Un convegno organizzato dalle Associazioni di Promozione Sociale Triestini e Goriziani in Roma e Fogolâr Furlan di Roma presso la sede UNAR (Unione delle Associazioni Regionali). Dacia Maraini protagonista ha dialogato con le autrici di Controparola, un gruppo di giornaliste e scrittrici nato nel 1992 con l’intento di promuovere l’identità e il ruolo della figura della donna di ieri, oggi e domani e di portare alla luce il ricordo delle tante protagoniste femminili che hanno dato lustro all’Italia in vari campi.
Le autrici di Controparola hanno già pubblicato collettivamente vari volumi quali Donne del Risorgimento, Donne della Repubblica e Donne nel Sessantotto, tutti editi da Il Mulino; l’ultimo arrivato in libreria, Donne al futuro ( 2021) propone un’altra serie di ritratti al femminile, riguardanti persone che operano nei settori più diversi ma sempre capaci di distinguersi per la loro capacità di guardare avanti e pensare al futuro.
I lavori sono stati introdotti da Francesco Pittoni, presidente del Fogolar, e dal presidente emerito dell’associazione dei Triestini, Roberto Sancin. Protagonista d’eccezione molto ammirata e festeggiata è stata Dacia Maraini, e con lei Francesca Sancin, inviata del TG3 nazionale.
A seguire interventi dell’attrice Maria Cristina Blu con letture tratte dai testi di Controparola, e la proiezione di due servizi, proprio di Francesca Sancin, per il Tg3.
Il primo dei due dedicato a Maria Plozner Mentil, l’eroica portatrice carnica caduta sul campo e per molti decenni dimenticata; il secondo alla figura di Agitu Ideo Gudeta, protagonista della lotta contro il land grabbing e per questo in fuga dall’ Etiopia. Dalla sua terra Agitu si era trasferita in Trentino, in Val dei Mocheni, impegnandosi nella pastorizia e in progetti interculturali e di integrazione a favore di giovani rifugiati.
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Dacia Maraini in particolare ha trattato l’argomento della presenza delle donne nella storia e della loro esclusione dalle sedi decisionali, cosa che ha impedito di incidere sulle questioni importanti per la società. Un’altra causa della loro emarginazione, ha spiegato la scrittrice, viene anche dai precetti delle religioni monoteiste, che spesso – diversamente da quelle politeiste più antiche e tolleranti – si sono dimostrate misogine. Infatti in un tempo molto antico – ha detto – era riconosciuta la sacralità della riproduzione e del ventre materno, condizione protrattasi fino alla nascita dell’agricoltura. In quel momento nasce il concetto di proprietà; che da qui in poi deciderà le funzioni e chi fa cosa, con la divisione dei ruoli: agli uomini la guerra e la politica, alle donne la riproduzione ed il compito di fare figli.
Con il femminismo sono state riscoperte storie di donne artiste che erano state dimenticate ed erano scomparse, ma che oggi sono tornata di attualità. Maraini ha poi ricordato le conquiste delle lotte femminili, come il divorzio ( legge Fortuna – Baslini del 1970) e il referendum abrogativo respinto nel 1974, oltre alla riforma del diritto di famiglia del 1975 con l’introduzione della parità. E poi la legge sull’aborto, approvata nel 1978, ed il relativo referendum abrogativo respinto nel 1981; nello stesso anno la cancellazione del delitto d’onore e molti anni dopo (nel 1996) la nuova legge contro la violenza sessuale che abbandonava la vecchia concezione dello stupro come delitto contro la morale trasformandolo in un delitto contro la persona.
Dacia Maraini ha ribadito che oggi c’è una parità anche se non tutti la accettano e in questa nuova situazione è tornata la memoria delle cose che hanno fatto le donne.
La scrittrice ha ricordato un caso antico di una nobile napoletana, Enrichetta, sposata a 13 anni ad un uomo molto più anziano di lei; dopo una vita infelice Enrichetta si innamorerà di Carlo Pisacane e lascerà la famiglia.
All’epoca in caso di separazione voluta dalla donna, i figli rimanevano al marito; lo stesso era accaduto nella famiglia di Alessandro Manzoni che con ogni probabilità non era figlio del conte Pietro Manzoni, il quale era a sua volta separato della moglie che ad un certo punto se ne era andata di casa. Il giovane Alessandro Manzoni, arrivato a 18 anni, volle conoscere la madre separata e per vederla dovette raggiungerla a Parigi.
Al di la’ delle questioni personali, la vicenda di Carlo Pisacane è più complessa e soprattutto è carica di tragedia; una volta arrivato a Sapri per scatenare una rivolta nel Regno delle Due Sicilie egli si rese conto che i contadini erano sobillati da elementi reazionari tanto che i suoi compagni vennero uccisi a decine. Pisacane ed i suoi si ritirarono a Sanza, dove per non sparare contro i contadini egli alla fine si uccise.
Dacia Maraini ha poi parlato di attualità, ricordando che oggi attraversiamo un momento difficile e pieno di contrasti nella storia del mondo e che tutte le guerre nascono dalla violenza e dall’odio, dalla semplificazione dello schieramento in amici e nemici. Io pensavo – ha detto – che con la globalizzazione le guerre sarebbero finite invece ogni tanto si torna indietro e scoppiano di nuovo. La scrittrice ha poi parlato di suor Rita Giaretta, donna molto coraggiosa e determinata che ha messo in piedi la casa Ruth di Caserta per dare un’opportunità di liberazione alle ex prostitute. “La ho conosciuta – ha ricordato – mentre andavo a Caserta a trovare dei ragazzi che difendevano un parco e di questo movimento faceva parte anche un vescovo molto in gamba come Monsignor Nogaro”.
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Francesca Sancin è quindi intervenuta sul tema del femminicidio, di cui si è in più occasioni occupata professionalmente, ricordando che molto spesso le violenze si scatenano in concomitanza con la separazione e che in Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa dal marito o dal compagno.
Dacia Maraini è intervenuta precisando che si tratta di un fatto culturale e non biologico perchè alcuni uomini identificano la virilità con la proprietà e con l’affermarsi dei nuovi diritti delle donne perdono la testa, ricordando Elena Giannini Belotti autrice del famoso libro Dalla parte delle bambine dove sosteneva che i bambini fino a 3 anni sono uguali, e solo successivamente parte il processo di differenziazione. Oggi c’è chi accetta il cambiamento e chi no, qui inizia il contrasto.
A seguire il filmato dedicato alle portatrici carniche, in cui la campionessa olimpica Manuela di Centa porta una ragazza dodicenne nei luoghi in cui visse Maria Plozner Mentil e la accompagna a visitare il museo dedicato alle portatrici ed alla Prima Guerra Mondiale. Nel corso del video si parla della morte della Plozner, avvenuta nel lontano 1916 in circostanze non chiarite e forse a causa di fuoco amico; poi vengono intervistati il figlio e la figlia i quali dissero con amarezza di essere stati completamente abbandonati dall’Italia e di non avere neanche ricevuto una pensione dopo la morte della madre. Alla fine si vede il presidente Oscar Luigi Scalfaro che – nel 1997, dopo ottant’ anni – conferiva motu proprio alla portatrice caduta la medaglia d’oro alla memoria. Meglio tardi che mai, ma che tristezza.
L’ altro video, molto toccante, parlava di Agitu Ideo Gudeta. L’impegno contro il land grabbing l’aveva costretta alla fuga dall’ Etiopia, così Agitu aveva messo nuove radici in Trentino aprendo un allevamento, “La Capra felice”. Agi era una donna abituata a fare la differenza e a lavorare per il bene comune, ma qualcuno mal digeriva il suo impegno.
Un vicino cominciò a perseguitarla, e di notte le bucava le gomme della macchina oltre a sgozzare le capre del suo allevamento. Il personaggio le rivolgeva insulti razzisti e l’aspettava nel bosco per aggredirla; dopo una denuncia venne processato e condannato, e finalmente ad Agi parve di aver risolto il problema e di essere arrivata a un nuovo inizio. Non fu così. Purtroppo uno dei due ragazzi rifugiati a cui Agitu dava un tetto e un lavoro l’ha aggredita, colpita ed uccisa, ed è stata la fine di un sogno.
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Sui rapporti Maraini- Pasolini, l’intervento di Ruotolo
Un altro intervento in programma è stato quello di chi scrive, consigliere del Fogolar e responsabile della cultura che ha seguito il Centenario pasoliniano con tutta una serie di presentazioni di libri e di conferenze. Ruotolo ha fatto a Dacia Maraini una domanda sul suo rapporto con Pasolini anche in relazione a Caro Pierpaolo, il suo ultimo libro su cui fino ad un certo punto fu incerta, decidendo di scriverlo solo dopo l’apparizione di Pasolini in sogno. C’è il ricordo forte di una persona che ci ha lasciato, ma è come se fosse sempre presente. Queste lettere infatti non hanno più un destinatario ma sono rivolte a noi tutti, e sono molto sentite.
Altra questione più complessa è quella del rapporto di Pasolini con la modernità. Ruotolo ha ricordato che Pasolini era un uomo che viveva una dimensione tradizionale e nostalgica, guardando al Friuli che lui aveva vissuto come una terra avita, arcaica, profonda anche se povera e poco sviluppata, Questa fascinazione prendeva Pasolini anche verso altri popoli marginali e lontani, insomma preindustriali perché lui viveva la modernità borghese come una sorta di corruzione.
C’ è una domanda – ha continuato Ruotolo – che va rivolta proprio a lei che è stata compagna di Moravia per tanti anni; lei ricorderà un aspetto particolare relativo ad un antico viaggio in India del 1961 su cui sono stati scritti due libri.
Il primo era L’odore dell’India di Pasolini e l’altro, di Moravia, era intitolato Un’idea dell’India. Io personalmente ricordo un’intervista in cui Moravia diceva che la cultura contadina è un’illusione e che bisogna promuovere lo sviluppo e fare la rivoluzione industriale altrimenti non si esce dalla condizione di povertà. L’idea di Pasolini era esattamente opposta perché lui vedeva la modernità ed un certo progresso come una corruzione dell’anima di questi popoli originari, che perdono la propria identità avviandosi verso lo sviluppo economico borghese. Mi interessava qualche parola su questa differenza, su questa distinzione così profonda.
Dacia Maraini ha molto apprezzato la domanda, replicando che Pierpaolo era un uomo che inseguiva un sogno russoiano di un popolo puro e innocente, un popolo mitico ed intatto, che aveva riconosciuto ed identificato nel contadino di Casarsa. Poi ad un certo punto si è deluso e ha visto una corruzione ed una presa dei valori borghesi ed allora è venuto a Roma dove ha mitizzato il sottoproletariato romano.
Moravia e Pasolini distanti sull’idea di progresso
Bisogna però capire- ha osservato Maraini – che Pasolini aveva un approccio istintivo e sensitivo con la realtà, lui voleva vivere il mondo attraverso i sensi. Per esempio quando ha scritto i libri sul sottoproletariato romano è riuscito a fare qualcosa di incredibile: si è immerso, affondato nel dialetto, nel vernacolo romano mentre invece lui stesso, fino alla fine, aveva parlato nella vita di tutti i giorni con l’accento friulano che non ha perso mai. Io se chiudo gli occhi sento la sua voce, lui ha sempre parlato con quell’ accento anche quando stava a Roma da trent’anni.
Però aveva tentato attraverso l’istinto un qualcosa di metaforico di un’intelligenza profonda, aveva tentato di entrare dentro il linguaggio che per lui era quello della purezza del sottoproletariato. Alla fine ha detto no, questi ragazzi ormai sono presi, innamorati dei valori borghesi e quindi sono corrotti mentre lui cercava sempre un mondo primitivo che corrotto non fosse e quindi in realtà un mondo che non esiste.
In Africa con Moravia e Pasolini
Da qui parte la fascinazione per l’Africa, però si tratta dell’Africa non turistica ma quella nera e autentica dove lui cercava questa innocenza e questa purezza. Alberto gli diceva: Ma guarda che non esiste! Noi ci muovevamo al di fuori dagli itinerari turistici dove non c’era un albergo, un ristorante, non c’era niente. Andavamo con la Land Rover, sopra il tetto c’erano due taniche d’acqua e due scatolette, dormivamo la notte in una tenda o in qualche baracca. Facevamo proprio così percorrendo le piste andando fuori dagli itinerari turistici, sempre inseguendo questo sogno.
L’idea pasoliniana di una Orestiade nera
La Maraini ha concluso ricordando che Pasolini aveva pensato di fare un’ Orestiade nera, un’idea per lei geniale. L’ Orestiade – ha detto – è quella di Eschilo ma facendola vivere in Africa con degli attori africani avevamo trovato un Oreste meraviglioso alto bello e regale ed anche una Clitemnestra che era proprio dentro la parte. Mentre Pierpaolo cercava tutti questi attori, Cassandra eccetera e i luoghi come la casa di Agamennone arrivò da Roma un telegramma del produttore che fermava tutto perché, così diceva, abbiamo fatto una ricerca e gli italiani non sono pronti per vedere un film interpretato da attori africani. Secondo me era una prevenzione stupida e oggi sarebbe bellissima questa idea di una tragedia vera che coincide con alcune tragedie africane come povertà guerra miseria ecc . Lui aveva già trovato i luoghi e gli attori ed ha dovuto interrompere i preparativi, poi con questo materiale ha fatto un documentario che si chiamava Appunti per una Orestiade africana ma purtroppo il film non si è potuto fare.
Una grande occasione persa!
Gianluca Ruotolo – Giornalista