È cominciata “l’età dell’oro” della storia americana. Il secondo mandato della presidenza Trump si apre con l’inaugurazione di una nuova stagione per gli Stati Uniti d’America, una fase che, anche grazie all’oro liquido sotto i piedi degli americani, si preannuncia – nei propositi di Donald Trump – radiosa.
Parlando alla nazione in cui è possibile realizzare l’impossibile, il presidente neoeletto ha tenuto un discorso di circa venti minuti, due minuti più lungo rispetto a quello del 2017, in cui ha delineato le linee guida della propria Amministrazione. L’America è tornata, «da questo giorno in poi – ha tenuto a precisare Trump – il nostro paese prospererà e sarà di nuovo rispettato in tutto il mondo».
«L’America – ha proseguito Trump – sarà presto più grande, più forte e molto più eccezionale di quanto non sia mai stata prima. Ritorno alla presidenza fiducioso e ottimista sul fatto che siamo all’inizio di una nuova era entusiasmante per la nazione americana. Un’ondata di cambiamento sta travolgendo il paese, la luce del sole sta illuminando il mondo intero e l’America ha la possibilità di cogliere questa opportunità come mai prima».
Un discorso a tutto campo che proietta la nuova Amministrazione nell’agone geopolitico contemporaneo. Un agone che, rispetto al quadro internazionale del primo mandato, risulta essere sicuramente più complesso e altamente competitivo. Come hanno dimostrato le crisi mediorientali e la guerra in Ucraina, la leadership statunitense è stata messa fortemente sotto pressione, dando l’opportunità a nuovi player internazionali di ritagliarsi un proprio spazio di autonomia.
Il discorso di Trump
In questo nuovo contesto geopolitico, dove la guerra è tornata ad essere uno strumento alternativo alla diplomazia e la ridefinizione dei confini non è più un tabù, il presidente Trump ha voluto specificare che, seppur ambisca ad essere un promotore di pace, («misureremo – ha spiegato Trump – il nostro successo non solo in base alle battaglie che vinceremo, ma anche in base alle guerre che concluderemo e, forse più importante, alle guerre in cui non saremo mai coinvolti»), la sua intenzione non è solo quella di costruire «di nuovo l’esercito più forte che il mondo abbia mai visto», ma è anche quella di ridefinire le proiezioni spaziali statunitensi. A tal proposito, Trump ha precisato la propria volontà di rinominare il Golfo del Messico in Golfo d’America e, vieppiù, è tornato a ribadire la necessità di prendere il controllo di Panama e sottrarlo, così, alle mire di Pechino.
Questo sarà possibile grazie ad un programma energetico che, fondandosi sul motto «trivella, baby, trivella», consentirà agli Stati Uniti di tornare a primeggiare e «sarà – ha dichiarato Trump all’uditorio – l’oro liquido sotto i nostri piedi a contribuire a questo risultato».
Non è un caso, dunque, che tra i primi ordini esecutivi promossi dal neo inquilino della Casa Bianca, vi sia la proclamazione dello stato di emergenza energetica nazionale con la quale il presidente è intervenuto con vigore sulle politiche energetiche del Paese. Nello specifico, gli ordini esecutivi si sono focalizzati sull’uscita dagli accordi di Parigi, alla cessazione del Green New Deal e all’addio agli incentivi sulle auto elettriche, nonostante gli interessi economici del suo consigliere politico Elon Musk, in nome della «sacra promessa» fatta ai «grandi lavoratori americani dell’auto».
Come è possibile evincere dalla lettura dell’Ordine esecutivo del 20 gennaio scorso, il proposito dell’Amministrazione Trump è quello di “mettere l’America al primo posto negli accordi ambientali internazionali” e, pertanto, si legge nell’ordine che «gli Stati Uniti devono far crescere la propria economia e mantenere posti di lavoro per i propri cittadini, svolgendo al contempo un ruolo di leadership negli sforzi globali per proteggere l’ambiente » e, di conseguenza, l’Amministrazione Trump, a tutela dei propri interessi nazionali, ha deciso di sottrarsi dagli obblighi di «accordi e iniziative internazionali che non riflettono i valori del nostro Paese o i nostri contributi al perseguimento di obiettivi economici e ambientali », specificando che «questi accordi indirizzano i dollari dei contribuenti americani verso Paesi che non richiedono, o non meritano, assistenza finanziaria nell’interesse del popolo americano».
Le reazioni alle parole del Tycoon americano
Le prime reazioni sulle scelte intraprese in ambito energetico dalla Casa Bianca hanno visto il disappunto della Cina che, attraverso le
parole del portavoce del ministro degli Esteri, Guo Jiakun, ha espresso preoccupazione per la decisione di abbandonare gli impegni di Parigi ed ha altresì ribadito l’impegno della Repubblica Popolare in contrasto della crisi climatica ed in favore della transizione energetica. Per quanto concerne, invece, l’Europa, dal Forum Economico di Davos è intervenuta la commissaria von der Leyen che, ribadendo il forte legame che unisce le due sponde dell’Atlantico, ha sottolineato come per l’Unione «l’accordo di Parigi continua a essere la migliore speranza per tutta l’umanità». Precisando, inoltre, che «l’Europa manterrà la rotta e continuerà a lavorare con tutte le nazioni che vogliono proteggere la natura e fermare il riscaldamento globale».
La sfida lanciata al mondo dalla nuova Amministrazione Trump si sostanzia nell’affermazione che «in America l’impossibile è ciò che sappiamo fare meglio», ed è forse per questo che le mire statunitensi si proiettano fino al di là dell’orbita terrestre, puntando con forza «a piantare le stelle e le strisce sul pianeta Marte». Con il plauso, in questo caso convinto, di Elon Musk.