Perché la politica deve valorizzare la generazione Sinner

Il pensiero ci è tornato spesso osservando lo stile sportivo e umano di Jannik Sinner, fresco vincitore dell’Australian Open e primo italiano a vincere un Grande Slam singolare maschile dal 1976.

Una finale del torneo vinta in rimonta, soprattutto grazie alla forza mentale e alla capacità di soffrire, per un ragazzo che potremmo annoverare, citando Francesco Delzìo, nella “Generazione Tuareg”.

Una generazione in costante movimento, come gli antichi popoli Tuareg, in un deserto fatto di dubbi, causati dal crollo di alcune delle certezze che avevano caratterizzato il Novecento.

L’Academy Spadolini si basa sul dialogo intergenerazionale e annovera, per ora, alcune decine di giovani davvero di valore.

Ebbene, in vari di questi giovani, si può apprezzare uno stile per certi versi analogo a quello di Sinner. Un atleta, uno sportivo, un tennista che non sembra avere, come altri, grossi e forti muscoli, che non esibisce quelle forme di narcisismo tipiche di uno sport individuale come il tennis, che sa risalire e rimontare con il passo da maratoneta, oltre che affondare i colpi con il passo da velocista.

Ci sembra che i migliori giovani della generazione Z, e vari di quelli che annoveriamo nell’Academy Spadolini, abbiano uno stile analogo. Nulla di urlato, nulla di troppo palesato, sano studio e riflessione sui problemi, voglia di crescere senza bruciare le tappe.

Per ragioni demografiche i giovani in questa fase storica sono una minoranza per l’Italia, molto più che in altre fasi storiche. Una minoranza che ha un bacino di voti ben più contenuto rispetto a quello degli anziani, e per questo ben poco considerata dai politici.

Una minoranza alla quale – in qualche modo – si è cercato e si cerca di rubare il futuro, in quella sorta di “Società mangiagiovani” in cui si è configurata da vari anni la realtà italiana.

Eppure, per fortuna, disponiamo di giovani di grande valore, capaci di anteporre la preparazione alla esibizione, il riserbo al narcisismo.

Certo, siamo purtroppo pieni anche di giovani che giocano a fare i piccoli o grandi influencer, che credono che i social sostituiscano la vita concreta, che corrono a cercare di mostrare la loro faccia, per poi rilanciarla sui social a tutti i possibili eventi e con tutti i possibili leader, para-leader, testimonial eccetera.

Ma l’azione di una classe politica dignitosa, se esistesse, sarebbe quella di puntare su un’altra categoria di giovani, ergerla ad esempio, valorizzarne le risorse, contribuire a lubrificarne i talenti.

Anche creare condizioni più favorevoli per il rientro di tanti giovani cervelli, specie nel mezzogiorno, fuggiti in qualche modo all’estero negli ultimi anni, sarebbe una via opportuna per favorire, sviluppare e consolidare “La meglio gioventù” della generazione Z.

È più o meno ciò che stiamo tentando di fare con l’Academy Spadolini, in cui ci sono non pochi giovani che hanno aderito per il gusto di recuperare il senso della memoria storica dopo essere stati ubriacati dal presentismo e dalla “Oggicrazia”, o per la prospettiva di contribuire in qualche modo a ricongiungere il grave divorzio che si è realizzato fra cultura e politica ormai da troppi anni.

Una ferita non mortale, che è possibile rimarginare rendendo indispensabile la cultura per la politica, e viceversa. Con una cucitura che non ha fili da utilizzare se non sacrificando una manciata di voti sull’altare del futuro.

Parafrasando una metafora fin troppo audace: la classe politica deve ritrovare il coraggio di agire, come un tempo, a servizio delle nuove generazioni, non solo millantando rischi di sostituzione etnica e invasioni varie, ma facendo sì che attraverso la cultura possano coesistere, in un paese in perenne declino, diversi cervelli e menti pensanti che, perchè no, possono essere caratterizzati da idee in contrasto.

È in questa direzione che va l’idea promossa dall’Academy Spadolini di una “Urna delle idee giovani” che intercetti disagi, aspirazioni, preoccupazioni e, appunto, idee delle nuove generazioni.

Una sorta di start-up delle idee, che andrebbe a colmare un buco di progetti e innovazione quasi disperato, ma che presupporrebbe un’apertura da parte dei più anziani amministratori (fatto, anch’esso, non banale per generazioni, d’altro canto, spesso chiuse e autoreferenziali). Ciò potrebbe avvenire disseminando, nelle città e nelle università italiane, urne trasparenti nelle quali i giovani possano esprimersi inserendo foglietti con idee, spunti e proposte per la condizione giovanile e del paese in generale.

Solo la difesa di queste idee di cultura, di paese, di popolo, può portare i giovani Sinner a restare in Italia, e i giovani interessati ad altro a diventare giovani Sinner.

Non è che tutti, a dire il vero, possono eccellere. Ma la qualità media della generazione Z è molto più alta di ciò che si racconta.

Manca però una scintilla, ovvero un progetto di futuro, una visione, specie nella classe politica. E questa non può che coinvolgere tutte le generazioni.

Si inducono i giovani a fare cose diverse se il paese è interessante, se i media propongono cose interessanti, se la scuola vira verso metodi meno improntati a quelli di inizio secolo e proiettati verso il futuro, se in parlamento si discute delle grandi transizioni, da quella energetica a quella digitale, a quella demografica, di veri nuovi diritti civili, come il matrimonio egualitario, di un vero piano per l’energia e l’ambiente del futuro.

In tal modo, si inducono i giovani a pensare futuro e i più grandi a pensare al paese e alle giovani generazioni, e non solo alle prossime elezioni.

 

Luigi TivelliPresidente dell’Academy Spadolini  Emanuele Di Casola- Responsabile del progetto “l’Urna delle idee giovani” dell’Academy Spadolini 

 

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