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Lettere Americane 6 | Buon Cinco de Mayo | Omaggio alla cultura Messicano – Americana

Caro Direttore, Nel 1883, Emma Lazarus scrisse una poesia in cui esaltava “Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse accalcate che anelano a respirare libere”. Una targa di bronzo con le sue parole è apposta sulla Statua della Libertà, che ha dato il benvenuto all’arrivo di persone da tutto il mondo e alla prima storia d’amore dell’America con gli immigrati. È poco noto quanto gli immigrati americani abbiano influenzato lo sviluppo del Paese. Immaginate l’enorme diaspora di persone provenienti da tutto il mondo, che hanno introdotto nel Nord America il cibo, l’architettura, la cultura, la religione e la lingua più preziosi. La maggior parte di questo flusso si è verificato tra la fine del 1800 e la metà del 1900. Questa influenza è stata così significativa che il governo federale degli Stati Uniti ha designato ogni mese dell’anno in onore di un gruppo etnico diverso. Così, l’argomento della nostra lettera di oggi è culturale… Ogni quinto giorno di maggio, i messicani commemorano una battaglia contro l’invasione delle forze francesi. I francesi sono andati in Messico? Esatto, a metà del 1800 il Secondo Impero francese ebbe una fitta espansionistica e decise di allargare il proprio impero. La loro destinazione?Il Messico! L’esercito messicano all’epoca non era particolarmente ben equipaggiato né addestrato, ma si seppero difendere bene.  I francesi non rimasero in Messico. Questo divenne un grido d’allarme per i messicani. Tuttavia, come per la maggior parte degli espansionisti, la sete di potere si fa sentire e i francesi tornarono in seguito con altre truppe per insediare il loro imperatore in Messico. I francesi furono vittoriosi e per un breve periodo detennero una colonia in Messico. Nonostante la sconfitta militare messicana, la festa aveva già iniziato a radicarsi e fu ripresa e celebrata da altre colonie messicane. Quando alcune di

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Gli archeologi italiani e iraqeni a Ninive salvano il patrimonio dell’umanità

Il patrimonio archeologico è un bene condiviso dell’Umanità intera e per questo deve essere protetto e valorizzato: osservare e toccare i resti materiali di tante generazioni umane dovrebbe aiutare la nostra memoria e il nostro senso di responsabilità. Per arrivare sin qui ci sono voluti millenni di sacrifici, di errori e di conquiste. La materialità dell’archeologia, toccare gli oggetti o i muri delle antiche costruzioni, risveglia la nostra più profonda umanità. Questa consapevolezza balza agli occhi quando ci si trova a scavare i centri maggiori del Vicino Oriente, in territori che hanno vissuto sofferenze indicibili e che hanno visto questo patrimonio calpestato e distrutto (cfr. Paolo Matthiae, Distruzioni, saccheggi, rinascite, Electa 2015). In questo campo l’Italia eccelle. Lo ha dimostrato di recente la missione archeologica dell’Università Alma Mater Studiorum di Bologna diretta da Nicolò Marchetti a Ninive, l’antichissima capitale del regno assiro, una delle più antiche e più estese città del Vicino Oriente. Le archeologhe e gli archeologi bolognesi, assieme allo State Board of Antiquities and Heritage dell’Iraq e con il fondamentale supporto del Ministero degli Affari Esteri (che sostiene le missioni archeologiche con un programma dedicato) e delle fondazioni J.M. Kaplan e Volkswagen hanno ripreso a lavorare a Ninive, inglobata dalla moderna Mosul, una delle città martirizzate da Daesh, nel 2019. Ninive è la città più antica dell’Assiria e una delle più sante, sede del tempio della dea Ishtar, l’antica divinità guerriera degli Accadi, ricostruita dai re paleoassiri nei primi secoli del II millennio a.C. e diventata poi uno dei centri principali del regno assiro nel I millennio a.C. Quando il re Sennacherib (704-681 a.C.) decise di trasferirvi la sua capitale, ampliò la città fino all’incredibile estensione di 700 ettari, proteggendola con un circuito di poderose mura lungo 12 km, in cui si aprivano 18 porte. Secondo la Bibbia,

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