Bertrand Russell, ritratto di un grande pacifista moderno

150 anni fa la nascita del filosofo

Per lui dio, patria e famiglia erano disvalori da scriversi con la lettera minuscola. Centocinquant’anni fa, nel 1872, nasce a Trellech, nel Galles, Bertrand Russell, una delle figure di pensatore e utopista più rappresentative dell’età moderna, ideale anello di congiunzione tra le concezioni positiviste di fine Ottocento e l’epoca contemporanea.

Ingegno precocissimo, Russell – morto in un’altra località del Galles dal nome per noi impronunciabile, Penrhyndeudraeth, nel 1970 – ebbe un’importante attività pubblicistica dai 15 ai 98 anni. Quasi un secolo, in cui il mondo passa dalla maturazione evolutiva della rivoluzione industriale nata nel Settecento, alla evoluzione tecnologica che permise al primo astronauta di calpestare il suolo lunare.

Difficile sintetizzare e, per così dire, gerarchizzare le attività di chi applicò la sua formidabile intelligenza a campi complessi e molto diversi tra loro come filosofia, logica, matematica, psicolinguistica, critica sociale, economia, politica; e tutto senza mai dedicarsi solo alla pura speculazione ma svolgendo una intensa attività di attivista non meno che di divulgatore.

Tuttavia, in una gamma di passioni e competenze così variegate, credo che a voler scegliere una unica tipizzazione di questa singolare personalità si possa ricordare quella del pacifista. Ciò, sia perché a un non specialista in alcuno dei suoi campi di interesse come sono io che ne scrivo è più agevole trattare Russell come intellettuale impegnato socio-politicamente che non, per esempio, come matematico, sia perché in questa fase così critica per i rapporti tra nazioni, in una Europa in cui è in corso una guerra potenzialmente a rischio per la sorte planetaria non può non venire in mente quella figura magra ed elegante, dallo sguardo ironico e insieme acuto, che era uno dei grandi maître à penser del suo tempo e che troppo presto, secondo me, è stato dimenticato come figura pubblica.

In primis dal suo Paese, che appena dodici anni dopo la sua morte non ebbe esitazione a impegnarsi in un conflitto contro una nazione dal regime sì canaglia, l’Argentina, ma la cui popolazione, ormai allo stremo, stava comunque liberandosi, per implosione, della dittatura.

Mi chiedo che cosa avrebbe detto il grande filosofo pacifista se avesse saputo della guerra nelle Falkland-Malvine; e che cosa direbbe oggi di fronte alla invasione dell’Ucraina e allo scempio della sua gente da parte della Russia.

Bertrand Arthur William Russell viene al mondo durante la fase di massima espansione economica e coloniale della Gran Bretagna, al culmine dell’età vittoriana. La sua è una delle famiglie aristocratiche più in vista del Regno Unito, le cui origini si fanno risalire al XII secolo. I suoi antenati, tra ascendenze dirette e incroci matrimoniali, erano imparentati con John of Lancaster, Reggente di Francia e Inghilterra al tempo di re Enrico VI.

Il nonno paterno era stato Primo ministro, uno zio Governatore generale del Canada e poi Viceré delle Indie. Da parte materna, alcuni suoi avi erano riconducibili a Carlo II e Giacomo II Stuart, mentre una cugina di secondo grado sarebbe divenuta moglie di Winston Churchill; un altro cugino, Angus Ogilvy, avrebbe sposato Alexandra di Kent, cugina della regina Elisabetta II.

Più che un albero genealogico quello di Bertrand Russell è una foresta, irta di blasoni, cuspidi di corone, sormontate da palle e stemmi gentilizi. Ma l’essere ben nato non gli porta fortuna. A due anni appena quel bambino così precoce e sensibile perde la madre; a quattro resta orfano anche del padre e va a vivere con i nonni paterni John e Frances, dai quali riceve una educazione anche religiosa molto rigida.

Comprensibilmente, è molto infelice: “‘Stanco della terra e carico dei miei peccati’ – scriverà in una nota autobiografica – era il titolo del mio salmo biblico preferito”. A cinque anni, immaginando che avrebbe potuto vivere sino a 70 anni, gli sembrava che se la quattordicesima parte della sua esistenza già gli era stata così pesante, forse sarebbe stato meglio non esistere.

Da quella spirale di tetra disperazione lo salva la passione per la matematica e appare evidente che la sua mente fuori dal comune gli permette di affrontare formule e princìpi anche astrusi in un’età in cui gli altri bambini sono impegnati in operazioni di calcolo elementare e a memorizzare le tabelline. Qualche anno più tardi, appena passata la pubertà, unisce ai numeri la speculazione filosofica.

Bertrand ha 17 anni quando, ormai abbandonati del tutto la fede e l’interesse per la religione, viene ammesso all’Università di Cambridge dove studia Scienze filosofiche e Logica. Nello stesso periodo conosce la statunitense Alys Smith, di religione quacchera, con cui nel 1894 si sposa.

Un matrimonio che sarebbe durato sino al 1911, anno della loro separazione, ma contrassegnato da una serie di infedeltà di lui. Tra le relazioni, alcune note, di Russell c’è quella con Lady Ottoline Violet Cavendish-Bentinck, eccentrica figura di femminista e pacifista, teorica del matrimonio aperto e bisessuale, che lasciò una impronta notevole sulla società progressista inglese di quel periodo.

Nel frattempo il giovane filosofo, terminati gli studi, viene accettato al Trinity College della celebre università, prima come assistente e successivamente professore incaricato. Allo scoppio della Grande Guerra, nel 1914, probabilmente influenzato dalle idee della nobildonna, abbraccia con fervore le idee pacifiste e nel ‘16 pubblica il saggio/pamphlet Princípi di riforma sociale, che gli costa la posizione all’università.

Nel 1918 un suo articolo, che ha veementi toni antibellicisti e considerati antipatriottici, lo fa condannare per la prima volta a una pena detentiva di sei mesi. Approfitta di quel tempo per scrivere la Introduzione alla filosofia matematica. Nel ’21, formalizzato il divorzio con Alys, sposa Dora Black, scrittrice femminista, con la quale ha due figli, John e Kathrine.

Con Dora scrive testi di pedagogia e nel ’27 fonda una scuola sperimentale per bambini e bambine. Ma anche questa unione termina con un divorzio. Nel 1936 Russell si sposa con una studentessa di Oxford, Patricia Spence, detta Peter, con lei, tre anni più tardi, si trasferisce a Los Angeles, dove assume un insegnamento alla University of California, facendo però ritorno al Trinity College di Cambridge nel 1944. Nel 1948 sopravvive a un incidente aereo salvandosi a nuoto.

Quattro anni più tardi divorzia anche da Patricia e si sposa per la quarta volta con Edith, una vecchia amica da lui conosciuta nel lontano 1925. Nel 1950 gli arriva il riconoscimento più importante, il Nobel per la letteratura. Parole-chiave della motivazione sono che le sue opere hanno dato un fondamentale apporto “agli ideali umanitari e della libertà di pensiero”.

Oltre ai complessi campi logico-matematici, filosofici ed epistemologici da lui indagati, che lo vedono in un rapporto di continua collaborazione e assieme confutazione con alcuni tra i maggiori pensatori del Novecento, tra i quali il suo antico allievo Ludwig Wittgenstein, Alfred Whitehead, Kurt Gödel, Alexius Meinong, Peter Strawson, George Moore e altri, Russell si è guadagnato vasta popolarità anche tra i non specialisti per la sua sensibilità sociale, il suo attivismo umanitario e l’impegno politico contro ogni forma di dittatura, costrizione o imposizione.

Ciò sia sul piano della vita fisica che ideale delle persone, comprese posizioni religiose e fideistiche, di cui fu un costante oppositore a meno che non rispecchiassero posizioni assunte dal singolo individuo per un suo personale, insindacabile e non “esportabile” atto di volizione. Il suo rifiuto verso qualsiasi forma di coercizione etica o morale fu estremo e in due occasioni il pensatore gallese lo pagò anche con il carcere.

Oltre ai sei mesi, nel 1918, a Brixton, per aver criticato duramente l’intervento degli Usa nella I Guerra mondiale, due mesi nel 1961, a 89 anni, di cui scontò solo una settimana di reclusione sempre nella stessa prigione londinese, per aver preso parte a una manifestazione non autorizzata contro la proliferazione delle armi atomiche.

Facendo parte per diritto di nascita della Camera dei Pari, Lord Russell avrebbe potuto pretendere che le condanne passassero il vaglio dei Lord, privilegio al quale però rinuncia preferendo scontare la pena. Dotato di un grande sense of humour e di autoironia tipicamente britannici, Russell a partire dagli anni Sessanta aveva cominciato a scrivere la sua autobiografia, in tre volumi, completati e pubblicati nel 1968. In essa, sconfessando sé stesso, ricorda che nel 1936 aveva preconizzato che la propria morte sarebbe avvenuta a 90 anni, nel 1962; scadenza superata di otto anni, nel 1970, quando il filosofo muore per una bronchite acuta.

Nei suoi discorsi e articoli giornalistici Russell fu sempre un convinto pacifista. L’unica deroga ai suoi princìpi di non belligeranza e disarmo la espresse nei confronti del nazismo, che giudicava il “male assoluto” contro il quale, rivelatisi inutili tutti i tentativi di mediazione diplomatica, era necessario l’uso della forza militare.

Altrettanto strenua, peraltro, sarà la sua opposizione all’Urss di Stalin. Nel 1948, per un breve periodo, si dichiarò a favore di un possibile attacco atomico preventivo contro il dittatore sovietico, sia per bloccare l’espansione del comunismo sia per impedire che anche Mosca ­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­si dotasse dell’arma nucleare.

Ma i danni prodotti dagli ordigni atomici sganciati in Giappone lo convinsero a opporsi in termini assoluti alla tecnologia dell’atomo come arma. La stessa posizione la assumerà il suo amico Albert Einstein, in origine a favore della bomba nucleare ma successivamente pentitosi visti gli effetti disastrosi per la popolazione civile.

Altri importanti sodalizi con celebri intellettuali del suo tempo Russell li ebbe con il filosofo francese Jean-Paul Sartre, col quale fondò il “Tribunale Russell” per combattere i crimini commessi dagli Usa, in particolare in Vietnam, con l’economista John Keynes, col quale ebbe un’analoga visione di tipo socio-liberale, e col filosofo Karl Popper, che proprio a Russell si ispira per osteggiare ogni forma di totalitarismo.

Le ultime prese di posizione di Russell come divulgatore e polemista riguardano due questioni cruciali: l’omosessualità, che anche grazie a lui nel 1967 cesserà di essere considerata un reato nel Regno Unito, e l’omicidio di John Kennedy, la cui ricostruzione attribuita a un unico attentatore, Lee Oswald, fu ritenuta inverosimile e ridicolmente semplicistica dal filosofo, la cui linea è stata condivisa anche dalla storiografia attuale.

 

Carlo Giacobbe – Giornalista, scrittore, già corrispondente da varie Capitali di vari Continenti

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