Tutte le anomalie del processo Becciu

Melluso e Perlasca, il primo accusatore di Tortora, il secondo accusatore di Becciu. Il cardinale come Dreyfuss. Il capitano francese sotto accusa non sapeva da dove veniva la tempesta, Becciu forse immagina da dove sono arrivati i siluri per tentare di eliminarlo.

Il catalogo delle anomalie, fino a usare perfino la parola “farsa”  è stato composto e illustrato in un forum sulla giustizia vaticana e sul processo Becciu, organizzato da Quaderni radicali – Agenzia radicale e coordinato dal direttore Giuseppe Rippa, storico dirigente del Pr  e protagonista con Pannella delle battaglie per Enzo Tortora.

Ma quando si parla di anomalie, perché non sembri un’affermazione di principio, che cosa hanno inteso dire i partecipanti al Forum: il professor Ernesto Galli della Loggia, il vaticanista e docente di diritto canonico don Filippo Di Giacomo, il giusfilosofo e saggista Otello Lupacchini, il vaticanista Andrea Gagliarducci?

La prima anomalia la indica Galli della Loggia: il processo Becciu è un processo politico, la cui sentenza era stata già decisa prima della conclusione. Il cardinale, prima ancora che il tribunale si pronunciasse, è stato privato dal Papa di titoli e uffici, in parte restituiti, il che suscita la domanda (forse retorica, aggiungiamo noi) se il Vaticano sia uno Stato di diritto, se abbia cittadinanza il “giusto processo” che per esempio è previsto in Italia, se esista soprattutto la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva di condanna. Da come si sono svolti i fatti, parrebbe di no.

Altra anomalia: in quale Stato del mondo si cambiano le regole di un processo mentre è in corso? In Vaticano è successo: il papa le ha cambiate non una ma quattro volte, emanando ben quattro rescritti. E lo ha fatto – come hanno affermato alcuni dei partecipanti al forum (Della Loggia, Lupacchini) ogniqualvolta le accuse e le indagini sembravano perdere forze e quota.

Come mai il papa ha cambiato le regole in corso d’opera? In Vaticano c’è un faticoso e incerto percorso riformatore: sono 48 anni che sento parlare di riforme, ricorda don Filippo Di Giacomo, ma il Vaticano manca di una classe di

Don Filippo Di Giacomo

giuristi e di avvocati (e li deve cercare… in Italia). Ma il Vaticano o la Santa Sede? E qui c’è pane per i denti dei giuristi, perché il discorso si va facendo complicato. Sul tema don Filippo Di Giacomo ha sganciato la bomba: assistiamo alla vaticanizzazione della Santa Sede. Al Congresso di Vienna – ha ricordato – il cardinale Consalvi riuscì a mettere d’accordo Talleyrand e Metternich per conferire alla Santa Sede un ruolo. Il Vaticano come staterello di 44 ettari e 500 abitanti era di là da venire, e comunque serve a garantire la libertà della Santa Sede, precisa Di Giacomo, che però aggiunge: sarebbe bene rinunciare al Concordato. E perché? Ma perché occorre porsi la domanda: un cardinale di Santa Romana Chiesa per avere giustizia deve ricorrere a un giudice italiano? E allora non è forse il momento che la Chiesa rinunci al Concordato e si affidi al diritto comune?

In quale tribunale, osserva il sacerdote- canonista- operatore del diritto, un promotore di giustizia dice a un cardinale: lei è una brutta persona, lei è un delinquente?

Ernesto Galli Della Loggia

Un’altra anomalia l’ha segnalata il professor Galli Della Loggia, anzi due: “Il forte anticlericalismo, in forma banale e becera”, esistente nell’opinione pubblica italiana, che invece di stupirsi che un altissimo prelato fosse oggetto di accuse sembrava quasi compiacersene; in base forse alla presunzione che un uomo di Chiesa, specialmente se di alta levatura, debba essere un poco di buono.

 

Reazione forse rafforzata dalla convinzione che “il castigamatti della situazione era il Papa, il quale – osserva il professore- gode di una fama, non so quanto meritata, di voce della verità universale”.

L’altra anomalia è stata il ruolo della stampa, piuttosto schiacciata sulle tesi vaticane dell’accusa invece di andare a scavare, andare in fondo alle cose e farsi la domanda delle domande, andando oltre le apparenze: ma qual è la vera ragione di questo processo? E qui Galli della Loggia si produce in due incisivi raffronti: uno è tra il capitano francese Dreyfuss, protagonista dell’omonimo caso denunciato da Zola con il suo “J’accuse”, e il cardinale Becciu. Con la differenza che – secondo il professore – Dreyfuss non sapeva la ragione della tempesta abbattutasi su di lui; mentre Becciu probabilmente sa, o immagina con molta verosimiglianza, “da dove” venga il siluro; ma non lo dice, e ha tutto il diritto di non dirlo. Forse non lo sapremo mai.

L’altro raffronto è tra due accusatori: uno è Melluso, implacabile quanto falso accusatore di Tortora; e dalle sue dichiarazioni partì l’ingranaggio che stava per stritolare il presentatore; l’altro è mons. Perlasca, che da principale collaboratore di Becciu ne è diventato il principale accusatore con un memoriale scritto, lo ha confessato lo stesso monsignore al processo, quasi sotto dettatura, e comunque ispirato da un sedicente “anziano magistrato”; e poi si è scoperto che non  era anziano, non era magistrato e non era nemmeno uomo (era una donna, dichiarata nemica del cardinale Becciu).

Ce n’è a sufficienza per affermare che le domande di Galli della Loggia non sono affatto peregrine ed evocano scenari di macchinazioni, e manovre orchestrate contro il cardinale. Quale sarà il movente di tanto accanimento, si domanda ancora il politologo. A effetti forti deve corrispondere una causa forte. Antipatie personali? Difficile crederlo. “Ci debbono essere allora dei retroscena di intrighi, coltellate, ambizioni sconcertanti”.

Entrando nel merito dello svolgimento del processo il giusfilosofo e già procuratore generale Otello Lupacchini, ma egli non ci tiene a menzionare quest’ultima qualifica, non ci va leggero. Leggendo le migliaia di pagine dei verbali di udienza, ha colto dei retroscena di una vicenda che definire kafkiana è un eufemismo, “perché fanno pensare piuttosto ai processi staliniani o a certe procedure dell’inquisizione”.

Otello Lupacchini

A parere di Lupacchini, si è trattato di un processo sostanzialmente sommario volto a distruggere un sistema asserito come marcio. Il tutto mentre avvenivano una serie di interventi correttivi da parte di chi è più di un monarca assoluto; questi interventi venivano fatti per aggiustare il tiro, ma così, denuncia Lupacchini, si violano tutti quelli che sono i principi minimi di un ordinamento civile. “Insomma, questo processo stride con la logica, con la terzietà di chi giudica, con la carità cristiana”.

Un’ultima osservazione, a proposito della vaticanizzazione della Santa Sede, l’ha fatta il vaticanista Andrea Gagliarducci, che ha seguito il 90 per cento delle udienze del processo. La Segreteria di Stato, che è stata il governo della Santa Sede, a causa dei rescritti pontifici, della vicenda processuale, è stata l’organo di Curia che ha perso la sua autonomia amministrativa e si è ritrovata a essere un dicastero tra i dicasteri. In quale Stato del mondo – si è domandato Gagliarducci – il governo è messo sotto tutela?

La conclusione è che “la credibilità internazionale della Santa Sede è andata in fumo”.

Andrea Gagliarducci

Su un paesaggio già così fosco, si sono poi abbattute le ombre provenienti dalle notizie di questi giorni. Da due fronti diversi. L’uno si riferisce a quanto va emergendo sulle attività di dossieraggio che riguarderebbero anche investigazioni (operazioni sospette) riguardanti personaggi del processo Becciu. Attività risalenti addirittura al 2019.

L’altro fronte è giornalistico, e lo ha illustrato con accenti molto critici Giuseppe Rippa: il telegiornale della rete ammiraglia (“di quale flotta poi è da vedere”, ha osservato) ha dato con enfasi la notizia di “chiusura delle indagini” della procura di Sassari riguardanti la Caritas, la diocesi e la cooperativa di Ozieri. Indagini a cui il cardinale Becciu si è affrettato a precisare di essere estraneo, pur esprimendo apprezzamento per il vescovo indagato. Ebbene, ha denunciato Rippa, sullo schermo del telegiornale campeggiava la foto del cardinale Becciu, che non c’entrava per niente con quella notizia. Perciò abbiamo fatto questo Forum, ha concluso Rippa, per una controffensiva di verità, come facemmo con Tortora e su questa vicenda stiamo preparando un instant book. I lavori del Forum sono stati ripresi in diretta da Radio Radicale.

 

Mario NanniDirettore editoriale

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