democraticità del sistema si misura sulla capacità di dare piena attuazione al dettato dell’articolo 1 della Costituzione: ‘L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro’. È, infatti, proprio il valore del lavoro che ci porta all’organizzazione economica e democratica della società. Tassi di occupazione differenti per genere, per classi di età o per aree geografiche costituiscono un elemento di squilibrio e fallimento, di ingiustizia e discriminazione”, ha detto Renato Brunetta, Presidente del Cnel, aprendo i lavori della tavola rotonda. “In tutte le economie di mercato ̶   ha spiegato Brunetta  ̶   il lavoro è una variabile dipendente dalla crescita; se un Paese non cresce non crea lavoro. È un tema di competitività, trasparenza, concorrenza dei mercati e sostenibilità economica. Dunque, se vogliamo essere orgogliosi e fieri dell’articolo 1 della nostra Costituzione, ci dobbiamo chiedere se siamo stati in grado di attuarlo in tutte le sue componenti”, ha aggiunto Brunetta, convinto che il Cnel è “il luogo dove ricomporre i conflitti in modo efficiente, dove fare sintesi delle opinioni delle parti sociali, di quelle economiche”.

 

Cnel, l'ex ministro Renato Brunetta nominato presidente dal Consiglio dei  ministri - Il Fatto Quotidiano

Renato Brunetta

 

L’ex ministro della Pubblica amministrazione del governo Draghi, nel chiedere di fermare la retorica e trovare giusti equilibri e compromessi per riformare il Cnel, in conclusione ha detto: “È possibile che in Italia si venga ammazzati se si è riformisti? Penso a Marco Biagi, Massimo D’Antona ed Ezio Tarantelli vittime di violenza orrenda e criminale. È possibile accettarlo? Non è un Paese normale quello che finisce per abituarsi a simili barbarie”.

 

Marco Biagi - Wikipedia

Marco Biagi

 

 

Mattarella ricorda Massimo D'Antona a 21 anni dall'omicidio

Massimo D’Antona

 

Abbiamo ancora bisogno di Ezio Tarantelli – Federazione Italiana  Metalmeccanici

Ezio Tarantelli

 

Una riforma che punti all’indipendenza del Cnel

Al convegno, oltre a Brunetta, sono intervenuti Domenico Marella, segretario generale di Confael, la Confederazione autonoma europea dei lavoratori; Gianfranco Dioguardi, presidente onorario della Federazione Dioguardi; Michele Marino, presidente del Centro studi Tina Anselmi; Antonio Felice Uricchio, presidente Anvur, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca; Alfonso Celotto, professore di Diritto Costituzionale all’Università Roma 3;  Giulio Prosperetti, giudice costituzionale; l’economista Stefano Zamagni;  Giampiero Proia, professore di Diritto del Lavoro all’Università Roma 3 e Giorgio Benvenuto, presidente della Fondazione Bruno Buozzi.

Secondo Marella è fondamentale rilanciare l’attività propositiva del Cnel: “L’organo deve assumere un ruolo indipendente rispetto alla politica”, ha detto il segretario generale di Confael, convinto che il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro “deve fornire degli indirizzi concreti per orientare l’azione di governo”. Dello stesso avviso è Marino, che ha chiesto “una riforma coraggiosa, in chiave moderna e esaustiva”. Secondo il presidente del Centro Studi Tina Anselmi, poi, “la riforma deve disciplinare i criteri di rappresentanza dei sindacati e delle maggiori associazioni di categoria; stabilire le responsabilità, gli obblighi e le incompatibilità dei componenti; determinare i requisiti formali che devono possedere Presidente, Vicepresidente e Consiglieri; e sancire lo status istituzionale, giuridico e economico del Presidente in modo da assimilarlo alle figure di Presidente degli altri organi di rilievo costituzionale”, ha concluso Marino.

La storia del Cnel, tra ritardi e tentativi di riforma e abolizione

Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, disciplinato dall’articolo 99 della Costituzione, insieme al Consiglio di Stato e alla Corte dei conti, entrambi disciplinati dall’articolo 100 della Carta costituzionale, è uno degli organi ausiliari di rilievo costituzionale. Introdotto nel 1948, con l’entrata in vigore della Costituzione, fu istituito, solo dieci anni dopo, con la legge numero 33 del 1957.

 

 

È l’organo di consulenza delle Camere e del Governo in materia di economia e lavoro. Marino, Celotto, e Prosperetti, nei loro interventi, hanno posto l’accento sui lavori dell’Assemblea costituente e più specificatamente di quelli preparatori delle Sottocommissioni Lavoro II e III che, come ha spiegato il presidente del Centro studi Tina Anselmi, “videro maggiormente impegnati i deputati Terracini, Fanfani e Di Vittorio, nonché Paratore, che mise a punto gli aspetti essenziali riguardanti la natura, la composizione e le attribuzioni dell’organo”. Tanti i riferimenti a Meuccio Ruini, primo presidente del Cnel, che, come sottolineato da Celotto, è il padre ideatore del Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro.

 

La modernizzazione dello Stato. Meuccio Ruini e «le riforme che si possono  far subito» (1909) - IRPA

Meuccio Ruini

 

Marino, invece, ha sottolineato che così come l’attuazione dell’articolo 95 della Costituzione dovette attendere 40 anni e otto mesi per vedere approvata la “disciplina dell’attività di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio”, con la legge numero 400 del 1988, “parimenti il Cnel ha trovato nella legge numero 936 del 1986 la propria disciplina sulla composizione, le attribuzioni e il funzionamento”.

Nel 1976, infatti, attraverso un “patto” non scritto tra la Confindustria, guidata da Guido Carli, e i vertici di Cgil, Cisl, Uil (Luciano Lama, Bruno Storti e Raffaele Vanni), sostenuto dal presidente del Consiglio Giulio Andreotti, si decise di rilanciare la funzione istituzionale del Cnel, anche attraverso modifiche della legge istitutiva, ritenuta perciò inadeguata alla piena esplicazione del suo ruolo.

L’organo, quindi, durante la lunga presidenza del democristiano Bruno Storti (in carica dal 1977 al 1989) dedicò grande spazio della sua attività alla elaborazione prima di un progetto di autoriforma e poi a seguire il lungo iter di approvazione da parte del Parlamento di quella che poi sarà la legge 936. Proprio perché una compiuta riforma manca da troppi anni, secondo Marino, “va, quindi, ripensato e rilanciato il ruolo istituzionale”, messo in discussione dal disegno di legge costituzionale Renzi-Boschi.

 

Ritratto dell'onorevole Bruno Storti - Archivio storico Istituto Luce

Bruno Storti

 

Renzi e la nuova richiesta di abolire il Cnel

Intanto, a sette anni dal referendum sulla riforma della Parte II della Costituzione (in cui si chiedeva tra le tante cose proprio l’abolizione del Cnel), bocciata dal 59% delle preferenze espresse, Matteo Renzi, presidente di Italia Viva, ha confermato nella sua e-news, di aver presentato una raccolta firme per  abolire il Cnel, “un’istituzione di cui  ̶  secondo il senatore toscano  ̶  non c’è bisogno, che costa agli italiani decine di milioni di euro ogni anno, che ha prodotto ben pochi risultati (tutt’al più pareri ed osservazioni e qualche proposta di legge, nessuna delle quali mai approvata in Parlamento) ma soprattutto che, resistendo da decenni a tutti i tentativi di riforma, diventa il simbolo della burocrazia che sconfigge la politica”.

 

Gabriele CrispoGiornalista

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