La guerra tra Russia e Ucraina, scoppiata improvvisamente e di cui ancora non è possibile prevedere una soluzione pacifica ha riproposto, oltre alle immagini di morte, distruzione, disperazione e file di profughi alla ricerca di una speranza di vita, un problema molto serio, quello dei danni a un eco sistema che saranno molto difficili da riparare in breve tempo.
Accanto a questa guerra se ne sta combattendo un’altra che vede nel mirino delle truppe la biodiversità, i fiumi, i terreni coltivati, gli alberi, gli animali. Gli esperti hanno provato a fare delle stime dei danni che gli interventi militari hanno finora provocato all’ambiente e alle persone. Per ora si può parlare soltanto delle emissioni nocive provocate dal movimento delle truppe con camion, carrarmati e velivoli a reazione che, è noto, provocano senza dubbio inquinamento atmosferico.
L’Ucraina può contare su oltre 70 mila specie tra animali e vegetali e, tra queste, se ne contano quasi 1500 protette. Ai piedi dei monti Carpazi finora ancora lontani dal centro degli scontri, c’è un continuo flusso di profughi che rischia di far saltare delicati equilibri. La guerra, insomma, mette a rischio una enorme ricchezza dal punto di vista ambientale.
Un terzo circa del territorio ucraino è formato da foreste, paludi, steppe che secondo quanto denunciato dal ministro dell’ambiente hanno subito negli ultimi anni sversamento di tonnellate di fosfati nel fiume Dnipro, proveniente da scarti industriali. A causa del conflitto bellico si prevede lo sviluppo di incendi che andranno ad aggiungere danno al danno.
L’Ucraina, inoltre, ha numerosi reattori nucleari ed è la prima volta che scoppia una guerra su un terreno con tante centrali. C’è il rischio che durante i combattimenti anche se non intenzionalmente possa essere colpito uno di questi impianti come è già avvenuto con la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Risulta anche che ad essere interessate da bombardamento sono state due discariche di materiali radioattivi.
Un altro aspetto che va sottolineato è il rischio, prospettato da Greenpeace, che questa crisi sia utilizzata dai governi di altri Paesi per proporre ai cittadini soluzioni energetiche tipo gasdotti, rigassificatori che richiedono anni per la loro realizzazione. Nella parte orientale dell’Ucraina si contato circa duecento impianti chimici ad alto rischio e non va sottovalutata la presenza non molto distante dal sito di Chernobyl di cui tutti ricordiamo la sciagura avvenuta nel 1986.
Un accenno va fatto anche alle coltivazioni di grano e cereali le cui produzioni sono in gran parte destinate all’esportazione. Non siamo in grado di prevedere cosa potrebbe accadere anche in termini di politica economica. Un altro aspetto non di minore importanza è costituito dal grave inquinamento provocato da fumi e polveri per i crolli degli edifici bombardati e alcuni totalmente distrutti. Anche la demolizione che verrà attuata per la ricostruzione provocherà l’accumulo di detriti a danni consistenti all’aria che, anche per le fughe di gas, potrebbe diventare in alcune zone irrespirabile.
Due guerre cruente dunque, guerra convenzionale e guerra ambientale, che vengono combattute, insomma, tra gli eserciti con la partecipazione della popolazione, con conseguenze devastanti per il clima, la vegetazione, gli abitanti che sono rimasti a difendere la loro terra.
Clara Ballari – Giornalista