Il canone ucraino

Quattordici "variazioni" sul tema del disgusto

Sono disgustato dall’ipocrisia degli equidistanti. Gridano “pace, pace” sui confini violati dagli aggressori per ottenere con coltelli più ragione che con parole.

Sono disgustato dall’incoscienza dei giusti. Sentenziano sulle colpe separandole dalla responsabilità. Sui piatti della bilancia pongono accuse e difese squilibrate.

Sono disgustato dalla reticenza dei sapienti. Nascondono le verità conosciute per sembrare coerenti con l’apparenza dei fatti.

Sono disgustato dalla prudenza dei timorosi. Non osano per paura del peggio che invece verrà dalla loro pretesa virtù.

Sono disgustato dalla perversione dei furbi. Vedono la realtà ma ne scelgono gli accadimenti utili ad accreditarsi.

Sono disgustato dalla doppiezza dei magnanimi. Stanno a cavallo delle parti per ingraziarsele a futura memoria.

Sono disgustato dalle lacrime dei compassionevoli. Piangono i morti come se fossero tutti uguali, mentre non sarebbero morti senza il primo colpo sferrato.

Sono disgustato dalla saccenteria dei presuntuosi. Spiegano ai resistenti che converrebbe cedere nel loro interesse. Lo conoscono meglio degli interessati.

Sono disgustato dagli arzigogoli dei cavillosi. Scovano sempre pretesti all’inerzia. Riluttano ad agire appoggiandosi ad espedienti verbali.

Sono disgustato dalla verbosità dei retori. Della guerra in atto, ognor più ma altrove, declamano i pericoli. Espongono senza concludere, né a parole, né a fatti.

Sono disgustato dalla benevolenza dei fiancheggiatori. Caricature della mosca cocchiera, dispiegano cognizioni imparaticce a persuadere gli scettici che il vincitore ineluttabilmente vince.

Sono disgustato dalla sordità dei benintenzionati. Ascoltano le grida disperate dei richiedenti aiuto per resistere, ma fanno orecchio da mercante.

Sono disgustato dall’ambiguità dei religiosi. Indulgono ad una fede che equipara dritto e storto, accomunando tutti nell’uguale natura mentre nelle prediche distinguono tra bontà e cattiveria.

Sono disgustato dall’ignavia degli attendisti. Stanno adagiati nella crisi. Almanaccano sui risultati della guerra, ma nella realtà disertano il posto di combattimento.

 

Pietro Di Muccio de Quattro

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