La saga del dr. Cavendish tra papiri e manoscritti

Il professor Mario Capasso è al suo quinto romanzo, che ha sempre per protagonista il raffinato restauratore di antichi testi.

CulturaMondo

Che cosa spinge un illustre cattedratico, un papirologo di fama internazionale come il professor Mario Capasso, a raccontarci il mondo della papirologia, della ricerca di manoscritti e di testi antichi, con mezzi diversi dalle lezioni universitarie e dai libri scientifici ma ricorrendo alla forma del romanzo, e per giunta del romanzo giallo?

Probabilmente, la stessa motivazione che spinse Umberto Eco ad affrontare problemi di estetica, poetica e semiotica imbastendo un romanzo come Il nome della rosa , un giallo che si svolge tra abbazie, biblioteche e amanuensi.

Ma a differenza di Umberto Eco il professor Mario Capasso ha dato vita a una vera e propria saga. Con protagonista un raffinato e autorevole restauratore di papiri e altri manoscritti: il professor George Cavendish, con studio a Manchester, che collabora alle indagini su una vicenda di falsari con l’ispettore di Scotland Yard Ken Stone. Insieme formano una coppia investigativa affiatata che al lettore riesce subito amabile e simpatica, pur se i due protagonisti del romanzo sono diversi nel carattere e nei comportamenti.

Da una parte, il professor Cavendish, imperturbabile, pacato e flemmatico, che non perde la calma neanche quando un altro ispettore di Scotland Yard gli getta in faccia i suoi sospetti addirittura di assassinio; dall’altra, l’ispettore  Stone  amante del buon vino portoghese e con l’immancabile sigaro che – è scritto nel romanzo, con uno stilema ricorrente –  “rotea vorticosamente in bocca”, nei momenti in cui l’investigatore sta per perdere la pazienza di fronte alle risposte insoddisfacenti dell’indagato di turno.

L’ultimo episodio della saga è ll Dr Cavendish e il caso dei falsi papiri. L’ editore, come anche per gli altri quattro romanzi della serie, è  Pensa Multimedia. La costruzione del romanzo segue tutti i canoni del giallo, con piste ipotetiche, depistaggi, colpi di scena, spargimento di sangue, delitti, e quindi non diremo che poche righe dell’intreccio. Basterà, per dare un’idea, intanto precisare che la storia accade, e non per caso, nel 1933, anno dell’avvento di Hitler e del nazismo.

Il teatro d’azione, come in un film,  ha varie location: Roma, la Biblioteca vaticana, Manchester, Londra, Oxford,  Gottinga, Dover, l’Egitto. Al centro della vicenda quattro papiri, aggiudicati all’asta a un ricco mecenate londinese, tre in greco e uno in latino, che il professor Cavendish dichiara subito falsi, con sicurezza i primi tre, quasi certamente il quarto. Ma il papiro più importante è quello latino, dove sarebbe scritta nientemeno una edizione, meglio una nuova versione, della Germania di Cornelio Tacito.

Nel testo classico che abbiamo studiato a scuola lo storico latino dice un gran bene della Germania e dei Germani, esaltandone le virtù e il valore, e di questa opera il nazismo rampante vuole fare una sorta di testo fondativo della sua ideologia della razza pura e superiore.

Invece nel papiro venduto all’ asta  è riportata una versione diversa, meno ammirativa verso i Germani e più favorevole ai Romani;  come se Tacito avesse deciso di modificare il testo originario; e della nuova versione certo i nazisti non sarebbero stati ugualmente entusiasti.

Ovviamente su questo testo i tedeschi, i nazisti allungano lo sguardo e cercano di accaparrarselo, o per farlo sparire dalla circolazione o per utilizzarlo in qualche modo.

Ma questa faccenda dei papiri a poco a poco sembra portare direttamente o indirettamente, e questo saranno Cavendish e Stone a scoprire come e perché, alla morte di ben quattro persone. E mentre l’autore racconta i vari colpi di scena che si susseguono, in una indagine che sembra non andare avanti ma in realtà costruisce le tessere di un mosaico investigativo svelato alla fine,  il lettore apprende con interesse tanti particolari del mondo che ruota attorno alla papirologia e al traffico, all’accaparramento di testi antichi.

Su questo mondo, l’autore apre alcune finestre che consentono al lettore di osservare i vari ambienti che pullulano  dietro agli antichi papiri: chi  li autentica, come ci si rifornisce,  veri o inesistenti mercanti egiziani, il commercio che se ne fa, la truffe che possono essere imbastite, le  aste vere o false.

Non conoscevo gli altri libri del professor Capasso. Leggere questo “dr Cavendish e il caso dei falsi papiri”, a me, che pure non pratico  di solito la lettura di romanzi gialli, ha fatto venire una grande curiosità di andare a leggere i precedenti.

Un libro giallo deve avvincere, tenere inchiodati alla pagine fino a che non si scopre l’assassino e si svela il mistero, e il romanzo del professor Capasso risponde in pieno a questa funzione e a queste caratteristiche.

Anzitutto l’autore orchestra sapientemente le scene e le numerose sequenze delle indagini, condotte a quattro mani da Cavendish e Stone;  dissemina con nonchalance indizi apparentemente marginali, su cui poi fa dire all’ispettore Stone: “I particolari insignificanti a volte possono rivelarsi importanti, talora decisivi”.

Il dettaglio, insomma,  getta a volte un fascio di luce improvvisa e illumina il paesaggio delle indagini, che fino a quel momento stavano su un binario morto. Pasternak parlava non a caso, ma da poeta, di “onnipotente dio dei dettagli”.

A parte questa simpatica coppia, resa con grande maestria descrittiva,, l’autore conduce per mano il lettore nella trama complicata attraverso continui dialoghi, spesso tra Cavendish e Stone, ma anche tra l’ispettore e le persone che via via sono sospettate e interrogate. Dialoghi in cui l’autore si diverte, e questo spirito giocoso si nota, in certe scintille umoristiche, all’inglese, in certe atmosfere londinesi, nella descrizione delle vie e dei palazzi, ma soprattutto nel tratteggio dei personaggi e nel modo di presentarli.

Basteranno alcuni cenni, che mostrano come con poche parole venga reso un personaggio, una faccia, un carattere. Il rettore del Trinity College di Oxford, per esempio,  ha “due occhi castani mobilissimi che  accendevano come a intermittenza il volto”.

Un antiquario, sospettato dagli investigatori, un certo Sheringham, che spesso tiene testa all’ispettore di Scotland Yard con fare insolente e provocatorio, è descritto come “un uomo di bassa statura, completamente calvo, dal volto rossastro, tipico degli avvinazzati, in cui quasi si perdevano due furbastri occhi topeschi”.

Un professore tedesco di Gottinga, che il dr Cavendish è andato a trovare per scoprire qualcosa sui papiri, “ha qualche ruga sul viso incorniciato da un filo di barba brizzolata, il piglio di chi ha dentro superbia innata e certezza di pensiero; nessuna bandiera nel suo studio, ma un distintivo con la croce uncinata attaccata al bavero della giacca non era meno indicativo”.

Siamo nel 1933 e la Germania è ormai nazista, come dicevamo. Questo professore afferma con sicumera: “Non esiste la nuova Germania, ma la Germania, il nostro grande Paese, che ha avuto una gloriosa storia e avrà un glorioso futuro: Tacito lo aveva capito”.

E sempre a proposito di caratteri e di personaggi resi con rapide ed efficaci pennellate: c’è l’ispettore Stone che torna la sera a casa e parla con la moglie Rebecca, facendo con lei il punto sulle indagini; ma la moglie è morta e lui le parla rivolgendosi alla foto che sta in cucina.

Segnalo poi, dal punto di vista dello stile, certe accoppiate di aggettivi: ad esempio, “furba giovialità” (di un antiquario sospettato di truffa), “frustrato disappunto”. O certe tecniche di montaggio cinematografico, a cui ricorre l’autore.

Per esempio: mentre racconta un colloquio che si svolge a Gottinga, lo interrompe di colpo e ne riferisce un altro in corso in quello stesso momento, sulla stessa vicenda, ma a Londra; quasi in omaggio, verrebbe di pensare, all’unità aristotelica di tempo e di azione se non di luogo. Quell’Aristotele a cui l’autore ricorre usando la nozione del “motore immobile”, che abbiamo studiato al liceo durante le lezioni di filosofia.

Motivo di più per gustare libri come questi scritti dal professor Mario Capasso: perché, a parte l’interesse della trama e dell’intreccio,  si respirano aromi culturali, non ostentati né esibiti ma semplicemente e naturalmente funzionali al racconto.

 

Mario Nanni – Direttore editoriale

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