Vince il Nuovo Fronte Popolare il ballottaggio delle elezioni parlamentari francesi del 7 luglio. A sorpresa arriva secondo Macron mentre il Rassemblement National tanto favorito dai sondaggi arriva solo terzo. Un solo obiettivo per la sinistra e il centro: trovare un accordo per governare la Francia.
Le elezioni in Francia – al di là delle beghe tra i futuri alleati – lasciano tanto su cui riflettere: dalla costruzione di un’alternativa alle destre fino ai prossimi nodi da sciogliere per formare un governo. Abbiamo parlato di questi temi con l’analista politico Riccardo Pennisi.
Cosa ci lasciano queste elezioni in Francia?
Prima di tutto il sentore che le elezioni servono ancora e che dipendono davvero dal comportamento degli elettori. Al primo turno Rn aveva preso il doppio dei voti del partito di Macron, anche della sinistra in un contesto europeo di avanzamento della destra. Tutto lasciava pensare che l’estrema destra fosse vicina alla conquista del Parlamento francese.
E invece i cittadini sono stati in grado di ribaltare il risultato. È vero anche che Rn è cresciuto.
Penso che le elezioni ci lasciano soprattutto questa e anche l’idea che un Paese che la Francia sia un Paese dove ci sono tante forze politiche rappresentate, tante coalizioni. Questo ci consegna una società non riconducibile ad un solo aspetto della politica ma che è composta di tante sfaccettature diverse, tanti orientamenti da cui puoi si può creare un’alleanza di governo.
Quali sono invece adesso i nodi da sciogliere?
Ora il Parlamento francese è diviso in tre blocchi quasi non comunicanti da un certo punto di vista, gli elettori che si sono schierati contro l’estrema destra sono stati per anni avversari. Per tanto tempo la sinistra ha contestato Macron. Nessuno dei tre blocchi da solo ha la maggioranza. È quindi il momento delle alchimie parlamentari: i blocchi dovranno collaborare, rompere per prestare un po’ di consenso a un altro, magari per delle intese larghe.
Ci si può arrivare in vari modi, ovviamente chi è al centro come il blocco macronista ha più opzioni perché può guardarsi a destra e a sinistra per allargarsi, mentre le frange estreme sono obbligate a cercare. Il Rassemblement nazionale è ormai fuori gioco, ma il Nuovo Fronte Popolare se vuole governare dovrà ottenere la maggioranza assoluta.
Questo tipo di opposizione alle destre può funzionare anche in Italia?
L’idea di opporsi a un partito come il Rassemblement National è dovuta al fatto che si tratta di un partito di destra estrema percepito come estraneo al sistema politico nazionale. Mentre in Italia partiti percepiti come estranei al sistema politico nazionale non ci sono, Giorgia Meloni è stata ministro di Berlusconi 10 o 15 anni fa.
La Lega governa l’Italia a sprazzi dal ‘94. Quindi sono partiti piuttosto integrati. Fare fronte comune può funzionare, il problema è cosa si fa dopo.
Per esempio costruire delle coalizioni molto grandi, tanto per fare un esempio appunto come quelle che sostenevano il governo Draghi che andava dal Partito Democratico alla Lega, passando per Forza Italia, Renzi, Calenda eccetera. Certo il governo Draghi aveva maggioranze, ma poi alle elezioni ha vinto l’unico partito che era fuori, cioè Fratelli d’Italia.
Potrebbe succedere anche in Francia se si formasse un’alleanza che non convincerà il popolo francese.
Per quanto riguarda l’affluenza record, invece, che ruolo ha giocato? E’ utile l’affluenza per battere le destre?
Sì e no. In Germania con un’alta affluenza c’è stato anche il record di voti di AfD dunque alta affluenza non vuol dire per forza voti alla sinistra. Le elezioni francesi fino a poco tempo fa erano caratterizzate da un’affluenza molto bassa, più bassa che in Italia. Questo proprio perché erano molto subordinate alle elezioni del Presidente della Repubblica. Questa volta però è sembra veramente che ci fosse qualcosa in gioco.
Chi sono gli elettori dei principali tre partiti? Esiste un loro identikit?
Partiamo dal fatto che ci sono tre blocchi poco comunicanti da questo punto di vista. L’elettorato Lepenista, quindi dell’estrema destra si è radicato soprattutto nel nord est a causa di un processo di deindustrializzazione molto, molto forte simile a quello avvenuto in Inghilterra o negli Usa. Da questi processi di deindustrializzazione molto forti sono scaturite delle ondate di estrema destra che in America hanno portato a Trump, nel Regno Unito alla Brexit e nella Francia del Nord-Est hanno dato terreno a Le Pen.
C’è poi il sud dove c’è un’altra dinamica. Ci sono molti immigrati, di seconda, terza, quarta generazione, soprattutto dall’Italia, anche dalla Spagna, dal Portogallo eccetera. Insieme a loro c’erano i francesi arrivati dall’Algeria. Il Sud però è anche una zona di imprenditoria ed artigianato.
Lì c’è stata una risposta molto dura contro l’immigrazione. Va detto che il voto all’estrema destra si è espanso anche verso altre fasce di popolazione. Invece il voto al Nuovo Fronte Popolare, quindi alla sinistra, è piuttosto urbano.
Il voto a RN si ferma infatti davanti alle città. Soprattutto a Parigi dove proprio non ci riesce a entrare. Ma in generale nelle città francesi, che sono ormai molto multiculturali, e soprattutto dove vivono persone piuttosto formate, c’è qui una certa frattura educativa.
Chi è diplomato, laureato o ha titoli superiori è molto difficile che voti per RN, soprattutto se vive nelle città. La differenza è che nelle città ci sono più occasioni di associazionismo e cooperazione mentre al di fuori – dove si vota Le Pen – molto meno.
Macron raccoglie consensi principalmente tra le fasce più anziane della popolazione che vivono in aree benestanti. È un voto di persone che prediligono la stabilità davanti a tutto, molto simile all’elettorato repubblicano. All’inizio Macron era più votato anche dai giovani. Queste persone ora sono più spostate a sinistra perché era percepito come un innovatore ma ormai Macron è invece percepito come l’elemento di stabilità di questo sistema.
Le elezioni di quest’anno sanciscono una rivincita della politica tradizionale in Francia o è un prosieguo di quello che è iniziato con Macron?
Le elezioni partono da una scelta di Macron. Tra le varie motivazioni di farle così anticipate c’era anche quello di scavalcare la possibile preparazione da parte dei partiti politici, dei sindacati, di questo tipo di corpi intermedi all’appuntamento elettorale.
Macron è comunque andato al potere e l’ha mantenuto con l’idea di proporsi come alternativo ai partiti. “Né destra né sinistra ma merito e competenza” queste erano le sue parole d’ordine. Macron si è posto come l’alternativa al caos generato dagli estremismi e come garante della stabilità.
Le due elezioni presidenziali le ha vinte in questo modo, come alternativa all’estremismo, anche se ultimamente infatti il suo consenso si sta riducendo parecchio. Quella del 7 luglio è una parziale rivincita della politica e dei partiti, perché ora Macron dovrà trattare anche con loro per mantenere il centro al potere.
Francesco Fatone – Giornalista