Previous slide
Next slide
Previous slide
Next slide
Previous slide
Next slide
Personaggi

Gerardo Bianco, il bel gesto di Mattarella, ma una commemorazione parziale. È mancato il Bianco della Balena Bianca

La presenza del Capo dello Stato alla cerimonia in ricordo di Gerardo Bianco è stata un bellissimo gesto e un significativo riconoscimento peraltro accompagnato da una larghissima partecipazione di amici. Il cerimoniale ha le sue regole, alle quali è difficile derogare e la rigidità comprime tempi e slanci emotivi. È stato tracciato un bel profilo di Bianco uomo di cultura, ma poco lumeggiato il Bianco politico quasi che la storia sia stata solo quella postdemocristiana.     Ecco, è mancato il Bianco della Balena Bianca. Del resto era prevedibile una visione parziale dalla impostazione dei relatori. Dunque non abbiamo trovato analisi penetranti sulla azione di Bianco dentro la Dc con le sue grandi battaglie, con vittorie e con sconfitte.     Bianco è quello che intervenne per la commemorazione di Bartolo Ciccardini all’Istituto Sturzo indossando per l’occasione la cravatta con la “balena bianca” donatagli da Bartolo o quando alla commemorazione sempre di Bartolo volle lo storico Francesco Malgeri a Cerreto d’Esi insieme a Francesco Merloni, suo coetaneo, con il quale Bartolo aveva combattuto per la libertà nella vallesina durante la occupazione nazista. Legava momenti del ricordo sempre a pagine di storia. Quante riunioni ha convocato da capogruppo in quella sala in cui è stato ricordato? Tante; non erano solo assemblee dei deputati anche congiunte con i senatori ma anche momenti di elaborazione culturale con giornate di studio o seminari di approfondimenti che dovevano trovare nella sede istituzionale il suo significato più forte! Li furono gettate nel novembre 1980 le basi, alla presenza della presidente Nilde Jotti, della prima riforma regolamentare dopo quella Andreotti-Ingrao del 1971, della programmazione dei lavori parlamentari e il rafforzamento dei poteri presidenziali per garantire la funzionalità dell’Istituto. Il tramonto della centralità parlamentare imponeva di per se l’urgenza di ricostruire e rafforzare la funzione. Lì invitó il

Leggi Tutto
Cultura

Le due culture. “Prometeo non salva”

Il dibattito sulle due culture, avviato da beemagazine alcuni mesi fa, si avvia verso la conclusione. Oggi pubblichiamo, per gentile concessione dell’autore, un contributo di Ivano Dionigi, ex Rettore dell’Università di Bologna e Professore Emerito di Letteratura latina, sul tema delle due culture, umanistica e scientifica, apparso sulla rivista trimestrale di cultura civile Nuova Atlantide, diretta da Enzo Manes, che fa capo alla Fondazione per la Sussidiarietà

Leggi Tutto
Cultura

Prada ricicla le memorie di Adriano (e di Costantino, di Federico II, di Lorenzo il Magnifico…)

                      “Tutto è pronto: l’aquila incaricata di recare agli dèi l’anima dell’imperatore è tenuta in riserva per la cerimonia funebre; il mio mausoleo, sulla sommità del quale vengono piantati in questo momento i cipressi destinati a formare contro il cielo una piramide nera, sarà terminato pressappoco in tempo per deporvi le mie ceneri ancor tiepide”. Così nel 138 d. C. l’imperatore Adriano si appresta a vivere i suoi ultimi minuti terreni secondo Marguerite Yourcenar (cito dalla penultima pagina, 275, della ristampa italiana del 1988 per Einaudi del testo di Memorie di Adriano). Tra il 135 e il 139 d. C., in un’area di Roma oggi centrale, viene eretto il mausoleo nel quale Adriano volle che fossero tumulate le sue ceneri, quelle di sua moglie Sabina e del primo figlio adottivo, Lucio Elio. Il mausoleo era circondato da un giardino, il paradeisos, popolato da statue di animali, tra cui due pavoni di bronzo dorato che dovevano sorprendere, con la loro meravigliosa fattura realistica, chi si avvicinava al monumento pagano poi convertito nella fortezza cristiana divenuta residenza di papi e ancora oggi nota come Castel Sant’Angelo. I pavoni erano un soggetto prediletto dall’arte funeraria romana: sacri a Giunone, erano simbolo di immortalità e alludevano all’apoteosi, soprattutto di imperatrici. Con la doratura ancora parzialmente conservata, la raffinatissima resa del piumaggio e dell’atteggiamento, uno dei due pavoni ha viaggiato dai Musei Vaticani (dove è conservato) fino al Podium della Fondazione Prada a Milano, dove sorprende, altero, i visitatori che entrano nel primo dei due spazi espositivi allestiti da Rem Khoolaas per la mostra Recycling Beauty (sul pavone si veda la scheda 6 di Claudia Valeri in catalogo, pp. 121-123). Al centro del Podium si può girare attorno a una scultura monumentale con un leone

Leggi Tutto
Cultura

Pirandello, l’edizione integrale del Taccuino di Bonn

È stata di recente pubblicata l’integrale riproduzione di un taccuino di Luigi Pirandello, finora noto soltanto per gli stralci che ne avevano dato Corrado Alvaro nella «Nuova Antologia» del 1934 e poi Manlio Lo Vecchio-Musti nel volume dei Saggi Poesie Scritti vari. Il merito dell’edizione va alla Biblioteca-Museo Luigi Pirandello di Agrigento che, a differenza di altre pregevoli pubblicazioni come il Taccuino di Coazze, le Lettere di Luigi Pirandello a Giuseppe Schirò (1886-1890), o Conchiglie e Alighe Quaderni giovanili 1883-1884, ha per questo Taccuino di Bonn approntato un volume di dimensioni eccezionali, raccogliendovi contributi e commenti che sembrano schiacciarne l’esiguità, trattandosi d’un quadernetto di poco più di 100 carte che riguarda il periodo renano solo per la metà. Non mi tratterrò a valutare i contributi e i saggi che l’accompagnano per la semplice ragione che avendo anch’io collaborato, non è opportuno che giudichi un lavoro che è anche il mio. Mi limiterò a parlare del Taccuino di Bonn cercando solo di cavarne quel che mi pare più interessante: la storia di un giovane di ventidue anni che si trova per la prima volta per ragione di studio in un paese straniero di cui conosce a mala pena la lingua e dove in quel soggiorno dovrebbe conseguire un titolo che gli apra la possibilità di una carriera accademica. Ma egli lascia l’Italia per allontanare da sé una situazione incresciosa: un fidanzamento “ufficiale” con tutti gli obblighi che tale situazione, in Sicilia e in quel tempo, imponevano. Il legame che nel 1886 aveva contratto a Palermo con una cugina del ramo paterno era frutto dell’accensione di un diciannovenne più nutrito di sogni poetici, di fantasie d’amore, che di senso pratico e di adesione alla realtà, e di cui presto s’era pentito ma da cui non era più capace di districarsi. Partendo dall’Italia

Leggi Tutto
Personaggi

Israele, Netanyahu si prepara al governo più di destra di sempre

Per cercare di capire i retroscena dell’esito elettorale israeliano – un compito quanto mai complicato, come tutto ciò che riguarda la politica di quella nazione – bisogna scindere l’analisi in quattro parti: il fenomeno (proprio nel senso di “Highlander”) di Benjamin, Bibi per amici e nemici, Netanyahu, l’affermazione del leader suprematista ebraico Itamar Ben-Gvir, il cui partito Otza LeYsrael è diventato la terza forza politica di Israele, il disgregamento di quello che con una forzatura parametrata sulle categorie italiane si chiamava il blocco di centro-sinistra, laburisti in testa, e il comportamento dell’elettorato arabo. Un passato di ufficiale nelle forze speciali, con uno stato di servizio che include azioni temerarie nella Guerra del Kippur e all’interno del territorio nemico (Siria), la storia personale di Bibi può considerarsi in due fasi. Lasciata la divisa da capitano, si afferma nel mondo del lavoro e della politica, grazie a una preparazione accademica di prim’ordine, quasi tutta negli Stati Uniti, dove consegue laurea, master e dottorato in due fra le più prestigiose istituzioni americane; i primi due livelli, in economia, al MIT e il PhD, in scienze politiche, ad Harvard. Primo capo del governo (e Premier più giovane) nato nel 1949 in Israele, il cui stato fu proclamato l’anno precedente la sua nascita, Bibi fonda l’Istituto antiterrorismo Yonatan Netanyahu, intitolato alla memoria del fratello maggiore Yonatan, rimasto ucciso a Entebbe, in Uganda, durante una celebre azione israeliana in cui furono liberati ostaggi ebrei. A 44 anni si afferma come leader del Likud, il partito conservatore, e tre anni dopo è Premier. Il suo operato, inizialmente vincente, ha una prima battuta di arresto nei favori del pubblico, che giudica troppo poco convinta e per alcuni versi contraddittoria la linea negoziale da lui adottata verso i palestinesi dell’Olp, al tempo ancora guidato da Yasser Arafat. Sconfitto alle

Leggi Tutto