Tra diplomazia e realtà: quale logica?

A proposito dell’azione diplomatica vaticana per la guerra russo-ucraina

Nei giorni scorsi si è fatto un gran parlare delle diplomazia vaticana in relazione alle iniziative della Santa Sede in Ucraina e Russia. La ricerca della pace per una guerra che miete vittime senza distinzione, che comporta la distruzione di vite e di beni innumerevoli e sconvolge le relazioni internazionali, è da oltre un anno sotto gli occhi di tutti. Gli osservatori e i media ricercano e pubblicano storie ed eventi che hanno una enorme carica di drammaticità.

 

Papa Francesco

 

Non passa poi giorno in cui Papa Francesco non lanci appelli per la pace e chieda preghiere. Ora ha messo in moto un processo chiamando in causa un ecclesiastico stimato e altissimo nel suo servizio ecclesiale in Italia, il Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI.

 

Cardinale Matteo Maria Zuppi

 

Nella bizzarria dei commenti c’è chi intravede una emarginazione della diplomazia tradizionale vaticana, gestita dalla Segreteria di Stato. È così?

La storia della diplomazia pontificia è tra le più ricche ed antiche.  Ma non è qui il caso di parlarne. Ci sono volumi di valore in merito. Vorrei, invece, brevemente rievocare il periodo conciliare, allorché alcuni Padri la chiamarono in causa con accenti critici, specialmente riguardo al suo ruolo presso gli Stati.  Paolo VI non se ne ebbe, ma non lasciò cadere del tutto la questione. Anzi vi ritornò poco prima del Sinodo straordinario dei Vescovi del 1969: era il settimo anniversario del suo pontificato e il Concilio si era chiuso quattro anni prima.

In forma di motu proprio (cioè per iniziativa personale), pubblicò la Lettera Apostolica Sollicitudo omnium Ecclesiarum (La sollecitudine di tutte le Chiese) circa l’ufficio dei Rappresentanti Pontifici del Romano Pontefice. Un documento valido ancora oggi e che è alla base della formazione di quanti si accostano al servizio diplomatico della Santa Sede.  Paolo VI gli diede un taglio realmente ecclesiologico, non senza richiami spirituali e, metodologicamente di apertura al dialogo e al rispetto per ogni cultura, popolo e situazione politica.

Con esso, disse di voler portare a compimento le aspettative conciliari, indicando due funzioni della diplomazia pontificia: rendersi partecipi della vita dei popoli e delle loro Chiese e, al tempo stesso, conoscerne meglio le necessità e le aspirazioni; due moti in contemporanea: uno centripeto e l’altro centrifugo. Sottolineò, poi, che le finalità della Chiesa rispetto allo Stato sono di ordine diverso e autonomo, ma tornano a beneficio di un soggetto comune.  In ciò è l’ordinarietà del servizio diplomatico della Sede Apostolica.

Ma questo non preclude altre forme straordinarie, come potrebbe dirsi quella affidata al card. Zuppi e in precedenza da Giovanni Paolo II, ad esempio, al cardinale Etchegaray (nelle guerre tra Iraq e Iran per la liberazione dei prigionieri e nel 2003 per incontrare Saddam Hussein).

 

Cardinale Etchegaray

 

La pace non è un gioco di magia. Si costruisce con gesti e iniziative, anzitutto umanitarie (scambio di prigionieri, sostegno alle popolazioni inermi e vittime dei conflitti, rispetto dei diritti umanitari, ecc.). Qui c’è un largo campo per la Santa Sede. Ma anche nel suggerire ipotesi realistiche che, nella durezza della guerra, quando la logica della pace non sembra avere spazio, ne favoriscano il cammino.  Se manca il contributo internazionale, però nulla è possibile.

Esiste oggi, oltre la dialettica delle armi che parlano con i loro effetti micidiali, una alternativa? È possibile andare oltre questa logica e questa dialettica, mentre si incancrenisce il male nelle sue forme più deleterie e atroci? Rivendicare ragioni e torti, passati e recenti, conoscerne l’entità è utile e necessario; ma non bisogna anche uscire da questo stallo?

L’Italia conobbe con l’Europa tutta il dramma della prima guerra mondiale, carica di rivendicazioni territoriali e politiche che lasciarono sui campi di battaglia 35 milioni di morti e feriti (un mio nonno per tutta la vita si tenne una scheggia di proiettile tra il cuore e il polmone).

Una riflessione si impone a tutti sull’attuale stallo: l’Europa e l’Occidente in primis, che rivendicano un alto grado di civiltà – ma non di meno gli stessi Paesi belligeranti che pure hanno in sé la medesima radice cristiano-culturale – non possono esonerarsene e devono procedere senza titubanze in modo concertato e senza strategie da superpotenze muscolose.

 

Cardinale Filoni

 

 

Fernando cardinale FiloniGran Maestro dell’Ordine equestre dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Diplomatico di lunga esperienza in varie zone di guerra, già Sostituto alla Segreteria di Stato e poi Prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli

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