La lunga (e buona) stagione di Sergio Mattarella

Si compiono dieci anni di permanenza al Quirinale. Mattarella viene registrato dai sondaggi come l’unica personalità delle istituzioni politiche di cui la gente si fida. Grazie all’esercizio discreto e continuo di una pedagogia istituzionale e di un magistero morale

Il prossimo 3 febbraio saranno passati dieci anni dall’ascesa di Mattarella al soglio quirinalizio. In questo nostro tempo digitale, che celebra l’immediato piuttosto che avere la misura più lunga in cui i giudizi vanno a formarsi, dieci anni possono apparire un’eternità. Soprattutto se si parla di politica.
Il contesto del 2015 si affollava di nubi gonfie di nuove urgenze chiamate recessione economica, esplosione del Mediterraneo- e dei flussi migratori- dopo le “primavere” destinate a diventare presto inverni, e l’avvento dello “stile populista” nella politica politicante, una tendenza che contaminò un po’ tutti, ma si condensò in forma di partito nei Cinque Stelle di Grillo e nella Lega di Salvini.
Renzi, enfant prodige alla testa del PD, era in piena luna di miele con gli italiani che alle elezioni europee dell’anno prima gli avevano dichiarato una fiducia da vecchia DC: sfiorò il 42% dei voti. In quel tempo piaceva quel giovane affabulatore un po’ guascone, che si esprimeva con paradossi e sarcasmi. Insomma: eravamo in un’altra era. Mattarella, indicato dalla maggioranza di allora ad egemonia PD, venne eletto al quarto scrutinio con un consenso vicino ai due terzi. La nuova onda generazionale che investì il Parlamento facendone uno dei più giovani della Repubblica, non aveva memoria diretta di Mattarella.

L’elezione, una scelta veloce, e felice

Tuttavia non furono sconosciute le sue doti di competenza e di lealtà, il suo temperamento schivo e poco incline a sostituire allo studio e all’azione la comunicazione, come usava già allora. Fu una scelta felice del Parlamento anche per la tempestività con cui si raggiunse l’obiettivo: c’era peraltro memoria nei grandi elettori delle strigliate ricevute da Napolitano nel discorso dopo la sua seconda elezione all’età di 88 anni.
Il primo settennato del Presidente Mattarella si svolse in contesti nazionali ed internazionali di grande complessità: si pensi all’epidemia di Covid ma anche alla difficile coincidentia oppositorum nella politica italiana dopo il voto del 2018, con il risultato straordinario raggiunto dal Movimento Cinquestelle in perfetta solitudine e sventolando ostilità nei confronti di tutto il mondo dei partiti, con l’esito dell’impossibilità di una maggioranza di governo coerente. Ci furono, infatti, settimane di trattative tra il partito di maggioranza relativa e Lega di Salvini, senza esiti ma con corredo di esternazioni molto violente, compresa la dichiarazione di voler mettere in stato d’accusa il Capo dello Stato-peraltro condivisa dalla leader di FdI Meloni- per il caso Savona, noto per le sue posizioni antieuropeiste, indicato dal presidente incaricato Conte come ministro dell’Economia, e non accettato dal Capo dello Stato.

Sergio Mattarella esce dal Palazzo della Consulta e si ferma a salutare una scolaresca di Roma Photo Fabio Cimaglia / LaPresse

Un elemento di equilibrio contro i piccoli Cesari della politica attuale

Mattarella di fronte ad un nuovo impasse annunciò di aver convocato l’economista Cottarelli per conferirgli l’incarico di formare un governo in grado di portare il Parlamento a nuove elezioni. In un amen la crisi si risolse e Conte andò a giurare. Erano passati tre mesi dalle elezioni politiche. Un esempio efficacissimo di come, nella Repubblica un po’ scombiccherata che stiamo vivendo, senza più l’asse portante dei partiti democratici, ma con l’egemonia dei piccoli cesari a capo di partiti personali, in un clima perenne di conflitto senza quartiere tra le parti, avvolti tutti dalla nube rarefatta e un po’ tossica della comunicazione digitale che ha modificato la nostra neuropercezione della realtà, la figura istituzionale di un leader morale, apprezzato dal popolo come sopra alle parti e dotato di un ruolo costituzionale che mette al primo posto l’Unità della nazione, rappresenti una risorsa preziosa da non sprecare.
E’ stato messo in rilievo da stimati quirinalisti come il rapporto con il popolo abbia rappresentato un elemento caratterizzante il decennio di presidenza: in un tempo in cui bizzarramente la politica non si esprime più attraverso teoremi ideologici, ma si presta a sollecitazioni emozionali e di istinti basici che agiscono senza la mediazione del pensiero e solo attraverso la fisicità, perfino aggressiva, del leader, Mattarella viene registrato dai sondaggi come l’unica personalità delle istituzioni politiche di cui la gente si fida.

Il fascino inattuale, e per questo più potente, di un gentiluomo del Sud

È veramente motivo di speranza il pensiero che una persona dallo stile di antico gentiluomo meridionale, simile nella gestualità all’iconografia di Aldo Moro, dalla prosa pulita del buon maestro che punta al cervello ma anche al sentimento, dedito all’elusione del rumore in una scena pubblica che invece soltanto di rumore è composta, uno così possa raccogliere un consenso trasversale così grande.
Al tempo del suo secondo mandato, che poi è quello attuale, altre terribili iatture internazionali, come le guerre dietro casa, si sono affacciate, trovando Mattarella fermo nel giudizio di condanna e nella scelta di sostegno alle ragioni degli invasi. Nel giro di poco la politica globale si trasformava ancora non solo per l’indebolimento delle democrazie liberali che perdevano spazio a favore di nuove autocrazie, ma anche per l’ingresso a gamba tesa del digitale e dell’intelligenza artificiale nella contesa politica interna alle nazioni.
Mattarella è stato l’unico leader italiano e uno dei pochissimi a livello globale a comprendere la portata delle trasformazioni e a mettere in guardia sulla necessità di giungere attrezzati e non subalterni alle porte del nuovo mondo dell’algoritmo, che non è l’Eldorado che si vuole rappresentare. L’ha fatto spesso partendo dal valore dell’informazione nella democrazia, come strumento per il libero esercizio delle scelte. Perché, da buon costituzionalista, sa bene che non bisogna mai cedere sui principi per poter difendere lo Stato di diritto. Auguri Presidente!

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