Sulla fine di un’epoca – quella degli Agnelli, di quella che fu la Fiat, poi diventata Fca, poi inglobata in Stellantis – sulla politica industriale, gli scenari internazionali, la posizione del governo, abbiamo intervistato Maurizio Gasparri, già ministro, vicepresidente del Senato e ora presidente del Gruppo dei senatori di Forza Italia. Vedremo che Gasparri, con la sua nota franchezza, non le manda a dire.
Presidente Gasparri, che cosa è cambiato in FCA dai tempi di Marchionne?
Mi pare che molto sia cambiato. Anche il nome non è più lo stesso, è un’altra realtà. E mi pare di capire che lentamente la presenza dell’Italia si vada riducendo. È un problema che ha aperto un dibattito sulla prospettiva della produzione automobilistica tradizionalmente importante per l’Italia ed ora è messa a dura prova da questa globalizzazione, che ha però la testa e il cervello altrove.
Torino è ancora l’headquarter FCA? E qual è il quartier generale Stellantis?
Mi pare chiaramente che il quartier generale non sia in Italia e che le decisioni vengano prese altrove, per ora in Francia ma poi un domani chi lo sa?
Era un processo previsto e prevedibile, quello di un consolidamento dell’industria automobilistica che non poteva avere così tanti produttori. Ma è triste vedere come l’Italia rischi la marginalità, in questo processo di globalizzazione.
La progettazione dei nuovi modelli è in Italia o Francia?
La sensazione è che il cervello e tutte le scelte fondamentali siano collocate in Francia ma certamente bisognerà capire le prospettive future e quale ruolo debba avere la presenza italiana, che oggi appare indebolita
Cosa pensa della vicenda delle 100 mila copie dell’inserto Affari e Finanza mandate al macero da Repubblica per (presunte) proteste da parte francese per un articolo che segnalava uno squilibrio di potere e decisionale tra il coté italiano e il coté francese, a tutto vantaggio della Francia?
Repubblica si vanta tanto di essere libera e indipendente ma prima ha assecondato gli interessi di De Benedetti e ora ha subito gli interessi degli attuali editori. La cosa mi sembra abbastanza clamorosa, perché pare che siano state proprio bloccate le rotative o mandate al macero delle copie. Quindi è una cosa che fa capire che anche quelli che si dicono iper liberi hanno un padrone che a un certo punto interviene.
Il governo italiano sta tutelando l’italianità di Fiat e FCA? I posti di lavoro degli stabilimenti italiani sono a rischio?
I rischi ci sono, però il governo sta agendo, intervenendo, si sta facendo sentire. Mi auguro che quest’azione si riveli proficua.
Pensa che il governo italiano debba chiedere impegni precisi agli Elkann? Quali? Perché John Elkann, che vive a Torino, appare così disinteressato alla tutela del management italiano e delle produzioni in Italia?
Agnelli veniva ammirato ma anche criticato, parlo del mitico Gianni. Poi ci sono stati altri esponenti della famiglia che per tempi più brevi hanno svolto una funzione di guida. Oggi la proprietà appare assolutamente marginale dentro i processi decisionali che attraversano quella che un tempo fu in Italia e per l’Italia la Fiat. Non so dare un giudizio su John Elkann e su un suo presunto disinteresse. Credo che ci sia un indebolimento generale della reputazione e una riduzione del valore e del peso decisionale dei discendenti della famiglia Agnelli, che per altro hanno un altro nome, Elkann.
Cosa pensa del cambio dell’Alfa Romeo da Milano a Junior, dopo che il ministro Urso aveva definito illegale chiamare Milano un’auto che viene prodotta in Polonia, con seguente commento dell’a.d. Jean-Philippe Imparato: noi non facciamo polemiche, pensiamo agli affari?
Guardo più alla sostanza che ai nomi delle automobili, anche se è un paradosso vedere auto con nomi italiani prodotte altrove. Però credo che questo sia un dettaglio rispetto a uno scenario più ampio e generale che è molto preoccupante.
Che cosa è cambiato per il Mezzogiorno dopo il cambio degli assetti societari in FCA – Stellantis e della politica industriale
Bisogna tutelare le presenze che ci sono in Basilicata, nel Lazio meridionale. Ci sono presenze storiche di quella che fu la Fiat che vanno salvaguardate anche perché alcune, penso allo stabilimento di Melfi, hanno una storia molto moderna, anche capace quindi di rapportarsi a produttori che hanno una dislocazione diversa delle varie fasi della loro attività.
Mario Nanni – Direttore editoriale