Perché Fidia

Nei Musei Capitolini la prima di cinque mostre dedicate ai grandi maestri della Grecia antica

La mostra Fidia ospitata nei Musei Capitolini inaugura il ciclo di cinque mostre dedicate a I grandi maestri della Grecia Antica. Il progetto si immerge nel ricco patrimonio di sculture romane di cui molte ripercorrono il modello delle opere dello scultore greco, assicurandone nel tempo armonia, bellezza e regole. La riscoperta di Fidia nel Rinascimento ha creato una consapevolezza  filologica della storia della scultura greco-romana e ha rinforzato il mito delle simbologie e la loro rielaborazione. Nella presentazione alla stampa, il Sovrintendente Claudio Parisi Presicce evidenzia  il lavoro profondo dello scultore che riesce a esprimere la divina natura degli Dei e  lo avvolge, nei fregi, con un mondo di cittadini, di tutte le tipologie con mestieri e movimenti, creando una congiunzione tra le diverse nature.

Fidia si impone nel suo tempo per la sua versatilità: lavora marmo e bronzo, è pittore, architetto e amico di Pericle che, nell’Atene del V secolo a.C., gli affida i lavori di ristrutturazione dell’Acropoli, nominandolo sovrintendente per la ricostruzione del Partenone, dedicato ad Atena protettrice della città.

 

 

Gaspare Landi, Pericle ammira le opere di Fidia al Partenone © Museo e Real Bosco di Capodimonte

 

 

Il tempio, che nell’immaginario dello scultore doveva segnare la memoria del tempo, è decorato con 92 metope, formelle quadrate disposte nel fregio seguendo l’ordine architettonico. Le 92 metope si sviluppano per 160 metri e raccontano una storia di battaglie tra gli dei dell’Olimpo e i Giganti, tra i Lapiti e i Centauri, tra Atene e le Amazzoni e la guerra dei Greci contro i Troiani.

Il fregio interno della cella centrale, dedicata alla vita quotidiana, raffigura una processione di cittadini che, con i loro mestieri, partecipano alle Feste panatenaiche, legate al culto della dea Atena. Durante queste feste, che si svolgevano ogni quattro anni, i cittadini per identificarsi nei personaggi, si vestono con gli abiti rappresentati nel fregio.

 

 

Gemma con Atena Parthenos di Aspasios © Museo Nazionale Romano

 

 

Il percorso espositivo si compone di sei sezioni: Il ritratto di Fidia; L’età di Fidia; Il Partenone e l’Atena Parthenos; Fidia fuori da Atene; L’eredità di Fidia; Opus Phidiae: Fidia oltre la fine del mondo antico.  Le prime due dirimpettaie presentano Fidia visto da Rodin, che lo considera uno scultore insuperabile, e, nella seconda sezione, dal pittore Gaspare Landi nel grande dipinto Pericle circondato da artisti e da filosofi visita i lavori del Partenone.

Le sale sono arricchite di reperti:  una testa in marmo bianco del I secolo d. C. Ritratto di Fidia proveniente da Frascati e conservata a Copenaghen e, in particolare, dalla brocchetta in argilla a vernice nera con l’incisione in greco nella parte sottostante Pheidiou eimi, Io appartengo a Fidia, proveniente dal Museo Archeologico di Olimpia, dove Fidia lavorò fino alla fine della sua carriera.

La terza sezione, dedicata al Partenone e all’Atena Parthenos, approfondisce l’attività dello scultore sull’Acropoli. Fidia progettò gli apparati decorativi del tempio e di Atena Parthenos. Realizzata nel 438/7 a.C., la statua di Atena alta oltre 12 metri e rivestita da più di 1.000 chili d’oro, era collocata nel naòs (cella) del Partenone, creando una prospettiva che esaltava l’imponenza e il valore simbolico del progetto figurativo dell’edificio. Il percorso si ispira ai documenti che hanno permesso la riscoperta del Partenone in età moderna.

Tra le opere esposte c’è il Codice Hamilton 254, manoscritto contenente la prima immagine del Partenone pervenuta in Europa. Lo schizzo eseguito dall’umanista Ciriaco de’ Pizzicolli di Ancona, è stato prestato dalla Biblioteca Statale di Berlino (Staatsbibliothek zu Berlin) per sole 8 settimane e risale al 1440/5. Altro prestito importante è il Taccuino Carrey (1674) della Biblioteca Nazionale Francese, nel quale è riprodotta la decorazione del Partenone prima della sua distruzione nel 1687.

La conoscenza del Partenone è arricchita dal un viaggio virtuale Fidia e il Partenone, a cura di OrF Quarenghi.

La stessa sezione ospita quattro frammenti originali del fregio del Partenone, di cui un frammento del fregio nord con un oplita o soldato greco, e dal fregio sud con giovane e bovino (447-438 a.C.), prestito eccezionale del Museo dell’Acropoli di Atene; altri frammenti con cavalieri e uomini barbati provengono invece dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.

In tal senso l’intervento dell’artista William Kentridge sul muraglione del Tevere tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini nel 2015 in occasione del Natale di Roma stabilisce un rapporto sequenziale, figurato tra il contemporaneo e l’arte classica greco-romana, quasi un omaggio identitario.

La sezione ospita la ricostruzione della cella di Atena Parthenos con l’esposizione di teste, torsi, rilievi e la gemma in diaspro rosso firmata da Aspasios. Le tre repliche dello scudo, tra cui il cosiddetto scudo Stragford proveniente dalla collezione del British Museum (III secolo d.C) forniscono informazioni sulle sue dimensioni di circa 5 metri di diametro. L’esterno è stato decorato con illustrazioni relative alla lotta tra Greci e Amazzoni e, sotto l’emblema della gorgone, sono forse rappresentati in piedi, di spalle l’uno all’altro Fidia e Pericle, trai i mitici personaggi del tempo.

 

 

Scudo Strangford_Replica scudo di Atena Parthenos_© The Trustees of the British Museum

 

 

La quarta sezione è dedicata alla carriera di Fidia fuori Atene, come la committenza affidatagli dalla città di Olimpia per eseguire il colosso crisoelefantino di Zeus, considerata una delle 7 meraviglie del mondo. Sono esposti i reperti originali scoperti nella “Officina di Fidia”, nell’edificio allestito presso il santuario di Zeus. L’opera purtroppo è andata distrutta in un incendio: ne rimane documentazione nelle monete, nei rilievi e in una maschera di bronzo del I d.C proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. Interessante il Modello del tempio di Zeus a Olimpia realizzato nel 1997 da M. Goudin, prestato dal Musée du Louvre di Parigi e una Testa di Zeus in terracotta del I secolo a.C. appartenuta alla collezione dell’archeologo tedesco Adolf Furtwängler, oggi  al Liebieghaus di Francoforte.

 

 

Testa di Zeus © Frankfurt am Main, Liebieghaus Skulpturensammlung ARTOTHEK

 

 

L’ultima sezione è dedicata all’influenza di Fidia nell’età moderna. Nel XII secolo, nei Mirabilia Urbis Romae, raccolte di monumenti celebri di Roma compilate come guide per i pellegrini in visita alla città, i nomi di Fidia e Prassitele, iscritti sulle basi delle statue colossali del Quirinale, sono stranamente associate a filosofi o indovini giunti a Roma al tempo di Tiberio. Sarà Petrarca, nel suo soggiorno romano del 1337, a restituire l’ identità agli scultori greci, mettendo in relazione i nomi dei due scultori con quelli celebrati nella Naturalis Historia di Plinio,.

Nella sezione sono esposti i due calchi in gesso dell’Accademia di Ravenna delle due teste colossali dei Dioscuri che ancora oggi dominano la piazza del Quirinale a Roma e che hanno conservato la loro collocazione originaria. I due calchi, eseguiti a Roma negli anni Venti dell’Ottocento, sono tra le testimonianze più importanti. La sezione comprende un focus su Canova e Thorvaldsen con il gruppo marmoreo Antonio Canova sedente nell’atto di abbracciare l’erma fidiaca di Giove realizzata nel 1820 da Giovanni Ceccarini come omaggio a Canova, che è celebrato come il Fidia dell’epoca moderna.

La mostra ha un grande valore perché mostra la forza dell’idea di vincere il tempo, che ci consegna frammenti e rovine di un percorso storico. La mostra Fidia si confronta con il lavoro di distruzione e costruzione. dell’uomo. Le effigi di Atena, di Zeus risplendono nell’immaginario con l’oro estratto dalle vene della terra e ne comunicano la potenza concreta, che eventi naturali o umani possono sconvolgere e depredare. Ma su tutto vince l’idea, quella forza imprendibile che nasce dalla mente dell’uomo come dalla mente di Zeus è nata Minerva. Per differenti percorsi il frammento e la rovina rimandano ad una forza naturale, ad un’energia interiore che ne consente la sopravvivenza in nuove forme. Il grande mistero sollecita grandi interrogativi sul senso eterno dell’arte. L’impari confronto tra un segmento di vita e l’infinito del tempo rende l’uomo l’eroe del pensiero e del sentimento, che inseguirà sempre.

 

Vittoria Biasi

 

 

 

 

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