“È il caso di uscire dal circolo vizioso di un sistema che combatte con se stesso, invece di rimboccarsi le maniche a realizzare un progetto positivo.” Lo scrive il giornalista più serio e documentato sulle vicende dei piani finanziari europei in favore dell’Italia, Federico Fubini.
Questo autentico grido di dolore sulla realizzabilità e opportunità degli interventi per impiegare i soldi che l’Ue mette a disposizione dell’Italia deve essere accolto dai veri patrioti, se ne sono rimasti. I soldi europei sono da spendere in investimenti profittevoli (il forse dimenticato “debito buono” di Draghi!) per far crescere l’economia e modernizzare la nazione e così consentirle di ripagare i prestiti del Pnrr e di ridurre il debito pubblico pregresso.
Se questo è l’indirizzo politico, approvato dal Parlamento e concordato con l’Ue, non è accettabile la confusione e l’incertezza che dominano gli atti, le decisioni, le procedure indispensabili a raggiungere lo scopo, cioè l’approvazione dei progetti e l’erogazione dei sussidi e dei prestiti.
I partiti politici di maggioranza e di opposizione si comportano come se giocassero la coppa dei campioni, gli uni contro gli altri impegnati a prevalere ad ogni costo, anche con giocate sleali. Sembra che non abbiano capito niente della posta in gioco, che potrà essere conseguita soltanto con una vittoria comune.
Le opposizioni, sebbene con vari orientamenti specifici, sembrano soddisfatte della loro politica speciosa che mette più bastoni nelle ruote del governo di quanti gliene tolga.
La maggioranza governativa, nella superbia mal posta di voler fare tutto da sé, chiude le porte del dialogo. Non si lamenta e non spiega. Anzi, fa il Pangloss della situazione. È il circolo vizioso dell’autoesclusione dalle decisioni comuni, che invece devono essere al massimo inclusive perché ne va di mezzo l’avvenire del decennio in corso e forse del prossimo decennio.
La via d’uscita per scongiurare, se non il fallimento totale dell’Operazione Pnrr con annessi e connessi, almeno la dilapidazione parziale dell’investimento, consiste da un lato nella rinuncia dell’opposizione, tutta o parte, a contrastare il Governo per il gusto di farlo e l’amore della parte, e dall’altro nell’apertura della maggioranza alla partecipazione costruttiva delle minoranze.
Se davvero l’una e le altre fossero coscienti delle gravi difficoltà dell’impresa, dovrebbero mettere da parte ogni sciocca “posizione di ruolo” e concentrarsi nell’opera comune di “limae labor et mora”, il paziente lavoro di revisione del Pnrr prima di approvarlo definitivamente con un solenne larghissimo voto parlamentare che desse all’Europa la prova della fattiva concordia nazionale.
Da questa impostazione, sia che riesca, sia che non riesca l’Operazione Pnrr, almeno avremo evitato il disdoro della prevedibile critica sulla rissosità (capacità a parte) dei politici italiani davanti alle grandi prove della storia.
Pietro Di Muccio de Quattro