Cultura

Pandemia, uno choc per le imprese culturali e creative. C’è bisogno di una strategia per ripartire

Un’interessante e preziosa ricerca, presentata nel gennaio scorso, condotta da Ernest&Young, in collaborazione con importanti partner, ha messo in luce cosa è accaduto all’economia culturale e creativa in Europa a seguito della pandemia.  A parlare chiaro, come sempre, sono i numeri. Emerge così che la crescita dell’ICC, tra il 2013 e il 2019, è stata del 13 % con un volume d’affari di 643 miliardi di euro ed un valore aggiunto totale di oltre 250 miliardi di nel 2019, dando conto che le attività centrali delle industrie culturali e creative rappresentavano il 4,4% del PIL UE in termini di fatturato complessivo.  Nel 2019, con oltre 90 miliardi di euro di crescita di incassi in 6 anni e un impiego di oltre 7 milioni e 600 mila persone con la creazione di 700 mila nuovi posti di lavoro nell’ambito della cultura, il settore si dimostrava in grande performance e al contempo in una fase di importante innovazione a seguito dell’uso di nuove tecnologie digitali applicate al settore, dove solo il segmento stampa ed editoria non riusciva a recuperare la flessione del fatturato.  Un dinamismo generato in gran parte da piccole e medie imprese (oltre il 90%) e con il 33 % costituito da lavoratori autonomi, pari a oltre il doppio dell’economia europea ferma al 14%.  Altro elemento distintivo della ICC segnalato dalla ricerca  veniva indicato dal dato che le imprese del settore rappresentavano circa l’1,5% delle esportazioni complessive europee, con un surplus commerciale pari a quello registrato da categorie come quella dei prodotti alimentari e bevande.  Poi, con il Covid, un crollo violento, con l’ICC che nel 2020 ha perduto oltre il 30% dei ricavi, con un calo in termini assoluti che ha sfiorato i 200 miliardi di euro. Solo per avere idea di come la crisi generata dal Covid abbia

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