Quel curioso incrocio del calendario con la Storia. C’è una data che Meloni eviterà per presentare il governo alle Camere: il 28 ottobre

Il 13 ottobre è la data in cui si riunirà per la prima volta il Parlamento della XIX legislatura.

La prima volta di un Parlamento più snello – 400 deputati invece di 630 e 200 senatori invece di 315 (più i senatori a vita).

In pochissimi giorni i due rami del Parlamento dovranno provvedere ad alcuni adempimenti: eleggere i rispettivi presidenti, i vice presidenti, i questori, i segretari.

Poi si costituiranno i gruppi parlamentari alla Camera e al Senato, e saranno eletti i rispettivi capigruppo, i vicepresidenti, i segretari.

Tutte occasioni, specialmente la elezione dei presidenti delle Assemblee,  in cui ci sarà la prova del fuoco della compattezza della maggioranza vittoriosa delle elezioni. Un punto interessante da vedere è se la maggioranza, autosufficiente alla Camera e al Senato, quindi non bisognosa di apporti esterni, ricorrerà alla pratica del cosiddetto spoil system (sistema delle spoglie) e “non farà prigionieri” secondo una burbanzosa frase di Cesare Previti durante la formazione dei primi governi Berlusconi.

Oppure, com’era prassi della cosiddetta Prima Repubblica, si vorrà tenere un filo di dialogo con l’opposizione offrendogli la presidenza di una delle due Assemblee?

L’aria che tira in questi giorni di post voto non fa apparire probabile una tale ipotesi. Ma in politica le cose possono cambiare dall’oggi al domani quando c’è la volontà (appunto politica) di farle.

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Passati quattro giorni, il presidente della Repubblica comincerà le consultazioni

Le consultazioni non sono formalmente previste dalla Costituzione che ci dice soltanto che il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e su sua proposta i ministri. Ma nulla ci dice sul modo come il capo dello Stato arriva a questa decisione.

Ce lo dice invece quella che si chiama Costituzione materiale, che si è andata con gli anni formando, e prevede una serie di prassi, di liturgie, utili a dare al presidente della Repubblica una serie di informazioni utili per poter maturare la decisione di dare il via alla formazione del governo.

Di questa costituzione materiale fanno appunto parte le consultazioni, di cui c’è, come per i vocabolari, una editio maior e una editio minor. Quella maior, per esempio,  prevede che il Capo dello Stato consulti gli ex presidenti della Repubblica, a cui la Costituzione materiale ha riservato un ruolo di saggi, di autorevoli consiglieri del Presidente che fa le consultazioni. Spesso il capo dello Stato si è recato nelle abitazioni degli ex cpresidenti, in caso di loro infermità o impedimento. Qualche altro presidente si è limitato in altri casi ( editio minor) a fare una telefonata.

Poi c’è la trafila degli incontri del presidente con i segretari dei partiti che di solito vanno accompagnati da una delegazione (allargata ai capigruppo parlamentari.

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Una domanda sorge spontanea

Alle consultazioni i leader della destra-centro andranno ognuno per conto suo o insieme?

La domanda non è né oziosa né provocatoria, ma dettata da una esigenza conoscitiva.

Non è indifferente che si avveri l’una o l’altra circostanza. Andare insieme, darebbe una ovvia immagine di compattezza, tutto avverrebbe alla luce del sole, e al Presidente si darebbero indicazioni chiare, univoche e lineari, per esempio sul nome che proporranno come presidente del Consiglio).

Viceversa, se FdI, Lega e Fi andranno in ordine sparso, non si è maliziosi se si ipotizza che nei colloqui con il Presidente possano essere espresse sfumature o posizioni diverse, per cui poi toccherebbe al Presidente tirare le somme.

Questo nome dovrebbe essere, secondo gli accordi elettorali, quello di Giorgia Meloni, secondo i criterio: chi prende più voti guiderà il governo.

Salvini e Berlusconi accettarono questa impostazione, e non ci sarebbe da pensare che cambino idea. Se ciò avvenisse, le complicazioni nascerebbero subito e la asserita e sbandierata compattezza della destra-centro non apparirebbe più tale.

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Il 17 ottobre dunque Mattarella comincerà le consultazioni

Leone, che era superstizioso, non l’avrebbe mai fatto. Quando era presidente della Camera, per annunciare che la seduta successiva sarebbe stata convocata alle 17, per evitare di pronunciare quel numero diceva: domani seduta alle 5. Tra lo stupore dei deputati del nord per i quali le 5 sono le 5 del mattino.

Mattarella, si suppone, sarà celere nelle decisioni, data anche la situazione generale del Paese che richiede tempi rapidi. Per fare un esempio: il 30 settembre, in tempi normali si presentava la legge finanziaria e subito cominciava la sessione di bilancio da ottobre a dicembre (ciò per indicare come l’orizzonte in cui si muoverà un eventuale governo Meloni è abbastanza pieno di appuntamenti e scadenze, pena l’esercizio provvisorio del bilancio, che il nuovo governo assolutamente eviterà: non sarebbe un bell’inizio).

Facendo un po’ di conti: tre quattro giorni dopo il 17, fine delle consultazioni, affidamento dell’incarico, consultazioni a sua volta del (della) neo presidente del Consiglio, e si arriverebbe al 26-27.

A ridosso del 28 ottobre, che è il centenario della Marcia su Roma

Un incrocio bizzarro del calendario con la Storia, o uno scherzo del dio Kronos, su cui già si possono immaginare le fantasie dei dietrologi e dei commentatori.

Varrebbe in casi come questo l’esortazione di padre Cristoforo “Omnia munda mundis”?

In ogni modo, non è difficile ipotizzare che di tutte le date che Giorgia Meloni potrebbe scegliere per presentarsi alle Camere, quella più improbabile (sconsigliabile?) è proprio quella del 28 ottobre.

Né vogliamo credere che i suoi consiglieri vengano a loro volta consigliati da uno spiritello bizzarro e dispettoso per proporre alla neo presidente di presentarsi alle Camera proprio il 28 ottobre, sulla base di questo ragionamento: Mussolini arrivò al potere con mezzi illegali, dopo aver seminato nel Paese lutti e violenze squadriste. Noi siamo arrivati al Governo con libera scelta del popolo democratico.

In un caso o nell’altro, vada come vada, non si può sottacere che la Storia è imprevedibile.

Della storia si dice sempre che è magistra vitae, ma Montale ha scritto anche che “la storia non è magistra di nulla che ci riguardi”. E proprio l’autore di “Ossi di seppia” ha dedicato al problema della storia una poesia che in realtà è un saggio filosofico di storiografia e di filosofia della storia.

Ci sono versi, immagini, che potrebbero applicarsi ai giorni nostri, ma anche ai giorni passati o futuri: solo la poesia fa di questi miracoli perché nasce nel tempo storico ma poi riesce a trascenderlo.

“La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.


La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l’ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.

La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.


La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.


La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono più liberi di lui”

 

Mario NanniDirettore editoriale 

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