Ucraina, due anni di guerra. Prof. Basciani : Occidente un po’ stanco. Ma la pace e la democrazia sono valori da difendere

"Navalny ? Il suo destino era in qualche modo segnato. Del resto questo è il modus operandi tipico dei cekisti come Putin".

Era il 24 febbraio del 2022 quando il presidente russo Vladimir Putin annunciò l’inizio dell’‘Operazione militare speciale’: un piano per invadere l’Ucraina. Un evento bellico alle porte dell’Europa destinato a segnare la storia dell’Occidente. Abbiamo parlato, a due anni dallo scoppio del conflitto, con Alberto Basciani, professore Ordinario di Storia Contemporanea e del corso di Storia della Russia e dello Spazio Post-Sovietico presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre.

 

 

 

Cosa è cambiato, Professor Basciani, in questi due anni di guerra, in particolare nella prospettiva occidentale e dal punto di vista russo…

Tante cose sono cambiate, serpeggia una certa stanchezza da parte dell’Occidente. Questo per una serie di motivi: sono due anni che si combatte e la situazione economica generale mostra qualche problema, c’è la questione scoppiata in Medioriente dopo il 7 ottobre…insomma sembra farsi largo un certo logoramento tra i governi che fino ad ora hanno sostenuto la resistenza ucraina mentre l’opinione pubblica occidentale pare voler volgere le spalle al problema, distratta da altri problemi e spaventata dalla possibilità di un allargamento del conflitto.

Molti speravano in una vittoria ucraina nel corso dell’estate, una speranza fondata sul nulla – o meglio alimentata da una visione troppo ottimistica circa le capacità belliche ucraine e della capacità di resistenza dell’esercito russo – e infatti tranne qualche limitato vantaggio la controffensiva estiva è riuscita “solo” a consolidare quanto si era riconquistato nei mesi precedenti ma non ha portato alla vittoria.

È cambiato insomma il quadro generale anche se la questione fondamentale resta la stessa: da una parte c’è un aggressore e dall’altra un Paese che difende la propria esistenza ed ha mostrato al mondo il volto vero della Russia putiniana.

Come si influenzano le due guerre in corso?

I parallelismi sono difficili. Più che un’influenza diretta ce n’è una indiretta. Il conflitto mediorientale aumenta il senso di insicurezza che sembra un pò pervadere l’intero continente europeo dove già erano aperte una serie di questioni gravi: ad esempio la questione libica ovvero la presenza di un enorme territorio rimasto senza un vero Stato, poi c’è la crisi migratoria, o ancora quella legata alla questione siriana…

Nell’insieme tante e gravi questioni aperte contribuiscono ad aumentare un senso di incertezza sul futuro. Le forze populiste e di estrema destra (ma anche di estrema sinistra che si agitano contro la costruzione europea). Pensiamo quindi ai Paesi baltici ormai sempre più convinti di dover adottare una difesa attiva nei confronti della minaccia russa o a quegli stati che tradizionalmente avevano adottato un’apolitica di neutralità e che invece hanno ripensato seriamente il loro posizionamento politico e militare avviando il processo di adesione alla Nato.

Si tratta di una crisi alimentata a sua volta da un’altra crisi. La differenza è che la crisi mediorientale è un conflitto latente che nasce assieme alla nascita di Israele,  quello ucraino è la conseguenza ultima della trasformazione avviata dalla fine dell’ex blocco sovietico e dall’implosione dell’Urss.

E l’Unione Europea? Ha un ruolo importante nel conflitto ed ha imparato un’ importante lezione sulla difesa comune?

La lezione è sotto gli occhi di tutti: pace e democrazia non sono acquisite per sempre e vanno difese attivamente. La guerra è alle porte: la nuova Moldavia democratica ed europeista vuole entrare nell’Ue ed è diventata una sorta di limes orientale della stessa UE.

Finalmente si torna a parlare di un esercito comune e di una difesa attiva europea: la democrazia occidentale va difesa e non va considerata scontata. In qualche modo l’Ucraina è diventata un po’ l’avamposto della difesa di questi valori.

Il vero motivo per cui due anni fa la Federazione Russa ha avviato la guerra di aggressione nei confronti dell’Ucraina è il fatto che Kiev nel corso degli ultimi 10/15 anni si era trasformata in una sorta di “pecora nera” che doveva essere ricondotta a ogni costo nell’ovile del ‘Mondo Russo’. Infatti nonostante i tanti problemi che la affliggevano essa aveva trovato una sua strada democratica, si era consolidata una società civile consapevole dei propri diritti, esisteva una stampa plurale e le elezioni erano autenticamente democratica il cui esito veniva rispettato.

 

 

 

 

In questi anni si è creata una forte società orientata più verso l’Occidente che verso l’Oriente nonostante molte persone avessero forti legami ed amicizie con la Russia. La Russia di Putin, che ha fallito la sfida della modernità sia nel creare una società più moderna e dinamica che una economia avanzata, ha cercato di ovviare alla sua intrinseca debolezza con una politica di potenza spavalda e aggressiva cercando di ricreare il mito di una rinnovata potenza russa che fosse in grado di rimettere in piedi i vecchi confini dell’Unione Sovietica. Non dappertutto ma senz’altro nelle zone considerate strategiche e vitali per gli interessi russi. In quest’ottica un’Ucraina indipendente, sovrana, plurale era di intralcio ed andava tolta di mezzo. In realtà l’effetto prodotto è stato contrario: comunque andrà la guerra l’indipendenza dell’Ucraina è un fatto acquisito.

Anche l’ingresso nell’Ue?

Non sarà immediato ma sarà un processo irreversibile. Lo shock dell’invasione e tutto quello che ha comportato ha creato un trauma che ha allontanato l’Ucraina dalla Russia avvicinandola all’Europa. Molti ucraini vivono in Europa oggi e questo ha creato nuovi ed importanti vincoli. Credo che il destino europeo sia segnato

A meno di un mese dalle elezioni in Russia arriva la notizia della morte di Alexei Navalny. Alcuni ritengono sia un segnale da parte di Putin…

Il destino di Navalny era in qualche modo segnato. Del resto questo è il modus operandi tipico dei cekisti come Putin. (da Čeka polizia politica fondata nel 1917 da Lenin e Feliks Dzeržinskij per combattere i nemici del nuovo potere bolscevico, NdA)  I nemici vanno distrutti moralmente e fisicamente. Sono metodi che non passano inosservati – qualche volta sono plateali – ma vengono utilizzati perché servano da lezione per l’opinione pubblica interna, per eventuali altri avversarie e, se vogliamo anche per il mondo esterno. Non credo che per vincere le elezioni avesse bisogno del sangue di Navalny, penso che esattamente come il 27 febbraio 2015 Boris Nemcov fu ucciso perché rappresentava una minaccia al suo potere anche Navalny andava tolto di mezzo perché il sistema di potere putiniano non concepisce l’esistenza di un vero avversario.

Il background di Putin rappresenta la tradizione di una lotta politica condotta sin dal 1917 dalla Ceka di Lenin e Dzeržinskij e poi da Stalin e dai suoi successori. Non credo che sarà una grande sorpresa il risultato delle prossime elezioni in Russia: il Paese ha accettato finora di pagare un tributo di sangue spaventoso per la guerra in corso, non credo che nessun altro Stato e regime potrebbe sopravvivere a una contabilità così macabra di morti, feriti e di degrado del tenore di vita. Questo la dice lunga sulla forza del regime e di quel coagulo di interessi politici, economici ed affaristici che lo sostengono e che sanno che la loro sopravvivenza. è legata alla sopravvivenza del potere di Putin.

Si torna a parlare di un mondo a due blocchi: Usa e Ue contro la Russia e i suoi alleati

All’epoca della guerra fredda c’erano due blocchi divisi da ideali e politiche. L’Europa nei suoi valori fondanti non è cambiata nonostante economia e società siano mutati, quello che è cambiato veramente è la Russia che ha perso il suo impero esterno – i Paesi dell’Europa orientale – ha perso enormi territori come l’Asia centrale sovietica e il Caucaso: un lutto mai veramente elaborato o elaborato in maniera distorta e che ha portato al regime odierno.

Piuttosto che cercare la strada della crescita economica, dello sviluppo sociale e rendersi attrattivi ha cercato di reinventarsi un impero che non esisteva più. Si parla di diversità e/o alterità russa ma sembrano concetti aleatori: interessante in tal senso il comportamento della cleptocrazia putiniana che palesa rispetto per una presunta civiltà russa vista in contrapposizione al decadente occidente ma in realtà dietro i simboli esteriori da dare in pasto alla popolazione e ai propagandisti filorussi di casa nostra questi sembrano più che altro attaccati alle ville in Costa Smeralda o Costa Azzurra, alle auto e barche occidentali o fanno frequentare ai propri figli college in Usa o Regno Unito…

La Russia è uscita dal caos ex sovietico in una situazione difficilissima che ha portato a tanti svantaggi economici e sociali. Non si è voluto costruire un Paese democratico, né, ripeto, si è cercata la strada di una vera riforma economica e sociale, si è preferito imboccare una direzione diversa basandosi sul potere delle enormi riserve di materie prime. Una trasformazione vera della pesante eredità sovietica non è mai avvenuta: basta andare fuori da Mosca o San Pietroburgo, si vede un Paese arretrato, povero in cui in tante località la stragrande maggioranza delle case non ha acqua corrente e le infrastrutture sono drammaticamente arretrare.

La guerra nella sua praticità ha mostrato le debolezze strutturali della Russia: un Paese senza flotta vince il conflitto con la Russia sul Mar Nero e può riprendere a commerciare il proprio grano senza grandi preoccupazioni. Dati che ci dicono molto dell’intrinseca debolezza strutturale della Russia.

 

Francesco FatoneGiornalista

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