Luigi Grillo, senatore, più volte presidente di Commissione, proveniente dalla Dc e poi entrato in Forza Italia, è stato 30 anni vicino a Berlusconi. Tranne che all’inizio, ricorda: “Dopo la sua discesa in campo, non mi trovavo in sintonia. Io che ero abituato a parlare con Forlani, Fanfani, De Mita e al modo di prendere le decisioni dopo aver discusso, vedevo Berlusconi all’inizio un po’ insofferente verso certi meccanismi o regole della politica, che erano riunioni, tentativi di mediazione, pause di riflessione. Lui a questo, che chiamava teatrino della politica, non era abituato. Io gli feci notare che la politica era fatta anche di queste cose, per poter funzionare. Alla fine capì e si adeguò. Ma non era la sola cosa che mi aveva lasciato perplesso”…
Ci racconti Senatore
Andavo a trovarlo a Palazzo Chigi per parlargli di alcuni provvedimenti all’esame del Parlamento; e lo vedevo che mentre saliva le scale del palazzo si fermava a parlare con i commessi: quelle piante stanno male in quell’angolo, non prendono luce; questi vasi non sono appropriati. E io tra me e me pensavo: Ma che sta a fare? A perdere tempo con cose marginali invece di occuparsi dei problemi del Paese?!. Ma sbagliavo io e aveva ragione lui: aveva un percezione scenografica e panoramica delle cose, per cui tutto doveva essere in ordine e apparire nel migliore dei modi.
Senatore, ora passiamo a domande più politiche. Lo spunto viene dai sondaggi e da qualche commento che si sente in giro: scomparso il fondatore, Forza Italia rischia di estinguersi? Lei vede un futuro per questo partito? E quale?
Io credo che un partito moderato e moderno sia impegnato a portare avanti le scelte politiche e la linea politica che fece Berlusconi, fondando Forza Italia. Se Forza Italia vuole sopravvivere, e deve sopravvivere, non c’è il minimo dubbio, deve fare scelte precise, rapide e darsi al più presto una classe dirigente in grado di guidare il partito. Quando Berlusconi era vivo, decideva lui, dopo essersi consultato, ma alla fine decideva lui. Pensi, in 30 anni si è fatto un solo congresso. Ora, la morte di Berlusconi impone di cambiare pagina, e di farlo necessariamente in fretta: i voti ci sono, il centro è un’area vasta, una prateria, molto affollata e al tempo stesso divisa e litigiosa. Per raccogliere quei voti che sono usciti da Forza Italia nel corso degli anni, bisogna muoversi con celerità. Non serve un uomo solo al comando, ma un gruppo dirigente sì.
Se Carfagna e Gelmini non se ne fossero andate, ora sarebbero forse in corsa per guidare il partito?
Scusi se insisto su un concetto: non si tratta di singoli, di persone, di questo o di quello, o di questa o di quella, ma si tratta di fare una squadra.
Ma come si crea questa squadra dirigente?
Tajani convochi i congressi su scala comunale, provinciale, regionale; e si vada al congresso nazionale; in quella sede si scelga una direzione non pletorica spero, un esecutivo ristretto che affianchi la persona che poi formalmente sia il segretario. Ma non bisogna perdere tempo. Ora l’estate incombe, ma già a settembre si deve mettere in piedi una procedura organizzativa che preveda questi adempimenti.
E poi?
E poi ci sono le europee da affrontare il prossimo anno, mancano sì e no otto – nove mesi. In quella consultazione una Forza Italia senza Berlusconi ma con un gruppo dirigente che ne riprenda le idee e i programmi potrà avere un forte rilancio.
Quale eredità politica, quali idee politiche lascia Berlusconi, da riprendere e da rilanciare?
Cito intanto due cose che non sono state illustrate nei discorsi dopo la sua morte: il governo che ha meglio funzionato è stato il governo Berlusconi tra gli anni 2001 e 2006. Abbiamo rilanciato le infrastrutture, le leggi obiettivo, il codice degli appalti, investimenti nel settore autostradale, portuale e dei trasporti; e poi facemmo la legge Gasparri, una legge che ha dato ordine e assetto al sistema radiotelevisivo pubblico e privato.
Inoltre, Berlusconi, con Prodi, è stato l’artefice del bipolarismo in Italia. Ora che Berlusconi non c’è più e Prodi non è più in prima linea, il sistema maggioritario arranca, è in difficoltà.
E allora lei cosa propone?
La cosa migliore è tornare alla legge proporzionale, con le preferenze, che dal ’48 al ’92 ha governato il sistema politico. L’elettore ha diritto di scegliere la persona che deve rappresentarlo.
Dica la verità, senza Berlusconi, ora Forza Italia è tentata di alzare la voce con gli alleati, o nel governo, per farsi ascoltare, per far prevalere le sue richieste?
Non si tratta di alzare la voce, e tra l’altro non serve neanche. In politica estera la presidente Meloni sta facendo bene interpretando correttamente la posizione e la linea che da sempre Forza Italia, che non dimentichiamo fa parte del partito popolare europeo, porta avanti.
Ma sulle riforme costituzionali cosa ne pensa? Meglio rafforzare i poteri del presidente del Consiglio in direzione di un premierato, in modo che possa nominare e licenziare un ministro, oppure il presidenzialismo, di cui finora l’idea più esplicita è la elezione diretta del presidente della Repubblica?
L’Italia non è un paese anglosassone, non è un Paese per il presidenzialismo. Credo che sia molto più opportuno e funzionale il rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio che, rispetto agli altri suoi omologhi esteri, è quello più debole; se volesse licenziare un ministro rivelatosi inadatto non può farlo, non ne ha i poteri; si dovrebbe affidare, per sperare di liberarsene, o a una moral suasion o a una mozione di sfiducia individuale. Credo quindi che sia migliore il modello tedesco, con un Cancelliere e in caso di sfaldamento della maggioranza politica che sostiene il governo, la cosiddetta sfiducia costruttiva, in base alla quale si accerta che c’è pronta una nuova maggioranza nel frattempo in grado di sostituire l’altra.
Torniamo un momento alla guida di Forza Italia. Crede, in base anche a informazioni in suo possesso, che qualcuno dei figli di Berlusconi alla fine decida di “scendere in campo”, per usare la formula politico-calcistica che il leader di Forza Italia coniò per le elezioni politiche del ’94?
Io non ho informazioni precise al riguardo. Posso però dire questo: ho parlato con persone che hanno lavorato e sono state vicino a Berlusconi nell’ultimo tratto di tempo tra il primo e il secondo ricovero. In una riunione di famiglia i figli di Berlusconi all’unisono hanno deciso che nessuno di loro sarebbe sceso in politica, ma che tutti si sarebbero occupati delle aziende.
Crede a un tentativo di Renzi di fare un’opa su Forza Italia?
Lo escludo. Renzi è persona molto capace, ha senso politico, tempi giusti. Ma deve recuperare sul piano dell’immagine. Detto questo, però credo che una volta che Forza Italia si sarà data un assetto dirigente, possa essere praticata la strada di un patto politico nelle forme da valutare: patto federativo, patto di unità d’azione.
A proposito di patti federativi: crede possibile, in una prospettiva medio- lunga, che le forze del centrodestra possano dar vita, in un processo di semplificazione del quadro politico, a un nuovo Pdl?
La vedo un po’ difficile. Quando Berlusconi lo tentò e lo attuò, Forza Italia era il partito maggioritario della coalizione. Credo però sia possibile una federazione dei partiti di centro, un’area dove ci sono tanti piccoli gruppi, con persone anche valide ma che da soli contano poco, mentre in una aggregazione federata potrebbero far sentire più utilmente la loro voce e contribuire in modo diretto ed efficace a determinare le scelte politiche del Paese.
Mi dica una cosa positiva e negativa delle manifestazioni pro e contro post mortem di Berlusconi
Quel che le posso dire è che Berlusconi era migliore di come è stato descritto: era generoso e leale.
E quella che l’ha colpita negativamente?
Ci sono stati i denigratori, certo, che non si sono fermati neanche davanti a un uomo morto. Ma, in fondo, tutti gli uomini di successo hanno denigratori. Ma nemmeno costoro possono minimizzare o nascondere dei dati di fatto: come imprenditore, Berlusconi è già nella storia. Nello sport è stato un numero uno portando il Milan a successi grandiosi. E anche come politico, deve ancora nascere chi riuscirà a fondare un partito da un giorno all’altro, scendere in politica e governare il Paese, con alterne vicende e interruzioni, per circa 20 anni.
Simone Massaccesi – Redattore