Stellantis, Uliano (Fim-Cisl): italianità? La vera questione è tutelare lavoro e industria dell’auto

Giornalismo in crisi, talora "di servizio" più che al servizio della democrazia. Elkann ha voce in capitolo su decisioni di vitale importanza per il Gruppo e deve essere consultato insieme al ceo Carlos Tavares

Dopo la voce di politici, parlamentari, economisti, ex dirigenti sindacali, ascoltiamo il punto di vista del segretario generale della federazione metalmeccanici della Cisl, Ferdinando Uliano. Cosa è cambiato in FCA dai tempi di Marchionne?  

Segretario generale Uliano, che cosa è cambiato in FCA dai tempi di Marchionne?

Con la fusione con il gruppo PSA nel gennaio del 2021, il nuovo Gruppo Stellantis, è diventato il 5° produttore di veicoli al mondo, allargando la rete commerciale e i brand. La governance del gruppo è in mano agli uomini di Tavares che hanno continuato l’opera già in corso in Psa e Opel, di riduzione dei costi, di efficientamento degli stabilimenti e integrazioni delle funzioni con tensioni anche con le nostre rappresentanze sindacali. Il gruppo si sta preparando ai cambiamenti che stanno attraversando il settore automotive, soprattutto in Europa dove sono cambiate molte cose. Le nuove politiche green europee e lo stop delle motorizzazioni endotermiche a favore dei soli veicoli elettrici entro il 2030, ha nei fatti messo sotto pressione il settore soprattutto in Italia, dove i governi si sono mossi molto in ritardo per sostenere la transizione green del settore e la filiera dell’automotive.

Torino è ancora l’headquarter FCA? E qual è il quartier generale Stellantis?

 Stellantis, come dicevo, è oggi una realtà multinazionale, è policentrica, in questa nuova dimensione pensare a Torino come eravamo abituati ai tempi degli Agnelli non ha più senso storico. Oggi Torino e l’Italia, nel Gruppo Stellantis rappresentano sicuramente una delle tre realtà, insieme alla Francia e gli States, più importanti del Gruppo. È fondamentale per le sue capacità e competenze, ma Stellantis ha oggi ha una dimensione globale necessarie per sopravvivere in un settore ad alta concentrazione di capitali.

La progettazione dei nuovi modelli è in Italia o Francia?   

Oggi Stellantis, come fanno ormai tutte le case automobilistiche, per ridurre i costi lavora su piattaforme modulari unificate sulle quali poi vengono allestite le carrozzerie dei vari modelli e brand. Per questo, anche in questo caso bisogna uscire dalla logica di produzione del secolo scorso dove c’era una pluralità di piattaforme diversificate su più modelli che venivano costruiti in loco. Questo da una parte ha il vantaggio di ridurre i costi, aumentare l’efficienza, dall’altra standardizza molti componenti mantenendo alcuni elementi distintivi sui diversi brand. Oggi molti modelli di auto condividono le stesse piattaforme pur avendo nomi differenti. Ma questo non vale solo per Stellantis, vale per Audi, BMW, Toyota, Ford ecc..

Oggi la progettazione delle piattaforme è un lavoro che coinvolge più team a livello internazionale, con assegnazioni specifiche di sviluppo assegnate ai singoli Paesi.  In Italia e in particolare nel polo di Torino rimane il centro di competenza globale dei componenti plastici per interni ed esterni e per la dinamica del veicolo nonché polo del lusso e sportivo dei progetti per Alfa, Maserati, il centro di sviluppo dei grandi veicoli commerciali. Rimane la necessità di presidiare la ricerca e progettazioni cercando di ottenere progetti di sviluppo nel nostro Paese.

Cosa pensa della vicenda delle 100 mila copie dell’inserto Affari e Finanza mandate al macero da Repubblica per (presunte) proteste  da parte francese per un articolo che segnalava uno squilibrio di potere e decisionale tra il coé italiano e il coté francese, a tutto vantaggio della Francia?  

Ricordo all’epoca dell’accordo di Pomigliano, quando gli equilibri all’interno del giornale e la proprietà erano altri, “la Repubblica” non mancava occasione per attaccare la Fiat, Marchionne e i sindacati, compresa la FIM, che all’epoca firmarono gli accordi che permisero di salvare l’industria dell’auto del nostro Paese. Oggi le cose sono cambiate. Il giornalismo italiano, più dell’industria dell’auto, sta vivendo una crisi profonda. Il calo delle vendite sono la punta dell’Iceberg .  Il caso di qualche settimana fa che lei ricorda, dove il direttore Molinari è stato sfiduciato dai suoi giornalisti rispetto alla decisione di sostituire l’apertura del supplemento A&F dedicato ai rapporti di affari tra Francia e Italia, compresi quelli di Stellantis e di John Elkann, editore de “la Repubblica” fanno il paio con la crisi di cui dicevo dove un giornalismo al servizio,- e non è solo in caso de “la Repubblica”,  più che di servizio alla democrazia e alla libertà di stampa, ha preso più che mai piede e questo non è un bene.

Il governo italiano sta tutelando l’italianità di Fiat e FCA? I posti di lavoro degli stabilimenti italiani sono a rischio? 

 Personalmente ritengo la discussione sull’”italianità” poco utile alla vera questione che è quella di tutela dei posti di lavoro e l’industria dell’auto nel nostro Paese. Sollevare come è successo con la nuova Alfa Milano un polverone sull’italianità, pur comprendendo le ragioni, alla fine non ha fatto vincere nessuno, certe cose andrebbero gestite in altro modo da una parte e dall’altra. Oggi in Italia si producono marchi Jeep e Dodge e tra poco DS, che dovremmo fare, dire no! Qui in Italia si producono solo marchi Italiani? A mio avviso bisogna uscire da questa logica provinciale e piuttosto lavorare per mantenere in primo luogo posti di lavoro e produzioni in Italia, questo si fa investendo sfruttando la presenza di 14 marchi e sostenendo l’intera filiera del settore. I 6 mld del fondo automotive da investire da qui al 2030 oggi sono in gran parte destinati per sostenere l’acquisto di nuovi veicoli, indistintamente da dove questi sono prodotti,  servirebbe  orientarli se non è possibile vincolarli, almeno in parte  a garanzia della produzione negli stabilimenti italiani, nella ricerca e sviluppo e a supporto dell’intera filiera della componentistica che in vista della transizione green è quella che subirà il maggiore impatto in termini di posti di lavoro. Ma anche nella riduzione del costo dell’energia, vero tendine di Achille di tutta l’industria italiana e nelle infrastrutture a partire da quelle logistiche. Dovremo puntare sempre di più a produrre in Italia ed esportare all’estero, oltre oceano come è successo con le auto di Melfi e la Dodge prodotta nello stabilimento campano.

Pensa che il governo italiano debba chiedere impegni precisi agli Elkann? Quali? Perché John Elkann, che vive a Torino, appare così disinteressato alla tutela del management italiano e delle produzioni in Italia? 

 John Elkann, ha per conto della famiglia Agnelli, il controllo relativo del Gruppo Stellantis e grazie anche al regolamento del board su alcune questioni strategiche di grande importanza deve essere  consultato assieme al ceo Carlos Tavares. Elkann quindi, ha voce in capitolo su decisioni di vitale importanza per il futuro del gruppo, dalla pianificazione finanziaria e strategica a lungo termine alle operazioni di fusione e acquisizione passando anche per nomine, pianificazione di successione e remunerazione. Dovrebbe spendere qualche parola in più su Torino e sull’Italia? Si, lo abbiamo anche detto nella recente manifestazione a Torino, chiediamo più impegno a partire dallo Stabilimento di Mirafiori quello più in sofferenza.

Cosa pensa del cambio dell’Alfa Romeo da Milano a Junior, dopo che il ministro Urso aveva definito illegale chiamare Milano un’auto che viene prodotta in Polonia, con seguente commento dell’a.s. Jean-Philippe Imparato: noi non facciamo polemiche, pensiamo agli affari.

 Personalmente avrei preferito che la piccola Alfa Romeo venisse costruita a Mirafiori dove si faceva la precedente MI.TO, l’Alfa Romeo è un brand storico, un mito per gli amanti delle auto, un brand sul piano commerciale fortemente italiano.  Capisco anche le ragioni legate al contrasto all’italian sounding poste dal governo e tutelate per legge ma ripeto, questa vicenda è per certi versi assurda, andava gestita in altro modo. Ho quasi la sensazione che Governo e Stellantis non parlino, se non per fare polemiche, eppure di occasioni per farlo, con le decine di tavoli che si stanno per mettere appunto un accordo facendo ce ne sono. Siccome in ballo ci sono posti di lavoro servirebbe maggiore attenzione. Il governo dovrebbe lavorare per ridurre i costi dell’energia e rendere più efficienti le infrastrutture a partire da quelle logistiche elementi non di poco conto rispetto alla scelta di allocazione dei modelli e l’azienda anticipare il lancio di nuovi modelli compresi quelli Alfa Romeo.

Che cosa è cambiato per il Mezzogiorno dopo il cambio degli assetti societari in FCA – Stellantis e della politica industriale? 

 Nella sostanza poco, la quasi totalità dei plani produttivi in Italia sono allocati nel Mezzogiorno del Paese: Sevel dove si producono i furgoni per tutto il Gruppo Stellantis è in Abruzzo, Cassino dove si produce l’Alfa Giulia, la Stelvio e la Maserati Grecale è nel Lazio, Pomigliano dove si producono Panda, Hornet Dodge e Alfa Tonale sono in Campania e infine Melfi in Basilicata dove si producono i marchi Jeep e 500X. Attualmente per questi siti abbiamo avuto conferme rispetto alla prossime produzioni per il sito di Melfi dove sono stati allocati 5 nuovi modelli tutti elettrificati, qui il problema principale è legato all’indotto che ruota tutto intono al sito Stellantis e che con l’elettrificazione rischia di perdere un numero consistente di imprese e lavoro a causa della riduzione di componenti, circa il 40% in meno di un auto a motore endotermico.  Su Pomigliano continua la produzione della Panda e da qualche settimana lanciata anche la produzione della nuova “ Pandina” fino al 2030 , Sevel mantiene la leadership della produzione di veicoli commerciali nel Gruppo.  Su Cassino oltre alla produzione di Grecale e le assegnazioni dei prossimi nuovi modelli di Stelvio e Giulia, ci aspettiamo di sapere quando avverrà il lancio dei nuovi modelli sulla piattaforma Large necessaria a saturare l’impianto. È certamente poi importante l’investimento su Termoli per la Gigafactory.

Mario Nanni – Direttore editoriale

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