Xi Jinping è un uomo di Stato che ha compreso bene il valore della cultura nella lotta per la supremazia dei popoli sul Pianeta; e, su suo input, gli studiosi di Pechino hanno scritto e scrivono numerose opere di denigrazione della classicità greco-romana, denunciandone l’inconsistenza sul piano dei valori e dei concetti e la pericolosità negli effetti e risvolti pratici.
Di recente, l’organo ufficiale di teoria politica del suo partito ha scritto, non senza protervia intellettuale, che la Cina sarebbe stata riconosciuta come il più grande Paese democratico al mondo se solo l’Occidente non si fosse arrogato il diritto di proprietà del concetto stesso di “democrazia”.
Orbene, un’analisi non sciovinistica del problema dovrebbe partire dalla constatazione che nel mondo d’oggi una monopolizzazione dei principi dello Stato democratico risulta scorretta sia in Oriente e sia in Occidente.
La “democrazia” è certamente nata, con il limite dello schiavismo, nell’epoca d’oro della civiltà greco-romana, ma è spirata in quello stesso contesto geografico quando storicamente la sua filosofia ha prodotto un filosofo autoritario, aristocratico e supponente come Platone e la credulità popolare ha consentito un abnorme proselitismo delle assolutistiche religioni mediorientali.
Le utopie e le fantasie sostenute e predicate dal filosofo ateniese e dai sacerdoti monoteistici hanno ammazzato la razionalità di quei popoli civili e con essa la democrazia. Hanno ragione gli studiosi cinesi: l’Occidente della guerra religiosa (e non) fratricida e permanente, dell’Inquisizione e delle torture rinverdite a Guantanamo, dei falsi proclami tesi a nascondere appetiti insaziabili di potere e di denaro non può pretendere di essere titolare dell’unica forma legittima di democrazia.
Essi hanno torto, però, quando dimenticano che una delle forme di governo più odiose del post-platonismo hegeliano dell’Occidente, il comunismo bolscevico, ha contaminato la Cina, cancellando ogni umano anelito alla democrazia. Il pluralismo democratico non basta all’Occidente e non basta alla Cina se esso è drogato da meccanismi di corruzione che non s’intendono combattere e cancellare.
È inutile per l’Occidente rievocare il mito della democrazia ateniese ma è altrettanto sterile rivendicare i tradizionali valori confuciani, asserendo che essi non sono stati distrutti da Mao Zedong. Nell’un caso e nell’altro si tratta di pura propaganda politica, di spregiudicata disinformazione, ottenuta con la manipolazione e con la distorsione della storia.
Luigi Mazzella