Tra timori e inviti all’azione l’Italia riflette sulla governance dell’Intelligenza Artificiale

Dopo il Vertice di Parigi, si apre in Senato un dibattito trasversale sul giusto modo di normare l’IA tutelando i diritti
IA - intelligenza artificiale

Il vertice di Parigi del 10-11 febbraio 2025, ha consolidato la consapevolezza della sempre più forte necessità di un coordinamento nella governance dell’intelligenza artificiale.  Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha annunciato l’iniziativa “InvestAI”, con l’obiettivo di mobilitare 200 miliardi di euro da investire nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e la creazione di un nuovo fondo europeo di 20 miliardi di euro per le “gigafactory” di IA. In conseguenza dell’invito ad aprire a un dialogo globale sul tema, negli scorsi giorni si è tenuto al Senato della Repubblica di Roma un incontro per dibattere sulla governance del digitale.

Vincenzo Manfredi

Una necessità improrogabile, ha affermato il senatore Lorenzo Basso (Pd), perché siamo «una società che invecchia e serve che questa innovazione sia messa al più presto al servizio della società». Nonostante l’urgenza del tema, in molti esprimono preoccupazione sul come porre limiti a questa tecnologia. Vincenzo Manfredi, direttore responsabile di Parlamento Magazine e direttore scientifico di FerpiLab (federazione relazioni pubbliche italiana), ha invitato a tener presente «due aspetti fondamentali che spesso, in una realtà che va sempre più veloce,vengono trascurati: la cura delle organizzazioni e, soprattutto, la cura delle persone», l’intelligenza artificiale, ha affermato, deve essere gestita «nella maniera più equilibrata e armonica possibile»per divenire un elemento «di crescita della persona».
Nel corso dell’evento è stato presentato sul tema il libro Le sfide delle politiche digitali in Europa di Serena Silleoni (docente di diritto costituzionale all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli ed ex consigliera del presidente nel governo Draghi) e Carlo Stagnaro (direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni ed excapo della segreteria tecnica del ministro allo sviluppo economicoFederica Guidi)

L’Europa davanti alla rivoluzione dell’Intelligenza artificiale

Eleonora Faina, Direttore Generale Anitec – Assinform, ha avvertito: «l’Europa ha troppe regole. Lo sviluppo dell’industria si fa sul mercato unico e integrato, che parla la stessa lingua e non chiede adempimenti a 27 paesi diversi». Il quadro normativo europeo sull’intelligenza artificiale è ad oggi, di fatto, molto complesso. Dal Gdpr al Digital Markets Act (DMA), fino al Digital Services Act (DSA), i provvedimenti presi in materia di IA hanno disegnato per le imprese dei veri «modelli comportamentali».
Davanti a questa costatazione, Francesca Buttara, capo redattore di Parlamento Magazine, ha espresso come, secondo la sua opinione, «la scarsa propensione all’innovazione in Europa sia in realtà figlia di fattori più ampi, di natura sia politica che culturale». La sfida di oggi è quella di comprendere «come renderla più inclusiva e più sostenibile, nel rispetto dei valori europei di equità, trasparenza e responsabilità».

Regolamentare l’innovazione: necessità o freno?

È giusto che sia l’Europa a ragionare della regolamentazione dell’intelligenza artificiale, ha sottolineato Deborah Bergamini, deputata di Forza Italia, perché «l’Europa ha una tradizione culturale ontologica e filosofica che le ha consentito di raggiungere le cime più alte nella tutela dei diritti umani». Si tratta di salvaguardare «l’essenza stessa della democrazia». Per Innocenzo Genna, avvocato specializzato in politiche e regolamentazioni europee per il digitale, questa «bulimia legislativa» ha avuto invece un forte impatto sull’innovazione e la concorrenza. Sulla stessa linea, Flavio Arzarello, responsabile affari economici e regolamentari di Meta, ha rimarcato il problema dicendo: «io credo che l’eccesso di regolamentazione degli ultimi 5 anni abbia determinato una forte perdita di competitività per l’Unione Europea».

Porre dei vincoli ai soggettidigitali «non favorisce la nascita di campioni europei. Mentre si tenta di limitare questa realtà si provocano danni a tutto il sistema: i servizi digitali attraversano ormai tutte le industrie, in questo modo si spaventano i “talenti” che potrebbero investire in questa parte del mondo». Per quanto riguarda le preoccupazioni sulla tutela dei diritti, ha sostenuto: «io credo l’intelligenza artificiale possa contribuire a riconoscerne di più. Penso al terreno della salute, della ricerca e della sicurezza. Credo sia giunto il tempo di pensare a un nuovo “diritto all’innovazione”».  Rosario Cerra, presidente del Centro Economia Digitale, ha affermato che «per la democrazia ciò che conta davvero è la capacità di innovazione». Davanti all’immenso gap tra Europa e Stati Uniti c’è un’unica soluzione «metterci in chiave competitiva a lavorare insieme a coloro che possiedono già le competenze che ci servono».

I rischi di una tecnologia che non conosce limiti

La necessità di normare questo tipo di tecnologia nasce dalla profonda consapevolezza delle insidie che si nascondono dietro questo mondo apparentemente senza regole. Quello che auspica Elisabetta Piccolotti, deputata di Alleanza Verdi e Sinistra, ricordando l’episodio degli attivisti e dei giornalisti spiati tramite Whatsapp, è una «regolamentazione a tutela delle persone». In particolare «sarebbe bene che l’algoritmo venisse studiato da esperti indipendenti del ministero, che fosse trasparente ed open source, ma soprattutto sarebbe opportuno che diventasse un terreno di negoziazione e discussione democratica». Nel nuovo “ecosistema digitale”, ha ricordato Daniela Bianchi, segretaria generale Ferpi, non possiamo sottovalutare il problema delle fake news: «la disinformazione diventa un’area strategica, capace di orientare la popolazione e incidere sulle nostre scelte».

Francesca Buttara

L’ago della bilancia degli equilibri geopolitici

«L’Europa oggi investe in tecnologia 5 volte in meno degli Stati Uniti. Per ogni euro investito dalle aziende europee in intelligenza artificiale, le aziende americane ne investono 20», ha sottolineato Francesca Buttara, caporedattrice di Parlamento magazine. Nella corsa all’intelligenza artificiale, la competizione si gioca sul come assicurarsi le materie prime. Una battaglia iniziata ben prima delle pretese di Trump sulle terre rare dell’Ucraina. Viviamo una realtà in cui Amazon web Services, Google e Microsoft hanno l’oligopolio dei cloud, investire in semiconduttori e super computer per l’Europa, rimasta profondamente indietro, è assolutamente indispensabile, ha ricordato Marco Bani, responsabile affari istituzionali (Pd). «Gemini di Google, ChatGPT di OpenAI, Anthropic sviluppato Claude e poi l’Llama di Meta dominano la scena dei Large language model. Sono tutti americani, Mistral è la nostra unica speranza». I modelli che oggi si fronteggiano, ha spiegato Laura Aria, commissario Agcom (l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni), sono tre: «quelloamericano, quello europeo e quello cinese». Per la sua storia è giusto che l’Europa continui a ragionare sui diritti, è l’unica che può farlo, ha proseguito, ma «credo che questa tendenza ad aggiungere regole su regole non sia opportuna. Andrebbe bilanciata con un diritto all’innovazione». Tra mille dubbi, nell’impossibilità di prevedere le reali implicazioni di una tecnologia capace di aprire una discussione sul significato profondo di essere umani, il dibattito su come normare l’IA continua.

 Giulia Maria Giuffra

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