Gerardo Bianco, il bel gesto di Mattarella, ma una commemorazione parziale. È mancato il Bianco della Balena Bianca

La presenza del Capo dello Stato alla cerimonia in ricordo di Gerardo Bianco è stata un bellissimo gesto e un significativo riconoscimento peraltro accompagnato da una larghissima partecipazione di amici. Il cerimoniale ha le sue regole, alle quali è difficile derogare e la rigidità comprime tempi e slanci emotivi. È stato tracciato un bel profilo di Bianco uomo di cultura, ma poco lumeggiato il Bianco politico quasi che la storia sia stata solo quella postdemocristiana.

 

 

Ecco, è mancato il Bianco della Balena Bianca. Del resto era prevedibile una visione parziale dalla impostazione dei relatori. Dunque non abbiamo trovato analisi penetranti sulla azione di Bianco dentro la Dc con le sue grandi battaglie, con vittorie e con sconfitte.

 

 

Bianco è quello che intervenne per la commemorazione di Bartolo Ciccardini all’Istituto Sturzo indossando per l’occasione la cravatta con la “balena bianca” donatagli da Bartolo o quando alla commemorazione sempre di Bartolo volle lo storico Francesco Malgeri a Cerreto d’Esi insieme a Francesco Merloni, suo coetaneo, con il quale Bartolo aveva combattuto per la libertà nella vallesina durante la occupazione nazista. Legava momenti del ricordo sempre a pagine di storia.

Quante riunioni ha convocato da capogruppo in quella sala in cui è stato ricordato? Tante; non erano solo assemblee dei deputati anche congiunte con i senatori ma anche momenti di elaborazione culturale con giornate di studio o seminari di approfondimenti che dovevano trovare nella sede istituzionale il suo significato più forte!

Li furono gettate nel novembre 1980 le basi, alla presenza della presidente Nilde Jotti, della prima riforma regolamentare dopo quella Andreotti-Ingrao del 1971, della programmazione dei lavori parlamentari e il rafforzamento dei poteri presidenziali per garantire la funzionalità dell’Istituto. Il tramonto della centralità parlamentare imponeva di per se l’urgenza di ricostruire e rafforzare la funzione.

Lì invitó il grande premio Nobel per l’economia, l’eclettico postKeynesiano Paul Samuelson – autore del manuale di economia più diffuso nel mondo – a dare indicazioni sulla sicurezza sociale nei paesi industrializzati insieme all’illustre demografo francese Alfred Sauvy che nel 1982 anticipò per l’Italia il divorzio, non quello tra moglie e marito, ma tra la società e la vita! Come è purtroppo avvenuto e come dicono i numeri demografici.

La collaborazione con Nilde Iotti poi sarà più intensa quando da vicepresidente della Camera sarà chiamato a gestire il difficile compito di situazioni di Aula nel rispetto delle regole parlamentari.

Nell’Auletta volle affrontare i problemi delle grandi aree del mondo, con Prodi e Monti non ancora assunti a cariche istituzionali. Avvertiva l’esigenza di una larga mobilitazione di energie e capacità intellettuali in grado di tracciare nuove linee, formulare più aggiornate teorie che potessero evitare di giungere alla stagnazione politica e culturale.

E come dimenticare il dibattito che sul fronte interno alla Dc volle per aggiornare le idee del grande convegno economico di Perugia del 72 che trovò poi conferma e mobilitazione con l’avvento della Segreteria De Mita. L’azione da parlamentare europeo verso i Paesi dell’area mediterranea erano la continuazione delle sue iniziative con il sostegno di Andreotti, in favore dell’allargamento della Comunità europea con Grecia Spagna e Portogallo nonostante le resistenze delle organizzazioni agricole che vedevano pericoli dalla competizione sui prodotti mediterranei.

Affrontò nel 1980 i problemi delle Partecipazioni statali e degli oneri impropri che sarebbero esplosi alla fine del decennio.

Tutte vicende che hanno visto anche come protagonisti molti testimoni del tempo presenti ieri come Calogero Mannino, Giuseppe Gargani, Mario Segni Mario Tassone, Luigi Meduri, Pino Pisicchio, Alessandro Forlani e tanti altri.

Completamente marginalizzata la fase della sua guida della Associazione ex parlamentari per oltre un decennio, affrontando con coraggio e determinazione, a volte controcorrente, le spinte demagogiche, populiste, qualunquiste che avevano fatto presa nel renzismo e nel grillismo. Privilegiò la buona politica con i temi in agenda dalla legge elettorale alla riforma costituzionale, dal federalismo al meridionalismo.

Fece iniziative e incontri su territorio da Napoli a Milano da Castrocaro a Firenze senza dimenticare le celebrazioni dei 150 anni dell’unità di Italia a Torino con una splendida relazione del liberale Valerio Zanone alla presenza di Fassino appena eletto sindaco di Torino. Così come volle essere presente con specifiche iniziative all’Expo di Milano.

Bianco era pluralista nei rapporti politici, mai settario. Ieri è mancata completamente la “presenza” non fisica, ma culturale della area liberal-democratica nella quale affondava le sue radici.

Credo che l’associazione ex parlamentari dovrà prevedere una giornata di studio dedicata al suo presidente emerito dando voce alle persone che possano meglio integrare la conoscenza della sua figura e personalità con analisi penetranti di vicende storiche che non possono essere parziali.

Completamente omessa la fase storica degli anni Ottanta rispetto alle scelte sul Preambolo e sul Pentapartito, compresa la visione sui problemi della Giustizia e non furono questioni marginali.

L’europeismo di Bianco affonda nella storia della Dc, da De Gasperi a Moro con tappe fondamentali nella vicenda SME del 1978 che segnò una rottura politica con la sinistra; poi nella elaborazione del programma elettorale del 1992 con la segreteria Forlani. L’unione Monetaria Europea è conseguenza di quelle scelte fondamentali.

Per non parlare poi della vicenda Ciampi che non parte nel 1996 ma nel 1993 con molte pagine non raccontate come quelle sulle privatizzazioni delle telecomunicazioni, in particolare; devono essere scritte dagli storici senza pregiudizi nel segno del pluralismo e delle libertà alle quali Gerardo Bianco era profondamente ancorato.

 

 

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