Biennali. Sogni dell’arte e Sfide della realtà.Un libro di Vittoria Biasi ed Edwige Bilotti

Una riflessione sulla 59/ma Mostra internazionale di Venezia, dopo la lunga pausa dovuta alla pandemia, per “scoprire come i linguaggi dell’arte dei vari Paesi siano mutati nelle solitudini e nelle pressioni del difficile periodo trascorso”.

È questo l’intento di due studiose, Vittoria Biasi e Edwige Bilotti, nello scrivere quest’agile pubblicazione.

Vittoria Biasi, già docente di storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Firenze, vicina agli artisti interpreti della monocromia bianca e dei linguaggi della luce, si dedica alla critica teorica. Tra le pubblicazioni principali: Memorie del bianco, Accordi di luce, luce d’arte per l’arte; Architetture del bianco, White & White; Korea and Italy; Walking on the White Side. Organizza mostre nazionali e internazionali con attenzione a scenari e dialoghi interculturali tra India, Corea, Thailandia. Partecipa con un progetto speciale alla quarta biennale del “Fin del Mundo”, è curatrice in V Biennale Libro d’Artista di Cassino. Ha fondato il sito www.lebiennali.com.

Del bianco, Vittoria Biasi non ha fatto solo un campo di studio e di ricerca estetica, ma anche un segno identificativo, quasi un sigillo: veste perennemente di bianco in tutte le stagioni e del colore della luce sono gli arredi della sua casa.

Edwige Bilotti, l’altra autrice d questo volumetto, è teorica della World Systems Analysis, docente all’Università La Sapienza di Roma, Adjunct Professor alla Binghanton University di New York, è impegnata nell’economia solidale. Ha collaborato con Carlo Bilotti alle attività e alla realizzazione del Museo Bilotti di Roma, di cui è presidente, e del Museo all’aperto Bilotti di Cosenza. Tra i suoi libri: The Rise of East Asia; Il lavoro delle donne nello sviluppo del capitalismo; Il capitalismo asiatico nell’analisi del sistema-mondo.

In questa riflessione delle due autrici sulla 59/ma Biennale sono contenute alcune critiche: della presenza italiana è stato detto pochissimo, se non fosse stato per il Padiglione Italia che ha acceso anche controverse discussioni. Le artiste italiane – sottolineano Biasi e Bilotti – sono state quasi ignorate; non c’è  da meravigliarsi visto che non si sono imposte per le dimenisoni, le forme, i materiali e sono spesso anche lontane da tematiche squisitamente femminili.

Posticipata al 2022, causa Covid,  la 59/ma Biennale di Venezia “si è inaugurata tra il decalage della pandemia e l’escalation bellica”. La direttrice Cecilia Alemani, per il titolo e la poetica della sua difficile Biennale, si è ispirata all’opera Il latte dei sogni, di Leonora Carrington. Il riferimento è l’ossequio all’eroismo del personaggio, che ha attraversato con forza e mistero i diversi stadi di una vita da artista amata, esiliata, rinchiusa in ospedali psichiatrici, pronta a artecipare e dare sostegno alle manifestazioni in avore delle donne, spostandosi in vari Paesi fino all’ultimo trasferimento a Città del Messico.

 

 

Il libro illustra le opere presentate nei vari Padiglioni, di Taiwan, del Giappone, della Cina.

Quanto alle tematiche, come spiegò la curatrice Cecilia Alemani, spaziano dalla rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi, alla relazione tra gli individui e le tecnologie, ai legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra. Ma il contesto cui si ispira The Milk of Dreams è quello delle post-colonial Theories. Il vasto dibattito esplora molte realtà tra cui la storiografia subalterna, le costruzioni della soggettività occidentale, della cultura e del genere; la natura delle minoranze e dell’identità; la natura delle culture colonizzate e la resistenza anticoloniale.

Con la presenza di un grandissimo numero di artiste-rilevano le due autrici Biasi e Bilotti-la curatrice ha cercato di rimediare al maschilismo del sistema dell’arte e ha delineato un’attenzione generale verso le minoranze.

Ci sono molti spunti interessanti di riflessione in questo libro.  Per esempio, a proposito dell’arte e della bellezza, la citazione di una frase di Paul Dirac, un fisico: “Fu il mio acuto senso della bellezza che mi fece scoprire il teorema che porta il mio nome”.. Da qui le autrici ricavano la conferma che ” il vero è nel bello’”. Ma Dirac non è il solo tra i fisici e i matematici a porre problemi così affini con il fare dell’artista. Come lascia pensare la famosa frase di Einstein: “l’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascer l’evoluzione”

 

 

Da parte sua Giorgio Parisi, Premio Nobel, afferma: “La mente immaginativa di un grande matematico è così potente da permettergli di formulare delle congiunture la cui dimostrazione richiede a volte anni e anni di calcolo”.

 

Simone Massaccesi – Redattore

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