Il Mediterraneo è un tesoro di energia e risorse, ma serve stabilità politica, o rischiamo di perdere tutto

I conflitti in corso hanno rimesso in discussione le prospettive di esplorazione e sviluppo energetico dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Un’area fondamentale per l’Europa e per il mondo. Ma che ora è in grave difficoltà

Il Mar Mediterraneo – in particolare l’Est Mediterraneo – nasconde enormi riserve di gas naturale, ma si trova oggi al centro di una dinamica complessa e in continua evoluzione. Lungo le sue coste, antiche e mai sopite tensioni territoriali si nascondono dietro nuovi e molto più visibili conflitti. 18 mesi fa, l’invasione di Israele da parte di Hamas ha fatto riesplodere gli scontri fra la nazione ebraica e le milizie ed i gruppi paramilitari sovvenzionati dall’Iran – da Hezbollah alle multiformi bande collegate a ISIS, agli Houti – e riacceso gli scontri in tutti gli Stati falliti della regione, dalla Siria al Libano, fino al lontano Yemen.
Questo ha rimesso in discussione le future prospettive di esplorazione e sviluppo energetico dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Quest’area rappresenta, infatti, una risorsa fondamentale per l’Europa, che vuole solide alternative al gas russo non certo soddisfatte dal solo gas algerino e libico. Ma l’interesse per il suo potenziale energetico rimane altissimo a livello globale.
All’interno di questo contesto, il ruolo degli Stati Uniti, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, sta diventando sempre più importante, con nuove politiche commerciali e diplomatiche che cercano di modellare il futuro energetico della regione. Tuttavia, nonostante lo storico impegno USA, la stabilità della regione e la sua capacità di capitalizzare le risorse energetiche dipendono anche dalle interazioni tra attori regionali e globali, e dalle sfide geopolitiche interne.

Il contesto politico: fra rivalità territoriali e dispute marittime

Le risorse energetiche dell’Est del Mediterraneo presentano un’ulteriore complessità originata proprio da queste millenarie tensioni: sono regolamentate da un quadro legale complicato e incerto, con numerosi Paesi che non solo non si riconoscono reciprocamente, ma vantano rivendicazioni su Zone Economiche Esclusive (ZEE) abbondantemente sovrapposte fra di loro.  Così in terra così in mare: gli accordi internazionali come la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) non hanno mai permesso uno stabile accordo sulle dispute marittime tra Israele, Libano, Cipro, Turchia ed Egitto – cui si sono aggiunte le due leadership palestinesi: il braccio “politico” di Hamas e l’Autorità Nazionale Palestinese, ovviamente in conflitto pure fra di loro.
Così come le questioni territoriali, anche le ZEE sono al centro delle tensioni politiche e militari nella regione, minando la possibilità di una cooperazione che permetta di suddividere e sfruttare appieno le risorse naturali disponibili.

Benjamin Netanyahu

L’energia e la guerra in Libano

Nel 2022, Israele e Libano avevano raggiunto un accordo marittimo che permetteva a Beirut di iniziare l’esplorazione del campo di gas Qana, mentre Tel Aviv manteneva il controllo su Karish. Tuttavia, la guerra tra Israele e Hezbollah, scatenatasi nel 2024, ha fatto crollare questo fragile equilibrio. Israele ha richiesto una rinegoziazione dell’accordo a causa degli attacchi di Hezbollah, minacciando ulteriormente l’accesso del Libano alle sue risorse energetiche offshore. La TotalEnergies, che guidava un consorzio per l’esplorazione in acque libanesi, ha sospeso i suoi investimenti a causa della crescente insicurezza. Per il Libano, il gas rappresentava una speranza economica per risollevare le sorti di uno stato abbondantemente in default, ma il conflitto ha annullato questo potenziale di sviluppo, aggravando la crisi economica e sociale del Paese.
Queste guerre hanno non solo minato i fragili accordi già esistenti, ma creato ulteriori incertezze sul futuro, perché la totalità delle aziende multinazionali oggi evitano di impegnarsi investendo in progetti a lungo termine.

Turchia, Grecia e Cipro: una guerra con radici preistoriche ora ha come obiettivo l’energia

La Turchia, che rivendica unilateralmente ampie aree del Mediterraneo Orientale, ha intensificato la sua presenza navale nelle acque contese, sfidando Grecia e Cipro sulle ZEE. Questo ha portato a un accrescimento delle tensioni, con Cipro e Grecia che hanno rafforzato le loro relazioni con Israele ed Egitto. La firma di un accordo marittimo tra Turchia e Libia alla fine del 2024 ha ulteriormente polarizzato la regione. Le ambizioni turche si scontrano con gli interessi di altri attori regionali, creando un ambiente fortemente instabile che rende impossibile una cooperazione energetica. Inoltre, la posizione di Ankara nei confronti di Mosca aggiunge un ulteriore strato di complessità alle dinamiche regionali.

Egitto: un gigante dell’energia … In crisi economica 

L’Egitto è un attore centrale nel panorama energetico del Mediterraneo, grazie ai suoi impianti di gas naturale liquefatto (GNL) a Damietta e Idku. Tuttavia, la grave crisi economica che il Paese sta attraversando, segnata da una valuta in caduta libera e un enorme aumento del debito, ha messo a rischio la sostenibilità stessa del settore energetico egiziano. Il Cairo ha inizialmente beneficiato delle esportazioni di gas israeliano, ma l’instabilità delle relazioni, aggravata dal conflitto sulla gestione del confine con Gaza, ha ridotto i flussi di gas, aggravandone la sua crisi energetica. Inoltre, la produzione interna di gas in calo ha costretto l’Egitto a limitare le proprie esportazioni di GNL, aumentando ancora di più i rischi economici. La capacità dell’Egitto di gestire questa crisi determinerà in gran parte il futuro energetico dell’intera regione.

Donald Trump (LaPresse)

Da MAGA a MEGA: Make american Energy Great Again

Fin dalle prime settimane della nuova amministrazione Trump, le politiche energetiche e commerciali degli Stati Uniti sono diventate più dirette e assertive. Washington ha posto particolare enfasi sulla diversificazione delle forniture energetiche per l’Europa, cercando di ridurre la dipendenza dal gas russo. In questo contesto, il Mediterraneo Orientale è visto come una regione strategica per garantire alternative sicure di approvvigionamento energetico. Le mire espansionistiche verso Groenlandia, Canada e Messico – tutti territori potenzialmente ricchi di giacimenti non ancora pienamente sfruttati – possono per il momento essere liquidate come battute di un presidente che ama sparigliare le carte. Ma, molto più concretamente, gli Stati Uniti hanno intensificato il sostegno ai progetti energetici e ai partenariati regionali, promuovendo il GNL – in particolare il gas proveniente proprio dagli scisti dei giacimenti americani – come una risorsa chiave per la sicurezza energetica europea. Oltre che – naturalmente – come moneta di scambio nella nuova guerra dei dazi.

L’alleanza con Israele e il sostegno alla sicurezza energetica

In particolare, gli Stati Uniti sembrano fortemente intenzionati a continuare a supportare Israele non solo lasciandogli campo libero in ogni azione volta a garantirne la sopravvivenza come Stato, ma anche nelle sue ambizioni energetiche, con un forte impegno nella protezione delle infrastrutture israeliane da attacchi militari. Le compagnie americane, come Chevron, restano attivamente coinvolte nei progetti israeliani di esplorazione e sviluppo, con il governo di Washington che promuove questi investimenti come parte di una strategia più ampia – risalente alle precedenti amministrazioni – per rafforzare le relazioni strategiche con Tel Aviv.

Le politiche commerciali: un’impronta diretta sulla regione

Le politiche commerciali si riflettono anche nel Mediterraneo. Con l’obiettivo di espandere gli scambi energetici e favorire gli investimenti diretti, fin dal suo primo mandato, il presidente USA ha cercato di incentivare il settore energetico della regione, promuovendo contratti tra compagnie statunitensi e attori regionali. Questi sforzi si inseriscono in una strategia più ampia di rafforzamento delle alleanze economiche e di contenimento della crescente influenza di altri attori globali, prima di tutto la Cina. Questa strategia viene perseguita anche a costo di attrarre nella propria sfera di influenza proprio la Russia: la precedente arcinemica ora diventata, se non un possibile partner, almeno una grande potenza da separare a qualsiasi costo dall’influenza di Pechino.

Tuttavia, l’approccio assertivo di Trump non si limita agli aspetti commerciali: l’amministrazione statunitense ha anche cercato di stabilire un equilibrio tra gli interessi economici e le alleanze geopolitiche. Le relazioni con la Turchia, ad esempio, sono state segnate da una crescente diffidenza dovuta alle politiche energetiche di Ankara nel Mediterraneo Orientale, in particolare riguardo alla sua cooperazione con la Russia, mentre oggi sembrano orientarsi verso un approccio decisamente più ibrido.

Prospettive di cooperazione e/o di conflitto

Nonostante gli sforzi internazionali, la cooperazione energetica nel Mediterraneo Orientale è ancora lontana dall’essere realizzata. Le principali scoperte di gas, come i giacimenti Tamar e Leviathan (Israele), Zohr (Egitto) e Aphrodite (Cipro), continuano a rappresentare un potenziale significativo non solo per il Medio Oriente ma proprio per l’Europa. Tuttavia, le difficoltà nel costruire infrastrutture di trasporto e la persistente instabilità politica hanno ostacolato il pieno sfruttamento di queste risorse. Le tensioni tra Israele e Libano, insieme alle rivalità marittime tra Grecia, Cipro e Turchia, continuano a rappresentare un ostacolo per lo sviluppo di un mercato energetico integrato nel Mediterraneo.

Investimenti e sicurezza, due elementi non separabili

Le preoccupazioni per la sicurezza sono una delle principali barriere per gli investimenti nella regione. Gli attacchi alle infrastrutture energetiche israeliane da parte di Hezbollah e l’instabilità politica in Libano e nei territori palestinesi hanno messo in evidenza le vulnerabilità del settore. Le compagnie internazionali, inclusi gli Stati Uniti, sono riluttanti a impegnarsi in progetti che potrebbero essere compromessi da conflitti locali o da escalation geopolitiche.

Il presidente russo Vladimir Putin - Wikimedia Commons
Il presidente russo Vladimir Putin – Wikimedia Commons

Il ruolo degli altri: Qatar, Russia e … Unione Europea

Oltre agli Stati Uniti, altri attori globali come il Qatar, la Russia e l’Unione Europea continuano a influenzare le dinamiche energetiche della regione. Il Qatar, con la sua compagnia QatarEnergy, ha investito significativamente nelle risorse energetiche libanesi e ha rafforzato la cooperazione con Egitto e Turchia. La Russia, pur avendo un interesse diretto nelle forniture di gas, ha dovuto fare i conti con la sua crescente difficoltà a stabilire alleanze stabili a causa delle sanzioni internazionali e delle sue ambizioni geopolitiche. Ora, con il cambio di vertice alla Casa Bianca, sembra che le prospettive per Mosca siano cambiate decisamente al meglio, ma la volubilità degli ordini esecutivi provenienti da Washington non induce Mosca a rilassarsi in un sereno ottimismo.

L’Unione Europea, infine, continua a guardare al Mediterraneo Orientale come una possibile fonte di approvvigionamento alternativo, ma le difficoltà legate alla sicurezza e all’infrastruttura impediscono un impegno più profondo.

Mediterraneo: non c’è energia senza ritorno alla stabilità

Il Mediterraneo rimane una regione dalle grandi potenzialità, ma segnata da profondi conflitti e rivalità. Le enormi riserve di gas potrebbero rappresentare una risorsa fondamentale per l’Europa e i Paesi della regione, ma le sfide geopolitiche e la sicurezza sono ostacoli difficili da superare. Gli Stati Uniti, con altalenanti politiche energetiche e commerciali, stanno comunque giocando un ruolo crescente nel tentativo di stimolare gli investimenti e garantire una maggiore stabilità energetica, ma l’imprevedibilità del presidente non offre sufficiente fiducia per la risoluzione delle profonde divisioni regionali.

Il futuro del Mediterraneo dipenderà dalla capacità dei suoi attori regionali – in particolare di quelli dell’Est Mediterraneo – di superare le rivalità e di trovare soluzioni condivise non solo per la gestione dei territori, dei loro confini e delle popolazioni che ci vivono, ma anche per sfruttare le risorse energetiche in modo cooperativo e sicuro. In questo processo, gli Stati Uniti, Israele e la stessa Russia continueranno a essere attori – auspicabilmente anche interlocutori – chiave, ma solo come parte di un equilibrio più ampio che coinvolge tutti gli attori regionali e globali.

Luca Longo (Scienziato e comunicatore scientifico) 

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