Bullismo e cyberbullismo, si rischia reclusione fino a otto anni se passa una proposta di legge presentata alla Camera

Prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo. Come? Con la reclusione da uno a sette anni per chi compie bullismo, e da due a otto anni per chi pratica cyberbullismo.

Si tratta di una proposta parlamentare, presentata alla Camera dal presidente della Commissione Giustizia, Ciro Maschio.

 

Ciro Maschio

 

La proposta di legge, che si riferisce al fenomeno del bullismo in generale e non solo a quello che si determina nell’ambito scolastico, introdurrebbe l’articolo 612-bis.1 del codice penale. Inoltre, il testo contiene una delega al Governo per adottare misure di prevenzione e contrasto di questi fenomeni, anche individuando risorse finanziarie adeguate.

La proposta, presentataa febbrai, è stata successivamente sottoscritta dai deputati Stefano Benvenuti Gostoli e Federico Mollicone e poi assegnata alle Commissioni riunite II Giustizia e XII Affari sociali in sede Referente il 27 febbraio. Al momento, è in corso di esame in Commissione ed è quindi all’inizio del suo iter.

 

Stefano Benvenuti Gostoli.                                                             Foto: copyright Cronache Ancona

 

Federico Mollicone

 

Si tratterebbe di una svolta nel nostro ordinamento giuridico, in quanto il bullismo, da sempre un problema sociale, presente soprattutto nelle dinamiche adolescenziali, non è mai stato classificato come reato. Per la precisione, infatti, sono gli atti di bullismo che, a oggi, possono configurare una fattispecie di reato. Si configura, in particolare, il reato di violenza privata quando il bullo pone la vittima in una condizione di soggezione psichica a seguito dell’atto violento, di minacce e prepotenze. Ma il bullismo consiste proprio in azioni di sistematica prevaricazione e sopruso messe in atto da parte di un bambino, di un adolescente o di un gruppo di persone nei confronti di un’altra, percepita come più debole a causa di diversi motivi.

In questi anni ci sono state diverse leggi approvate con il fine di contrastare queste attitudini giovanili. L’ultima risale al 2017 e aveva innanzitutto fornito una definizione univoca di entrambi i fenomeni. Il bullismo era stato definito come “l’aggressione o la molestia ripetuta nei confronti di una o più vittime, allo scopo di ingenerare in essi timore, ansia o isolamento ed emarginazione”.

Il cyberbullismo, invece, si identificava come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica”. Il vecchio testo del disegno legge illustrava poi altre forme di bullismo via internet, tra cui “la realizzazione e la diffusione online, attraverso, chat-room, blog o forum, di immagini, registrazioni o altri contenuti aventi lo scopo di offendere l’onore e la reputazione della vittima”.

Inoltre, per la legge precedentemente approvata, oggi è prevista l’adozione da parte del MIUR di “linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto” del fenomeno nelle scuole, “anche avvalendosi della collaborazione della Polizia postale” e con l’insediamento in ogni scuola di uno specifico docente-referente. Nei casi considerati meno gravi, è previsto invece l’ammonimento da parte del questore, mutuato dal reato di stalking, al posto della vera e propria sanzione penale.

Con queste disposizioni, tuttavia, il fenomeno non è di certo scomparso. Al contrario, è cresciuto in maniera sempre più preoccupante, in particolare tra i giovani ma anche nei confronti di altre categorie fragili.

Secondo le dichiarazioni del presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, nel corso dell’audizione svolta dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza nel 2019, “la definizione del fenomeno si basa su tre condizioni: intenzionalità, persistenza nel tempo, asimmetria nella relazione”. Esso è pertanto contraddistinto anche da una durata temporale delle azioni vessatorie.

Le statistiche sono particolarmente allarmanti: circa il 15 per cento degli adolescenti ha dichiarato di essere stato vittima almeno una volta di atti di bullismo e di cyberbullismo “con proporzioni di circa il 20 per cento negli 11enni che progressivamente si riducono al 10 nei più grandi”. È quanto è emerso, alla vigilia della Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, dalla VI indagine relativa all’anno 2022 condotta dal sistema di sorveglianza HBSC-Italia.

“Non emergono – precisa il presentatore della proposta di legge – significative differenze tra le regioni, con una variabilità compresa, per il bullismo, tra il 13 per cento in alcune regioni del sud Italia, quali la Calabria e la Basilicata, e il 18 per cento nelle province autonome di Trento e di Bolzano. Per il cyberbullismo – prosegue Maschio – le percentuali oscillano tra l’11-12 per cento nelle province autonome di Trento e di Bolzano e il 16 per cento nelle regioni Campania, Puglia e Sicilia”.

Ma come nasce il bullismo e cosa comporta nel tempo?

Innanzitutto, si fonda non solo su una volontà di sopraffazione insita in alcune persone, ma anche e soprattutto sul fallimento della comunità della quale fanno parte le figure educative, a partire dai genitori, e di uno schema valoriale condiviso. Costituisce poi la manifestazione di un vero e proprio malessere sociale sia per coloro che provocano il danno sia per coloro che lo subiscono: i primi rischiano di manifestare problematiche antisociali e devianti, mentre i secondi rischiano di sviluppare un’eccessiva insicurezza caratteriale che può sfociare anche in depressione.

Il cyberbullismo ha effetti psicologici ancora più devastanti rispetto al bullismo. Nella dimensione virtuale, infatti, le immagini e i commenti utilizzati per compiere tali atti spesso non possono essere cancellati o, se eliminati, hanno comunque già raggiunto una diffusione estesa e incontrollata. Il cyberbullismo genera, quindi, ferite inguaribili proprio perché il fenomeno si autoalimenta ed è impossibile esercitare un controllo da parte del singolo.

Accade quindi che questi comportamenti aggressivi creino nei bambini e negli adolescenti problemi che possono persistere anche nella vita adulta.

Occorre quindi correre ai ripari e al più presto: colmare quella lacuna giuridica che non configura il reato specifico. Si punirebbe con la reclusione da uno a sette anni il bullismo , tradotto come “condotte reiterate, mediante violenza, atti ingiuriosi, denigratori o diffamatori o ogni altro atto idoneo intimidisce, minaccia o molesta taluno, in modo da porlo in stato di grave soggezione psicologica ovvero da isolarlo dal proprio contesto sociale”.

La pena poi aumenterebbe da due a otto anni “se i medesimi fatti sono commessi mediante la rete internet o la rete di telefonia mobile”.

Il buon esito dell’attuale percorso di legge, in ottica futura, probabilmente non eliminerà il fenomeno, ma certamente potrebbe rendere più restii i cosiddetti bulli, andando incontro ad una società più inclusiva.

 

Enrico ScoccimarroGiornalista

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