Le 21 donne Costituenti, ricordo di Nilde Iotti e Teresa Mattei

Un omaggio di un alto magistrato nel giorno dell’8 marzo, davanti ad alcune scolaresche

La scalinata di una scuola. Sulle scale tante donne, solo donne, in attesa che si aprano i seggi ed inizino le operazioni elettorali. Sotto la scala un uomo, lo sguardo smarrito, forse, per la prima volta, spaventato da tutte quelle donne che lo guardano a protezione di una di loro: la moglie dell’uomo, fino a quel momento sottomessa e spesso fatta oggetto di violenza, che vuole solo… votare.

È l’ultima sequenza del film “C’è ancora domani“, forse il più bel film italiano dell’anno.

È il 2 giugno 1946. Una data importantissima per il nostro Paese, perché segna due eventi di portata davvero storica: il referendum istituzionale fra Monarchia e Repubblica, con l’elezione dell’Assemblea Costituente, incaricata di dare una Costituzione al nostro Paese e il fatto che, per la prima volta, le donne possono esercitare, su scala nazionale, il diritto di voto.

Giunge così a compimento un processo che in Italia (più ancora che in altri stati europei) era stato particolarmente lungo e controverso: quello dell’uguaglianza fra i sessi nel godimento dei diritti politici; che significa possibilità di eleggere e di essere eletti. E le donne, il 2 giugno 1946, si recano massicciamente a votare.

Ventuno di loro saranno elette alla Costituente: milioni di elettrici, più numerose anche degli uomini, e solo 21 elette su un totale di 556 membri. Ma si trattò, comunque, di un avvenimento epocale. Il 25 giugno 1946, la pattuglia delle 21 elette, future “madri” costituenti, fa il suo ingresso a Montecitorio, fra la curiosità e i commenti (non tutti benevoli) dei presenti, in gran parte curiosi e giornalisti. Nove di esse sono comuniste, 9 democristiane, due socialiste, una eletta con il Movimento dell’Uomo qualunque (espressione della destra monarchica e liberale).

Quasi tutte (tranne due) erano state impegnate nella Resistenza al nazifascismo e nella lotta partigiana. Tutte, invece, si impegnarono in difesa dei diritti delle donne e furono fautrici di normative antidiscriminatorie. La maggior parte di loro fu inserita nelle Commissioni che si occupavano di rapporti etico-sociali, di lavoro e di rapporti economici, mentre poche ebbero voce in capitolo nelle Commissioni deputate a delineare il nuovo assetto costituzionale: solo le democristiane Maria Federici e Angela Gotelli, la socialista Lina Merlin e le comuniste Nilde Iotti e Teresa Mattei furono chiamate a far parte della Commissione detta “dei 75”, incaricata di scrivere il testo della Costituzione.

Alcune seppero far sentire la loro voce in Assemblea: le democristiane Maria Federici e Angela Gotelli, le comuniste Nilde Iotti e Maria Maddalena Rossi intervennero nella discussione in aula per sostenere il diritto delle donne ad accedere alla Magistratura. Inutilmente. Questo diritto venne negato con argomentazioni che oggi sembrerebbero speciose e frutto di luoghi comuni, che oggi farebbero ridere (amaramente), ma che all’epoca erano molto diffuse (una legge del 1919, che pur aveva escluso l’autorità maritale, aveva tuttavia mantenuto la loro esclusione “dagli impieghi implicanti poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attengono alla difesa militare dello Stato”. La situazione era poi ulteriormente peggiorata durante il fascismo). Le donne faranno ingresso in Magistratura solo nel 1963.

Molto diverse tra loro per età, cultura ed esperienze politiche, le “madri” costituenti: la maggior parte di loro – 12 – provenivano dalle regioni del Nord, 6 da quelle del centro, solo 3 erano meridionali (due siciliane e una campana).

Tutte però seppero dare voce comune, nell’ambito dell’elaborazione della Carta costituzionale, alle legittime aspirazioni di emancipazione delle donne italiane. Le più combattive di loro – come Nilde Iotti, Lina Merlin, Teresa Mattei e Maria Federici – lasciarono un segno tangibile anche sulle grandi questioni e sui principi fondamentali, poi confluiti nei primi 12 articoli. In particolare, a Teresa Mattei si deve l’inserimento delle parole “di fatto” all’interno del secondo comma dell’art. 3 (“… che limitando, di fatto, la libertà e l’uguaglianza…”), mentre è grazie a Maria Federici che si riuscì ad evitare il riferimento alle “attitudini” con riferimento ai due sessi, che avrebbe perpetuato la destinazione della donna a ruoli casalinghi.

Invece, proprio la presenza delle 21 donne ha certamente contribuito a definire il concetto di parità dei sessi (art. 3 comma 1°, art. 29, comma 2°, art. 37), anche se ancora oggi siamo ben lontani da una democrazia effettivamente paritaria, fatta di uomini e donne. Anche perché, purtroppo, i principi costituzionali sono spesso rimasti sulla carta e – come scrive il giurista Michele Ainis – non si sono trasfusi in “sangue e linfa” della nostra democrazia. Non è possibile, in un articolo (anche di una rivista on line), tracciare il profilo di tutte le 21 “madri” costituenti. Mi limito, perciò, a ricordarne solo due, quelle (forse) dalla biografia più “corposa”: Nilde Iotti e Teresa Mattei.

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Leonilde Iotti, detta Nilde, nacque a Reggio Emilia il 10 aprile 1920, figlia di un ferroviere, sindacalista, licenziato proprio per il suo impegno politico. Visse l’infanzia in forti ristrettezze economiche e all’età di 14 anni restò orfana di padre. Tuttavia, grazie alla sua bravura, che le permise di avere delle borse di studio, poté proseguire negli studi fino a laurearsi in lettere all’Università cattolica di Milano nel 1942. Dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943, prese ad interessarsi alla politica e divenne attivista del PCI. Partecipò alla Resistenza come staffetta partigiana e, dopo la guerra, fu eletta segretaria dell’U.D.I. della sua città.

Eletta alla Costituente nelle file del PCI, fece parte della Commissione dei 75 e di varie sottocommissioni, incaricata della stesura della parte relativa ai diritti e doveri dei cittadini. Fu anche Relatrice della parte riguardante la famiglia, sostenendo la parità morale e giuridica dei coniugi, ma diversamente dal co-relatore Corsanego (democristiano), si disse contraria alla indissolubilità del matrimonio e fece sì che questa non venisse inserita nel testo della Costituzione.

Il lavoro in Costituente rappresentò solo l’inizio della sua storia di politico e parlamentare, ma incise anche sulla sua vita privata. Divenne, infatti, compagna di Palmiro Togliatti – Segretario del Partito Comunista – (peraltro già sposato con Rita Montagnana), restandogli accanto sino alla morte, avvenuta nel 1964. Sempre rieletta nelle successive legislature, assunse sempre più un ruolo di rilievo nel suo Partito e nella vita politica del Paese, occupandosi soprattutto dell’attuazione della Costituzione e del riconoscimento dei diritti civili. Si impegnò a fondo per l’introduzione nel nostro Ordinamento della possibilità di scioglimento del matrimonio (Legge 1.12.70, n. 898) e si batté per il suo mantenimento nella successiva battaglia referendaria. Si rese promotrice della possibilità di eleggere a suffragio universale il Parlamento europeo, del quale poi fece parte dal 1969 al 1979.

Vice-Presidente della Camera dei deputati nella VII legislatura, il 20 giugno 1979 venne eletta Presidente della Camera dei deputati, venendo confermata nel 1983 e nel 1987. È stata la prima donna ad assumere la Presidenza di una Camera ed il suo è stato il mandato presidenziale più lungo nella storia del Paese. Nel suo discorso di insediamento disse fra l’altro: “Io stessa vivo quasi in modo emblematico questo momento [il riferimento è alla sua elezione in quanto donna], avvertendo in esso un significato profondo, che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione”.

La sua prima Presidenza cadde in anni particolarmente difficili per l’Italia, a causa non solo della criminalità organizzata ma, soprattutto, del terrorismo, che in quegli anni colpiva indiscriminatamente servi dello Stato – magistrati, appartenenti alle forze dell’ordine, imprenditori – ed anche inermi cittadini impegnati in politica o nel sindacato, come il sindacalista Guido Rossa, ucciso a Genova. Inoltre il Paese non si era ancora ripreso dallo shock per il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro, forse il politico italiano più importante, ad opera delle Brigate rosse.

Durante i suoi anni di Presidenza, connotati da grande equilibrio ed imparzialità, vennero approvate importanti leggi, riguardanti sia l’assento istituzionale dello Stato (per esempio il nuovo Regolamento della Camera dei deputati), sia i diritti delle persone (importante la nuova legge che modifica i reati sessuali, trasformandoli da delitti contro la morale sessuale e il buoncostume in delitti contro la persona). Nel 1992 lascia la Presidenza della Camera, restandovi da semplice parlamentare, ma viene ben presto chiamata a presiedere la commissione parlamentare per le riforme istituzionali (senza che tuttavia venga approvato il disegno di legge costituzionale a causa della fine anticipata della Legislatura).

Rieletta nella dodicesima e tredicesima legislatura, nel novembre 1999 rassegna le proprie dimissioni, irrevocabili per gravi ragioni di salute (furono approvate per alzata di mano e con un lunghissimo e caloroso applauso). Muore a Roma pochi giorni dopo, il 4 dicembre, ed è sepolta nel cimitero del Verano. Per ricordare il suo umanesimo e la sua dedizione ai temi delle donne, vale questo suo pensiero: “Dobbiamo rendere più umani i tempi del lavoro, gli orari delle città, il ritmo della vita. Dobbiamo far entrare nella politica l’esperienza quotidiana della vita, le piccole cose dell’esistenza, costringendo tutti – uomini, politici, ministri, economisti, amministratori locali – a fare finalmente i conti con la vita concreta delle donne”.

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Teresa Mattei nacque a Genova l’1.2.1921, figlia di madre ebrea e di un avvocato antifascista, amico di Carlo Rosselli. L’ambiente familiare la indirizzò giovanissima verso l’impegno politico e sociale, tanto che nel 1938, mentre frequentava la seconda liceo (a Firenze, dove si era trasferita la sua famiglia), avendo contestato le leggi razziali fasciste, venne espulsa da tutte le scuole del Regno. Su consiglio di Piero Calamandrei, illustre giurista fiorentino, prese la maturità come privatista, per iscriversi, poi, alla facoltà di Lettere e filosofia.

Il 10 giugno 1940 – giorno dell’entrata in guerra dell’Italia nella seconda guerra mondiale – organizzò una manifestazione contro il conflitto. Nel 1942 entrò nel P.C.I. e partecipò attivamente alla lotta di liberazione, con nome di battaglia di Chicchi. Durante gli anni della Resistenza, conobbe Bruno Sanguinetti, ebreo ed antifascista come lei, che pianificò l’omicidio del filosofo Giovanni Gentile, considerato un “cattivo maestro” del fascismo. Con riferimento a questo episodio Teresa Mattei ebbe a dichiarare: “Per fare in modo che i gappisti incaricati dell’agguato potessero riconoscerlo, alcuni giorni prima li accompagnai presso l’Accademia d’Italia della R.S.I., che lui dirigeva. Mentre usciva lo indicai ai partigiani, poi lui mi scorse e mi salutò. Provai un terribile imbarazzo”.

L’uccisione di Gentile fu un grave errore dei partigiani, frutto, comunque, del clima da guerra civile che viveva il Paese.

Nel giugno 1946 Teresa Mattei venne eletta alla Costituente nelle liste del P.C.I., la più giovane dei parlamentari incaricati di scrivere la Costituzione. Inserita nella segreteria della Presidenza e nella Terza Commissione (che si occupava dei rapporti socio-economici), si batté per il riconoscimento dei diritti delle donne e nella seduta del 18 marzo 1947 ebbe a dichiarare: “Se la Repubblica vuole che più agevolmente e prestamente queste donne collaborino […] alla costituzione di una società nuova e più giusta, è suo compito far sì che tutti gli ostacoli siano rimossi dal loro cammino, e che esse trovino al massimo facilitata ed aperta almeno la via solenne del diritto”.

Nel 1956, dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, venne espulsa dal P.C.I. per il suo dissenso espresso nei confronti della politica stalinista e della linea del segretario Palmiro Togliatti. Negli anni Sessanta si occupò di cinema e di bambini rendendosi promotrice della lotta per i diritti dell’infanzia e promuovendo la Lega per il diritto dei bambini alla comunicazione.

Nel 1992, durante i funerali di Padre Ernesto Balducci, lanciò il suo grido di dolore per l’assedio di Sarajevo, città martoriata nella guerra della ex-Jugoslavia, e propose l’assegnazione del premio Nobel ai bambini di questa città. Nel 1996 si batté per la celebrazione del processo al gerarca nazista Eric Priebke – responsabile della strage delle fosse Ardeatine – che sarà condannato all’ergastolo (la Mattei, in quanto sorella di Giancarlo Mattei – arrestato dalle S.S. e torturato nel carcere di via Tasso, ove si uccise per non rivelare notizie compromettenti – venne esaminata come testimone al processo).

Nel 2001, a Genova, protestò contro il G8 e denunciò le violenze della Polizia e le violazioni della Costituzione. Negli ultimi anni della sua vita, insieme al Presidente Scalfaro, è stata protagonista di centinaia di incontri in difesa della Costituzione, che porteranno alla vittoria nel referendum del 2006. Durante la battaglia elettorale, davanti agli studenti del suo antico liceo “Michelangelo” di Firenze, pronunciò queste parole: “Nell’articolo 1 della Costituzione si dice: «la sovranità appartiene al popolo», ed è questa la cosa più importante che noi dobbiamo difendere. La sovranità è nelle mani nostre, nelle mani del popolo e paritariamente in quelle di ogni cittadino; con questo la Repubblica ci ha fatto diventare cittadini e non sudditi. Il più grande monumento, il maggiore, il più straordinario che si è costruito in Italia, alla libertà, alla giustizia, alla Resistenza, all’antifascismo, al pacifismo è la nostra Costituzione”.

Poco prima di morire, in un messaggio ai giovani dell’ARCI di Mesagne (Brindisi), invocò, ancora una volta, la difesa della Costituzione: “Siete la nostra speranza – disse – il nostro futuro. Custodite gelosamente la Costituzione. Abbiamo bisogno di voi in modo incredibile. Cercate di fare voi quello che noi non siamo riusciti a fare: un’Italia veramente fondata sulla giustizia e sulla libertà”.

Morì nel 2013, all’età di 92 anni, ultima delle 21 donne che parteciparono alla Costituente.

Ventuno donne: alcune divennero grandi personaggi della nostra Storia, altre rimasero a lungo nelle aule parlamentari, altre ancora – come per esempio Ottavia Penna, eletta nelle liste dell’Uomo qualunque – dopo la Costituente tornarono alle loro occupazioni. Tutte, però, con il loro impegno e le loro capacità, segnarono l’ingresso delle donne nel più alto livello delle istituzioni rappresentative. Donne fiere di poter partecipare alle scelte politiche del Paese nel momento della fondazione di una nuova società democratica. Per questo è giusto ricordarle. Tutte!

Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria de Unterricher, Maria Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Maria Cingolani, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Lina Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana, Maria Nicotra, Teresa Noce, Ottavia Penna, Eletta Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio.

 

Roberto TanisiGià presidente del Tribunale e della Corte d’Appello di Lecce

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