Mondo

Lettera Benedetto XVI su abusi, commenti in Vaticano e nella Chiesa

“La lettera mi ha fatto una grandissima impressione, mi è parsa una grande lezione di spiritualità: è un grande, ho pensato, e ha assunto su di sé la responsabilità per fatti in cui non c’entra niente. Il messaggio è una lezione per tutti noi vescovi e pastori”. Il cardinale Giuseppe Betori è tra quanti apprezzano particolarmente la Lettera che Benedetto XVI ha pubblicato il 6 febbraio scorso, a proposito degli abusi del clero nel periodo in cui era arcivescovo di Monaco, dal 1977 al 1981. Il testo, che Beemagazine pubblica integralmente,  ha avuto accoglienza positiva in Vaticano e nella Chiesa italiana, meno in quella tedesca, che già aveva criticato le risposte del papa emerito al dossier sugli abusi commissionato in Germania. Il dossier gli attribuisce quattro inadempienze negli anni in cui era arcivescovo di Monaco, accusandolo di aver coperto i pedofili. Ratzinger aveva presentato una memoria in cui dice di non aver conosciuto le responsabilità di alcuni abusatori, quindi di non aver fatto nulla per nasconderle e di non essere stato indifferente alle vittime, ma molti in Germania non lo credono.  Tra l’altro la memoria contiene un errore circa la partecipazione dell’allora arcivescovo a una riunione nel 1980, errore per cui il papa emerito si è poi scusato, ma è stato accusato di aver mentito sapendo di mentire.  “Un insabbiatore lui ? – commenta Betori, che è arcivescovo di Firenze – È un uomo di specchiata onestà, che ha lottato contro la piaga degli abusi spesso solo contro tutti, si sa la mentalità della curia in una certa epoca; vogliamo fare un nome per tutti? Quel Maciel (il fondatore dei Legionari di Cristo, violentatore seriale, ndr) che lui ha avuto il coraggio di punire, andando contro tutti”. Le vesti di bugiardo non si attagliano a Joseph Ratzinger neppure a giudizio

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Cultura

Rielezione Mattarella, sollievo in Vaticano e nel mondo cattolico

Il caloroso telegramma del Papa a Sergio Mattarella è stato pubblicato ancora prima del tweet della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, e probabilmente Francesco  è stato il primo leader internazionale a congratularsi pubblicamente per la rielezione al Quirinale. Un testo tutt’altro che formale, e in sintonia con il sentire del capo dello Stato, in cui Bergoglio, evocata la situazione difficile creata dalla pandemia, i disagi, le paure e le difficoltà lavorative, afferma: “Il suo servizio è ancora più essenziale per consolidare l’”unità”. E formula “i migliori auguri per lo svolgimento del suo alto compito che – sottolinea – ha accolto con generosa disponibilità”. Il quasi contemporaneo messaggio di congratulazioni del presidente della Conferenza episcopale Gualtiero Bassetti e l’intervista che il direttore di Civiltà cattolica Antonio Spadaro ha rilasciato ad Askanews nel primo pomeriggio, appena si è profilata la soluzione Mattarella-bis che alla ottava votazione avrebbe sbloccato l’impasse in cui era finita la politica, spiegano i motivi della soddisfazione del Papa, del Vaticano e vescovi per la rielezione. Ma le parole del Pontefice rivelano una sintonia umana non emersa nei primi anni del settennato, costruita sottotraccia, e evidente invece nella udienza del 16 dicembre, quando il presidente si è recato in Vaticano in visita di congedo, accompagnato dalla figlia Laura e da sei nipoti, e il Papa gli ha donato la prima copia del messaggio per la Giornata mondiale della pace, allora ancora inedito.  Certo, nelle felicitazioni del Pontefice non c’è solo l’apprezzamento per una rielezione che consente all’Italia di proseguire nel tentativo di un rilancio economico e sociale che cancelli le disuguaglianze, tuteli l’ambiente e affronti le grandi sfide dei giovani e dell’educazione. C’è anche l’apprezzamento per la figura umana del Capo dello Stato. E c’è forse il ricordo delle parole di speranza sul destino dell’Italia che

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Cultura

Abusi sessuali nella Chiesa, la strategia d’attacco di Bergoglio. Archiviata la cultura della segretezza

La lotta alla pedofilia si combatte anche con le leggi. Entrato in vigore l’8 dicembre, il libro VI del Codice di diritto canonico sulle sanzioni penali nella Chiesa contiene alcune novità anche per quanto riguarda gli abusi sui minori. In primo luogo gli abusi sono ora inseriti nel titolo VI come “delitti contro la vita, la dignità e la libertà dell’uomo”. Lungi dall’essere una semplice formalità, questa tutela sancisce il grande cammino compiuto dalla Chiesa nel superare ogni arroccamento in difesa dell’Istituzione per mettere invece al centro la protezione delle vittime. Non solo. Oltre all’abuso o agli atti di pedopornografia compiuti da un esponente del clero, vengono ora sanzionati anche gli abusi di esponenti di Istituti di vita consacrata o di laici che svolgano una funzione nella Chiesa. La protezione poi è estesa agli adulti vulnerabili. C’è infine una norma non specifica per gli abusi che però vi si applica convenientemente: è punibile chi non ottempera all’obbligo di denuncia. Le novità in vigore dall’Immacolata coronano il periodo 2019-2021, durante il quale papa Francesco ha dato una solida base giuridica alla lotta contro gli abusi nella Chiesa, acquisendo molti dei suggerimenti venuti da vescovi, superiori religiosi e  fedeli durante l’Incontro del febbraio 2019 in Vaticano.  Frutto di quell’Incontro è anche il Vademecum della Congregazione per la dottrina della fede (CDF) rivolto ai vescovi, “su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici”, pubblicato lo scorso luglio. Il manuale d’azione per i vescovi, oltre ai rapporti sessuali e ai contatti fisici, elenca varie tipologie di delitto, compresa la produzione, detenzione o acquisizione di immagini pedopornografiche o le proposte a carattere sessuale anche mediante i media e i social. Ai vescovi viene raccomandato di indagare, anche in assenza di una denuncia formale, e di non

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Mondo

La comunicazione di papa Francesco, tra codici linguistici e gesti. Il significato di una certa ‘’capacità di silenzio’’

Parole, gesti, silenzio. I segni distintivi della comunicazione di papa Francesco c’erano già tutti la sera del 13 marzo 2013 quando un “vescovo chiamato quasi dalla fine del mondo” si è affacciato alla loggia delle benedizioni. Indossava solo la veste bianca, ha pregato con la folla per il papa emerito, ha chiesto al popolo di pregare in silenzio per lui.   Vescovo e popolo, Chiesa ospedale da campo, pastori con l’odore delle pecore, lotta alla cultura dello scarto, non si è mai visto un sudario con le tasche, terza guerra mondiale a pezzi, misericordiando.… Lessico e metafore di papa Bergoglio si impongono con efficacia e immediatezza, nonché per l’uso di neologismi che a volte innovano l’italiano imparato dalla nonna, a volte – è il caso di “spuzza” – rilanciano termini desueti. Il suo linguaggio attira simpatie e critiche, non tanto di puristi quanto di chi rimpiange il grande intellettuale tedesco che lo ha preceduto, o afferma che il nuovo papa non è all’altezza della formazione intellettuale, vanto della Compagnia di Gesù.   In realtà la radicale predicazione evangelica delle omelie del mattino, oltre a garantirgli la vicinanza dei fedeli, manifesta la sua solida base teologica, e regge alle critiche dei tradizionalisti cattolici. Il linguaggio di papa Francesco, come osserva padre Federico Lombardi, «mischiando vivacità, dinamismo popolare ed esperienza latinoamericana, rivela la capacità di trovare formule efficaci, che dicono qualche cosa di profondamente vero, anche se non in modo tecnicamente raffinato». Per Bergoglio «Il linguaggio dei gesti è una buona forma di comunicazione». E innumerevoli sono i gesti posti in oltre otto anni di regno: dalla scelta di non abitare nell’appartamento dei papi al baciare i piedi dei governanti sudanesi per implorarli alla pace; dalla visita alla guida spirituale degli sciiti nel mondo ayatollah Al-Sistani, in Iraq, ai tanti viaggi alle periferie del

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Politica

La salute del Papa e alcuni ‘’veleni’’ messi in circolo mediatico

La salute del papa, tema sensibile di ogni pontificato, è più sensibile con Jorge Mario Bergoglio? Non è detto, a dispetto di quel ‘’sono ancora vivo’’. ‘’Nonostante alcuni mi volessero morto”, detto da papa Francesco incontrando i gesuiti slovacchi a Bratislava il 13 settembre. “So – ha aggiunto il Pontefice- che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza! Grazie a Dio sto bene”. Il papa rispondeva all’innocuo “Come sta?” di un confratello che si ricordava l’operazione all’intestino da lui subita in luglio. Il tono forse scherzoso nulla toglie alla serietà delle affermazioni, e la rapida pubblicazione su “Civiltà cattolica” manifesta la volontà papale di una massima diffusione del testo, nel quale Bergoglio parla anche di una “grande televisione cattolica che continuamente sparla del papa senza porsi problemi”. Certamente delle manovre pre conclave Bergoglio discorre con franchezza senza precedenti, e spiazzando i suoi collaboratori: il segretario di Stato Pietro Parolin dirà ai giornalisti di non saperne  nulla, e che forse il papa aveva informazioni che lui non ha. La franchezza circa la propria salute è la stessa cercata dal Pontefice rispetto ai problemi della Chiesa, dalla trasparenza economica, agli abusi del clero sui minori, alle lobby, temi in cui è solito governare con decisione e applicare soluzioni, non curandosi dei veleni diffusi contro di lui. Naturalmente egli applica la “parresia” anche nelle grandi sfide del pontificato, dal dialogo interreligioso, alla sinodalità della Chiesa, dalla condanna del commercio delle armi alla difesa della dignità dei poveri e dei migranti. A proposito di veleni, il siluro ciclicamente scagliato contro Bergoglio è quello caro ad Antonio Socci in Italia, e sostenuto da ambienti tradizionalisti in tutto il mondo, particolarmente negli Stati Uniti: la sua elezione è

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