Cultura, Mollicone: non vogliamo l’egemonia culturale ma la sintesi. Sulla pacificazione degli italiani, vale l’appello di Violante

Il presidente della Commissione cultura della Camera: A noi non interessa una cultura di destra e di sinistra, ma affermare, difendere, promuovere e riscoprire la cultura nazionale, italiana. Siamo per la costruzione di un nuovo immaginario profondamente italiano, e lo spazio mentale e operativo è nel “girotondo delle Muse”. Nella creatività e nella espressione dei talenti del Paese. Il ricordo di Pasolini uno “dei più importanti e vituperati intellettuali del Novecento”. Il pensiero di Vico sulla memoria e il ricordo, elementi imprescindibili da coltivare quotidianamente nelle piccole cose e che rendono possibile l’identità collettiva di una comunità nazionale. L’indagine conoscitiva della commissione Cultura sulla innovazione

Per decenni, la Destra e il mondo che le gravita attorno ha dato l’impressione, diciamolo brutalmente, di avere una sorta di complesso d’inferiorità verso la sinistra proprio sul piano culturale, soffrendone l’egemonia. Quali spiegazioni dà di questo fenomeno?

La sinistra è stata al Governo della cultura per dieci anni. Ha nominato in tutti i ruoli apicali del settore dirigenti vicini alla loro area politica influenzando spesso l’indirizzo artistico dell’ente. Penso alla direzione dei teatri, dei musei e di molti altri organismi del settore culturale. Il ruolo culturalmente egemonico della sinistra è da rintracciare nelle parole di uno dei suoi fondatori in Italia.  Antonio Gramsci diceva che la conquista dell’egemonia culturale è precedente a quella del potere politico e questa avviene attraverso l’azione concertata di intellettuali organici infiltrati in tutti i mezzi di comunicazione, di espressione e nelle università.

Ora che la Destra è al governo, ritiene che si possa invertire questa tendenza o convinzione, costruendo una egemonia culturale della Destra?

Noi da sempre siamo contro ogni forma di egemonia. La parola chiave sarà sintesi. A noi non interessa una cultura di destra e di sinistra, ma affermare, difendere, promuovere e riscoprire la cultura nazionale, italiana. Non vogliamo sostituire un’egemonia culturale come ha teorizzato e realizzato la sinistra storica e politica da Gramsci in poi, teorizzando una vera e propria strategia culturale, ma vogliamo affermare e riscoprire una cultura italiana in cui tutti si possano riconoscere.

Quali sono i vostri valori di riferimento e gli autori a cui una rinnovata cultura di Destra si ispira? Ricordo, a proposito di egemonia, che alla svolta di Fiuggi che diede vita ad Alleanza nazionale fu inserito in un ideale Pantheon perfino la figura di Gramsci.

 

Antonio Gramsci

 

L’azione di Governo in questo settore sarà ispirata, come detto in precedenza, da un principio di sintesi a tutela della cultura italiana tutta. Se in questo caso si fa riferimento ai valori e agli autori che hanno portato Fratelli d’Italia ad essere il primo partito di maggioranza relativa allora è sbagliato dire che esista un vero e proprio Pantheon. Il nostro percorso è stato illuminato da importanti luci, che hanno guidato la nostra azione politica. Fra tutti voglio ricordare Pasolini, uno dei più grandi e vituperati intellettuali del Novecento, a cui l’anno scorso abbiamo dedicato molte mostre e convegni.

 

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Vico, Gioberti, Gentile: quale contributo possono dare alla delineazione di una visione culturale della comunità nazionale?

Sono sicuramente dei grandi pensatori del passato e ognuno di loro, anche se con sfumature diverse, ha plasmato il pensiero conservatore e in generale hanno dato un grande contributo all’immaginario nazionale. Penso ad esempio alla dimensione di Giambattista Vico sulla memoria e il ricordo, elementi imprescindibili da coltivare quotidianamente nelle piccole cose e che rendono possibile l’identità collettiva di una comunità nazionale.

 

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Al recente convegno nazionale della Destra sulla cultura lei si è a lungo soffermato a delineare quello che ha definito “l’immaginario” degli Italiani o perlomeno un nuovo immaginario. Ce lo può sinteticamente descrivere?

La specializzazione delle singole arti e connesse discipline e pertinenze istituzionali, verificatasi a partire dalla prima metà del secolo scorso, ha implicato una separazione interna e un indebolimento del modello che per secoli si era manifestato, ed era stato, flessibile ma compatto, nella circolarità del «girotondo delle Muse». Oggi noi sappiamo che è in questo spazio mentale la radice possibile di un nuovo immaginario italiano, profondamente italiano.

Ritiene che la pacificazione tra gli italiani, che tutti invocano ma poi le divisioni restano, possa avvenire in valori da costruire insieme, abbandonando gli storici steccati ideologici, e prendendo come riferimento la carta costituzionale?

Penso che una pacificazione storica tra italiani sia non solo possibile ma auspicabile. Quando si parla di questo argomento penso alle parole dell’ex Presidente della Camera Luciano Violante che nel suo discorso di insediamento, applaudito anche dal gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale, pronunciò parole che devono restare scolpite sulla pietra: “Mi chiedo se l’Italia di oggi – e quindi noi tutti -” diceva Violante, “non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri.”

 

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E continuava: “questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all’interno di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni.”

Secondo Lei, quali sono gli ostacoli, i freni che si frappongono a questa liberazione, ognuno nel proprio campo, dai veleni delle ideologie?

Molto probabilmente non ci sono ostacoli o freni pregiudicanti, in ogni campo e in ogni fazione politica, ma solo una visione storica e sociale differente, nei limiti della Carta costituzionale e dei principi della democrazia. L’unico ostacolo presente, e ripeto le parole di Violante sopracitate, è la mancanza di “quel sistema comunemente condiviso”, che con gli anni, invece di costituirsi, si è sempre più dissolto.

Lei, durante il convegno sugli stati generali della cultura, ha accennato a una serie di audizioni della commissione che presiede, e riguardanti questioni culturali, la creatività, l’innovazione, la cultura digitale, il made in Italy. Ci può anticipare qualcosa?

Abbiamo attivato in commissione un’indagine conoscitiva sull’innovazione. A questo fine, occorre prevedere strumenti normativi adeguati per proteggere il patrimonio rispetto a uno sfruttamento illecito a mezzo della tecnologia blockchain. Dai concerti “live” ai musei virtuali, dalle proiezioni nei mondi immersivi ai talk, le conferenze e le serie, il Metaverso si sta confrontando con il mondo dei beni culturali, della comunicazione, dello spettacolo, della moda. In alcuni casi si tratta banalmente di immettere opere e testi in ambienti immersivi, in altri casi si sta provando a immaginare nuove funzioni per archivi e musei.

Secondo lei, qual è lo stato di salute della scuola italiana?

Il ministro Valditara sta lavorando intensamente per migliorare il sistema scolastico. Dal mio punto di vista è fondamentale insistere su un fattore in particolare che crea un gap sia con il mondo del lavoro sia con i sistemi scolastici degli altri paesi europei: la digitalizzazione. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza vede la digitalizzazione tra gli obiettivi principali nel campo della formazione, soprattutto per quanto riguarda l’ambito scuola e a seguito della DAD e della DDI, con cui ci siamo trovati a districarsi durante la pandemia. I dati statistici dimostrano che – per quanto riguarda la cittadinanza digitale attiva – l’Italia è ancora tra le nazioni meno formate d’Europa. Questi dati sono stati rilevati dalle performance scolastiche ottenute dagli studenti durante la didattica online e i motivi di questi risultati risultano essere molteplici. Le proposte a supporto dell’innovazione didattica sono moltissime, e coinvolgono sia metodologie di apprendimento che vere e proprie attività da far svolgere alla classe. Le metodologie si inseriscono nel più ampio panorama di una didattica che persegue oltre allo svolgimento dei programmi anche altri obiettivi formativi, dal benessere emotivo degli alunni e delle alunne ad una didattica realmente inclusiva, senza rovesciare il carattere preconfezionato della lezione frontale e dello svolgimento tradizionale delle ore scolastiche.

E dell’Università?

Il Governo e il Parlamento stanno lavorando per difendere gli interessi degli studenti e dei docenti, riattivando il sistema universitario e della ricerca nazionale. La Commissione VII sarà interlocutrice della filiera dell’innovazione tecnologica, dal settore della ricerca a quello della ricerca applicata, così da promuovere migliori politiche pubbliche, in un ecosistema, quello accademico italiano, in cui sono presenti molto eccellenze.

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Telegrafico profilo di Federico Mollicone:

Romano, già deputato di Fratelli d’Italia nella XVIII legislatura, rieletto nella XIX, di professione comunicatore e organizzatore culturale. Dal 1992 al 2007 è stato consigliere dei Municipi Roma IX e Roma1 Per Alleanza Nazionale, nel 2008 consigliere comunale di Roma per il Popolo della Libertà. A dicembre 2012 è stato tra i fondatori di Fratelli d’Italia. Nella XVIII legislatura ha fondato e coordinato l’intergruppo parlamentare Cultura, Arte e Sport. È presidente della Commissione Cultura di Montecitorio dall’inizio della corrente legislatura.

 

Mario NanniDirettore editoriale

 

 

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