Benvenuto: Berlinguer, i comunisti, i rapporti con il sindacato

E Craxi, e le lotte a sinistra, e le leggende sulla cresita del debito pubblico, e come il Paese è cambiato

Giorgio Benvenuto è stato uno dei protagonisti del mondo sindacale italiano durante gli anni della cosiddetta Prima Repubblica. Nella veste di segretario generale della Uil, un sindacato nelle cui file c’erano una parte dei socialisti, poi socialdemocratici e repubblicani, ha avuto contatti, incontri, frequentazioni con i dirigenti politici dei partiti di sinistra, in particolare Bettino Craxi ed Enrico Berlinguer, del quale quest’anno ricorrono 40 anni dalla morte, da quando quel fatale 7 giugno, mentre teneva un comizio a Padova per le elezioni europee, all’improvviso si sentì male e quattro giorni dopo morì in ospedale. Sandro Pertini, allora presidente della Repubblica, che si trovava a Padova per ragioni di Stato, decise di portare a Roma sull’aereo presidenziale il feretro del segretario generale del Pci, prematuramente scomparso. “Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta”, disse Pertini che aveva fatto in tempo a entrare nella stanza d’ospedale per vedere Berlinguer e dargli un bacio sulla fronte.

Cosa pensa, Giorgio Benvenuto, sui rapporti tra Berlinguer e Craxi? Il segretario del PCI invece di salutare la novità del primo presidente del Consiglio socialista arrivò a definirlo un pericolo per la democrazia. Secondo Lei c’erano anche motivi caratteriali nei loro rapporti oppure no?

È una vicenda piena di contraddizioni. Le elezioni politiche dell 1983 furono anticipate. Formica riuscì a convincere sia Craxi sia Berlinguer, i quali si videro alle Frattocchie (sede della scuola di partito, alle porte di Roma, NdR), per concordare il via alle elezioni anticipate. Poi la doccia fredda. Ci furono dichiarazioni di Berlinguer in crescendo per dare un parere negativo su Craxi, quando ci fu l’incarico (come presidente del Consiglio). Berlinguer arrivò a dire che Craxi era un pericolo per la democrazia.

Al congresso del Pci del ’72 Berlinguer aveva detto: non sarò né Togliatti né Longo?

Infatti non fu togliattiano. Voglio ricordare il passato, il 1963. Come sappiamo, Togliatti non vide bene il centrosinistra. Incontrò Nenni e gli disse: “Ti faccio i miei auguri e ti invidio, perché tu farai politica e io dovrò continuare a fare propaganda”.  Ma voglio ricordare una cosa importante.

Prego…

Particolarmente significativa una intervista di Ezio Tarantelli del 31 marzo 1975. Tarantelli sosteneva il progetto di una unità tra forze socialiste europee e forze euro-comuniste per il rilancio dell’occupazione. “Questo era stata – diceva Tarantelli – una intuizione geniale dell’eurocomunismo. Ma per questo grande progetto c’è bisogno, oggi come non mai, di un partito comunista nuovo, capace di cambiare pelle, anche sul tema centrale della politica dei redditi. Un partito comunista italiano capace di predeterminare o programmare responsabilmente le aspettative e l’inflazione come hanno ormai fatto tutti i paesi europei”. Un saggio consiglio, purtroppo né Berlinguer né i suoi successori hanno avuto il coraggio di farlo.

Berlinguer era antisocialista?

Secondo me Tonino Tatò era molto più antisocialista di Berlinguer stesso. Tu sai che è uscito quel suo libro Caro Berlinguer che riportava i suoi appunti, le sue lettere e i suoi giudizi piuttosto pesanti. Mi ricordo anche un libro uscito all’inizio degli anni Ottanta, il titolo era “Ottobre Addio”. Viaggio tra i comunisti italiani, autore Giampaolo Pansa. C’era una serie di profili dedicati a personaggi del Partito Comunista e nella sezione dedicata a Tatò c’erano alcuni particolari e giudizi non sempre positivi.

Lei quando l’ha conosciuto Berlinguer?

Io l’ho conosciuto da ragazzo, perché lui era il vicesegretario regionale del PCI in Sardegna. Il padre di Berlinguer era stato nel Partito Sardo d’Azione, poi era stato eletto nel Partito Socialista. Enrico Berlinguer aveva avuto l’incarico di favorire il piano di rinascita della Sardegna. Io ero alle prime armi nella UIL, che mi aveva mandato in Sardegna per vedere di organizzare nelle scuole una serie di iniziative anche con la CISL e con la CGIL per propagandare il piano di rinascita della Sardegna. L’Isola allora veniva considerata una sorta di prigione a cielo aperto, (quando tu facevi un guaio si diceva: ti trasferisco in Sardegna!). E allora lo conobbi. Mi avevano detto di rivolgermi a lui, e parlandogli avevo avuto l’impressione di una persona molto rigida, poco amante del parlare di sé stesso, com’erano del resto molto i comunisti. Io poi sapevo i suoi precedenti, lui da ragazzo era andato in carcere per un mese perché come segretario dei giovani aveva assaltato i forni per dare da mangiare alle persone. Lui mi disse: è bella questa idea. Facciamola. Dobbiamo far partecipare tutti. Mi dette l’impressione di uno che non era un comunista settario. Molti anni dopo io ero segretario dei metalmeccanici e dovetti fare il discorso di chiusura alla conferenza che costituì la FLM a Genova nel 1972. Qualche volta i sindacalisti sono un po’ demagoghi e in quei giorni noi decidemmo di costituire la FLM, di organizzare la manifestazione a Reggio Calabria e avanzammo le richieste per il rinnovo dei contratti sull’orario e sul salario, proponemmo le 150 ore. Ci attaccarono, stampa, imprenditori e i parlamentari della destra e in gran parte della DC. Io replicai: “Ci fanno queste critiche e poi sono silenti sul fatto che i deputati si sono aumentati del 30% lo stipendio portandolo al livello dei magistrati”. Berlinguer mi telefona il giorno dopo e mi dice “Giorgio, ma come ti è saltato in testa di attaccare il Parlamento: lo sai che l’anti-parlamentarismo ha fatto nascere il fascismo?” Aveva ragione. Quando nel 1976 sono stato eletto segretario generale della UIL; sono diventato “antipatico” ai comunisti perché loro avevano un buon rapporto con Raffaele Vanni (repubblicano, segretario generale della UIL dal 1969 al 1976). Di me dissero che ero legato a Craxi.

Era vero?

Craxi non interferiva nella vita sindacale, lui ci considerava delle persone un po’ troppo schematiche, un po’ troppo legate ai particolari, parlavamo un gergo difficile: il sindacalese. A lui piacevano le cose che si risolvevano rapidamente. Mi trovavo spesso d’accordo con lui. Molti pensavano che io parlassi continuamente con Craxi, ma non era necessario, noi avevamo le stesse idee sul sociale. Ora ti dico una cosa particolare

Sentiamo…

Ti ricordi quando ci fu il “caso della zanzara” a Milano? I giovani studenti del “Liceo Parini” erano stati incriminati per aver parlato di sesso nel loro giornale scolastico. Allora – era il 1966 – c’era il congresso nazionale della UILM. Craxi venne a sentirci, io l’ho conosciuto in quella occasione. A quei tempi la UIL era socialdemocratica perché c’era una norma statutaria per cui se tu eri socialista dovevi iscriverti alla CGIL, io ero socialdemocratico. Craxi, che era il segretario provinciale del partito socialista, venne a parlare al congresso UILM e mi fece un’ottima impressione. Ero il nuovo segretario organizzativo, andai a pranzo con lui e parlammo dei giovani della “zanzara” e mi illustrò le posizioni prese dal partito perché i magistrati avevano preso delle decisioni incredibili, quasi medioevali. Come ricorderai, quei ragazzi sul giornale “La zanzara” avevano parlato della pillola e dei rapporti sessuali ma non in termini volgari; i magistrati li avevano interrogati, fatti spogliare per vedere se nascondevano delle carte, li avevano perquisiti in quel modo. Questa era l’Italia di allora. Non ho dimenticato che pochi anni prima il vescovo di Prato aveva definito dal pulpito pubblici concubini marito e moglie che si erano sposati solo in comune.

Craxi profetico, quando Lei fu indicato per guidare il Psi

Craxi seguiva molto i giovani. Nel ’66 lui aveva 32 anni ed io ne avevo 28. Ricordo sempre che quando nel 1993 mi hanno indicato per andare a fare il segretario del partito andai a parlare con lui. Mi disse: “Giorgio tu non sei adatto perché sei un sindacalista, e poi non c’è niente da fare, il partito è identificato in me, se cado io cade il partito e ti dico di più: poi sarà il turno degli altri partiti e cadranno anche i democristiani e i comunisti. Però se tu pensi di potercela fare io una mano te la do”. Ci fu una candidatura alternativa alla mia di Spini e lui si mise al telefono, chiamò e convinse vari compagni. Lui era molto rispettoso, anche se io scherzando dicevo che non bisognava chiedere consigli a Craxi sennò lui ti dava degli ordini. Del resto era venuto alla UIL ai congressi ma sempre con un grande rispetto per il sindacato che non era comune agli altri segretari dei partiti.

Quando Lei eri segretario, la situazione del PSI qual era? Era ancora salvabile?

No. E sai per quale motivo? Perché nel Partito Socialista a un certo punto la gente ha avuto paura. Tu potevi non sapere certe cose, ma i dirigenti socialisti si sentivano sulla zattera della medusa, sono finiti per mangiarsi tra di loro. Io mi sono trovato con alcuni, li chiamo ancora compagni: capisco il loro stato d’animo. Alcuni arrivarono a denunciare gli altri o addirittura Craxi per salvarsi. Era venuto meno ogni legame… Anche le persone che aveva accanto, lui non lo hanno sempre saputo difendere. So che a volte non c’era solidarietà. Io sono andato in giro, ho visitato molte realtà ma tutti avevano paura. Io penso che sia stato gravissimo errore quello di non mantenere la compattezza del Partito, anche se tu vedevi che si sfilacciava. È stato un peccato. Se io penso invece ai comunisti, devo dire che non si sono accusati tra di loro, si sono difesi anche se oggi, quando vedo i diari dei vari esponenti del partito e leggo quello che si dicevano tra di loro, mi domando come potevano andare d’accordo.

E la situazione economica del partito? Com’era nel 1993?

La situazione economica del partito era impossibile. Il partito non aveva nemmeno una lira in cassa; aveva debiti incredibili, di miliardi di lire. C’erano dei soldi in alcuni conti esteri. Craxi disse sia a me che a Del Turco che poi mi ha sostituito: ma perché non li fate rientrare? E io chiesi: da chi vengono? Lo sapeva il tesoriere del Psi, Vincenzo Balzamo. Ma era morto. Io mi rifiutai di averli. E dopo poche settimane mi dimisi.

Cosa pensa della vulgata secondo cui con Craxi sarebbe aumentato il debito pubblico?

Va smantellata l’accusa fatta a Craxi di aver aumentato la spesa pubblica dal 70% al 90%. “Un falso storico! Funzionale alla distruzione sistematica dei governi a guida socialista e di Craxi in particolare. Come molti studi successivi hanno dimostrato con dovizia di particolari e per questo ignorati dai media “mainstream”, si tratta di una leggenda manipolata ad arte.

Allora qual è la verità? Dov’è la vera causa del lievitare del debito pubblico negli Anni ’80?

Beniamino Andreatta

La vera causa, che tra il 1981 e il 1992 porta il debito italiano dal 60 al 120%, è stata la decisione assunta, fuori dal controllo del Parlamento, dal ministro del Tesoro dell’epoca, Beniamino Andreatta, e dal governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, durante il governo Spadolini, e che entrò in vigore con l’asta dei BOT del luglio 1981. Fino ad allora, la Banca d’Italia rappresentava il “paracadute” di ultima istanza dei BOT rimasti invenduti sui mercati. In pratica fungeva da calmieratore degli interessi. Venuta meno questa funzione, il Tesoro doveva offrire interessi sempre più alti ai risparmiatori e agli Istituti internazionali se voleva che l’asta avesse successo.

Successe così che gli alti rendimenti (a un certo punto raggiunsero il 20%), spingessero banche e risparmiatori a sostituire i tradizionali depositi con titoli pubblici dello Stato italiano e indussero gli imprenditori ad investire, anziché nelle loro imprese, in titoli di Stato che davano rendimenti rapidi, molto convenienti e sicuri. Ovviamente chi più soldi aveva più investiva, il risultato fu un colossale trasferimento di ricchezza dai contribuenti al mondo finanziario. Né Andreatta e neanche Ciampi hanno mai spiegato il perché di quella decisione assunta autocraticamente senza nessuna discussione in Parlamento Poi la memoria corta degli italiani e i giornali hanno trovato il capro espiatorio in Bettino Craxi e il falso è diventato vero. Penso che l’aver governato bene per quei quattro anni sia stata la cosa meglio riuscita Craxi. Sono stati affrontati molti problemi.

 

Gianluca RuotoloAvvocato, collaboratore di Beemagazine

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