Personaggi e storie – Le interviste di Maurizio Eufemi. Giorgio Postal, prezioso testimone della costruzione del “pacchetto” per l’Alto Adige

"Se si pensa alla vicenda attuale della Ucraina, il pacchetto De Gasperi – Gruber, che derivava dagli accordi di Pace di Parigi, fu una grande intuizione". Il Mattarellum fu fatale alla Dc (diventata Ppi). L’assassinio di Moro, poi la P2, il caso Donat Cattin, gli attacchi a Cossiga, tante tappe di un assedio alla Dc per disarticolare il Sistema. Quella lettera di Piccoli a Moro nella crisi di febbraio del 1978 e mai consegnata al presidente della Dc.

Prima di dare il via all’intervista con Giorgio Postal, trentino, diamo alcuni sommari ma importanti dettagli sulla sua attività politica , parlamentare e ministeriale.Deputato e senatore dal 1972 al 1994. Sottosegretario alla Ricerca Scientifica e all’ambiente nei governi Andreotti, Craxi e Fanfani.

Dal 1961 al 1964 fece parte della Commissione dei 19 per i problemi dell’Alto Adige. Testimone diretto del tempo di un lavoro certosino di mediazione culturale che fu una risposta intelligente alla escalation di attentati, soprattutto tralicci elettrici e ferroviari, compresa la “notte dei fuochi” che ne registrò ben 37.

Dopo duecento riunioni, nell’aprile 1964, la Commissione elaborò una relazione finale che fu la base di successivi interventi legislativi che ne recepirono i contenuti.

*****

Come e quando sei entrato in politica, nella Dc di De Gasperi e di Flaminio Piccoli?

È stato abbastanza casuale. Ho incontrato alcuni amici da giovanissimo, ero ancora studente universitario, che mi hanno proposto di frequentare il mondo giovanile Dc di allora. Questo nel 1960. Nel 1961 sono venuto a Roma alla segreteria di Piccoli, fui pregato di rimanere in alcuni momenti particolarmente importanti per il Trentino e per l’Alto Adige perché nella fase del terrorismo altoatesino venne istituita la commissione dei 19, che ebbe il compito di costruire il pacchetto, la prima stesura di accordo politico con proposte risolutive.

Tu che compito avesti?

A me affidarono il compito di tenere il contatto con i componenti Dc della commissione dei 19 di Trento e di Bolzano. Anni di lavoro piuttosto intensi (Commissione presieduta da Paolo Rossi, composta da 12 commissari di lingua italiana e 7 di lingua tedesca. Lavorò tre  anni e risolse 110 questioni di cui 40 definite alla unanimità e 70 a maggioranza. Aldo Moro fu protagonista di quelle fasi sia come Segretario politico sia come presidente del Consiglio ndr).

Chi ricordi di quella fase?

Piccoli, Alcide Berloffa, il Presidente della Regione.

Se pensi alla vicenda attuale della Ucraina, il pacchetto De Gasperi – Gruber che derivava dagli accordi di Pace di Parigi fu una grande intuizione.  Ha trovato soluzione nel pieno rispetto della integrità territoriale e nella sovranità dello Stato nella attuazione del principio di autonomia in coerenza con lo spirito della Costituzione e con le risoluzioni delle Nazioni Unite ?

Quella vicenda che ho seguito per la parte italiana oltre Paolo Rossi, Presidente, Roberto Lucifredi, Sen. Alcide Berloffa, rappresentante italiano di Bolzano, De Tassis de Unterrichter, Luigi Dalvit, poi tutta la classe dirigente della SVP con Silvius Magnago, Karl Mitterdorfer , Roland Ritz, Ebner Von Walter, infine il ladino Brugger. Poi scriverò un libro di 500 pagine sul pacchetto e sulla seconda autonomia del Trentino Alto Adige.

Una bella prima esperienza. Hai partecipato al movimento giovanile Dc?

No al nazionale, ma solo a livello locale.

Poco dopo, finita questa esperienza torno a Trento nel 1963, vengo nominato delegato provinciale del movimento giovanile e facciamo grande operazione di cambiamento delle classi dirigenti periferiche e due anni dopo nel ‘66 divento segretario provinciale della Dc .

Poi ti sei candidato alla Camera nel 1972?

Sì,  entro in parlamento nel 1972.

Quindi in coincidenza con Piccoli che viene eletto capogruppo alla Camera?

Sì.

Il 68, come movimento studentesco , come l’avete vissuto?

Abbiamo avuto uno sconquasso.

Avevamo sociologia a Trento ( dove studiava Renato Curcio, l’ideologo delle prime Br NdR) che era il punto di aggregazione delle posizioni più estreme della contestazione; spinto dal ‘66- ‘67 esplode nel ‘68 – ‘70.

Sono anni molto complicati. Trento era una città tranquilla da tanti punti di vista.

Nel ‘63 nasce l’istituto superiore di scienze sociali poi diventa facoltà di sociologia.

Diventa momento aggregante della contestazione.

Non solo occupazione, ma già nel ‘70, anche guerriglia urbana, violenze . Tempi duri, tempi difficili.

Poi il Parlamento. Come lo vedevi?

Ero molto legato a Flaminio Piccoli che era capogruppo.

Da molti punti di vista avevo un campo di osservazione elevato.

La prima esperienza è in commissione Finanze, poi mi eleggono presidente del comitato pareri della finanze e tesoro nella prima legislatura.

Era una bella commissione ? Con bei personaggi?

Bella e interessante perché poi stava prendendo il via la grande riforma fiscale sia dell’Irpef sia dell’IVA.

Poi, nella legislatura successiva, mi nominano sottosegretario alla Ricerca scientifica. Resto fino alla fine della legislatura che si chiude nel 1979. C’è di mezzo tutta la vicenda del ‘78 –‘79, gli anni di piombo, la vicenda Moro, il compromesso storico, il governo della solidarietà nazionale, lo SME, un periodo turbolento e a tratti drammatico.

Dal 1967 al 1994 faccio parte del Consiglio nazionale della Dc.

Quindi un ruolo politico?

Più locale che nazionale, salvo gli ultimissimi anni che mi nominarono in Direzione centrale.

Però eri quello più politico tra i colleghi di Trento, perché gli altri come Pisoni, Monti Maurizio, erano più impegnati nei problemi delle categorie, come la cooperazione e il comparto agricolo. E Bruno Kessler ?

Con Kessler i rapporti sono stati variegati; fino al 1974 ottimi. Poi nel ‘74 ci furono vicende locali, che crearono un conflitto interno soprattutto tra Piccoli e Kessler. Anche io all’interno di questi discorsi mi ritrovai in una posizione abbastanza chiara e precisa. Dal ‘74 fino al 1979, i rapporti furono difficili, poi si appianarono.

Kessler è andato al Ministero dell’Interno come sottosegretario. All’inizio della legislatura del 1979 Piccoli mi chiese di rinunciare alla mia aspirazione a sottosegretario per lasciare spazio a Kessler che, pur essendo moroteo, venne inserito nella lista dei sottosegretari come doroteo.  Ci fu la disponibilità di Piccoli.  Ma ciò suscitò un mare di polemiche.

Poi i rapporti tra Piccoli e Kessler si appianarono.

Per gli incroci della vita ho conosciuto il figlio di Bruno Kessler come parlamentare nella Commissione di inchiesta su Telekom Serbia, l’ ho trovato un po’ di diverso dal padre, così socievole!

Sì. è molto, molto diverso.

E della Assemblea degli Esterni del 1981 che si svolse per iniziativa di Piccoli che era segretario del Partito cosa ricordi?

Fu un grande tentativo straordinario sia di mobilitazione sia di allargamento. Infatti fu data una quota di rappresentanza agli Esterni rispetto agli iscritti.

Piccoli nel 1982 favorisce la segreteria di De Mita, come valuti quella operazione politica? Da cosa derivò ?

Voleva creare le condizioni interne della unità e del massimo del consenso.

Non voleva fratture?

Non solo, voleva  creare il massimo della concordia interna. C’era stata la P2, l’ultimo Forlani,  poi arriva il governo Spadolini,  immediatamente dopo il governo Craxi. Dopo il congresso del 1980 c’è il preambolo di Donat Cattin. Fa la scelta sul Partito socialista anziché sul PCI come interlocutore privilegiato, mentre la sinistra interna, De Mita, avrebbe preferito un altro tipo di scelta; succede che negli anni tra il 1980 e 1981 -che sono anni complicati e difficili – si arriva a fare scelte con il massino di unità. Piccoli si ritira, ma cooperando alla costruzione della segreteria De Mita.

Quella scelta fu utile? oppure …

In quel momento non solo era scelta utile, ma era una scelta accorta. Devi contestualizzare la situazione.

Dovevi affrontare la competizione con il Psi con il massimo di unità.

Hai ricordato la vicenda della P2, ma letta oggi non è stato il primo grande attacco alla Dc?

La gravità della vicenda era chiarissima, però la esasperazione aveva la logica di puntare direttamente contro la Dc. Resta grave la esasperazione.

L’intervista di Lino Iannuzzi a Sciascia su “Lotta Continua” nel 1980 pone interrogativi? Dopo l’uccisione di Moro, l’attacco a Donat Cattin, la messa in stato di accusa di Cossiga … in sostanza se viene meno la Dc che cosa sarà di questo Paese?

A dirti il vero, il mio giudizio su Sciascia è diversificato: quando scrive è un grande scrittore, quando si occupa di politica te lo raccomando.

Qui però fa una lettura degli avvenimenti!

Se pensi alla lettura della vicenda Moro! Ho un giudizio diversificato a seconda del terreno.

Poi gli attacchi alla Dc proseguono. Dopo la P2 la questione morale, sollevata da Enrico Berlinguer, poi nei primi Novanta mafiopoli, poi Tangentopoli, non c’è stato un eccesso per disarticolare il Sistema? È tutto normale quello che è successo ? Con gli occhi di oggi?

No, non è normale. Assolutamente.

Se metti insieme le vicende giudiziarie di Andreotti che sono più gravi di Tangentopoli da molti punti di vista, quello sì è l’attacco al cuore, gli interessi interni e internazionali, la stessa Chiesa , il Vaticano: ci sono tutta una serie di forze convergenti che pensavano chissà che cosa poteva succedere dopo il sol dell’avvenire …. o cose di questo genere. La decadenza e la chiusura della esperienza della Dc è una vicenda che dovrà essere approfondita fra un secolo. !

Hai condiviso lo scioglimento della Dc?

Noi non condividevamo molto il Mattarellum.

Con il Mattarellum nelle elezioni immediatamente successive – quelle del 1994 – il partito Popolare e la Lega in termini nazionali raggiunsero sostanzialmente lo stesso numero di voti.

Solo che la Lega stava in una alleanza?

Solo che noi, il PPI, prendemmo 25 deputati e la Lega 105 ! Per effetto del Mattarellum!

Portammo al Partito una simulazione elaborata dal Professor Ornello Vitali, statistico della facoltà di Scienze Politiche, spiegando il meccanismo del Mattarellum secondo il quale non avremmo preso un collegio elettorale, nella quota del maggioritario. Così fu!

Ero d’accordo sulla nascita del PPI, però la contestualità della approvazione della nuova legge elettorale metteva in gravissimo dubbio la possibilità di proseguire l’ esperienza.

Poi nel ‘93 e ‘94 ho avuto grossi problemi di salute. La parte finale l’ho vissuta in maniera marginale.

Quando fu data l’autorizzazione a procedere contro Andreotti eri in Senato ?

Non solo in Senato. Mi chiesero di fare il capogruppo in Giunta delle immunità. Contestualmente avvennero le mie vicende di salute. Mi chiamò Martinazzoli; Mancino mi accompagnò a piazza del Gesù da Martinazzoli per convincermi a fare il capogruppo per la giunta. Resistetti perché non avevo una formazione giuridica vera e propria. Tornai a Trento. Poi scoprii gravi problemi di salute e mi dimisi perché impossibilitato. Era venuta meno l’energia vitale di prima, quella che eravamo abituati a esprimere nel periodo parlamentare.

Dopo la fine dell’attività parlamentare ?

Poi mi sono dedicato alla storia; ho scritto molti libri di storia locale. Attualmente sono presidente della Fondazione Museo storico del Trentino. Sono in piena attività.

Come è il Trentino oggi rispetto a quando sei entrato in politica?

Come se fossero passate ere geologiche ! Fino alle ultime elezioni. La Margherita è stata inventata a Trento. Gli epigoni di una certa parte della Dc hanno retto fino alle ultime elezioni quando abbiamo avuto la destra. Adesso abbiamo  una giunta provinciale di destra.

Questo cambiamento che ha prodotto? Ci sono stati benefici?

Negli anni Sessanta il Trentino era marginale. Il sistema autonomistico sia regionale sia provinciale ha consentito un salto straordinario economico e sociale. Adesso siamo in una fase di stallo, legata al contesto generale: prima la pandemia, poi adesso la guerra. La fase risente delle condizioni generali del Paese.

Le opere infrastrutturali? I problemi sono risolti oppure no?

Il Brennero lo fanno; quello è un progetto internazionale, europeo . Sta andando avanti. Su Trento città sta arrivando l’impatto perché è prevista la galleria lunghissima di transito per la ferrovia e le merci con l’interramento della ferrovia attuale. Siamo in una fase particolarmente interessante per la costruzione di un sistema futuro.

Dammi un giudizio su Flaminio Piccoli. Che cosa ti è rimasto del leader trentino, due volte segretario nazionale Dc? Flaminio è stato un grande personaggio ?

Nemo propheta in patria! Siamo in una fase nella quale  un ragionamento storicamente fondato su Flaminio Piccoli non è ancora cominciato. A Trento c’è qualche cosa, ma poca roba.

Caro Giorgio Postal concludiamo con una riflessione su un libro su Flaminio Piccoli pubblicato recentemente dalla Camera dei Deputati.

La novità editoriale ha avuto il pregio di unire i discorsi parlamentari con i discorsi politici oltre la bella introduzione dello storico Francesco Malgeri. L’ho letto con grande curiosità. Ho anche trovato alcune imperfezioni (che solo chi ha vissuto quei momenti può cogliere NdR) come la citazione di Sergio Bindi capo della segreteria anziché capo ufficio stampa come in effetti era.

Da questo libro emerge anche una importante circostanza  in relazione alla vicenda della crisi di governo del febbraio 1978,  per una lettera del capogruppo Piccoli scritta a Moro “con la mente e con il cuore”. Nella missiva Piccoli invitava Moro a “non fare passi superiori alla possibilità di comprensione e di accettazione della classe dirigente Dc perché finirai e finiremo per perdere il collegamento coi migliori e con i più preparati, limpidi e sicuri parlamentari e dirigenti”.

La lettera non fu consegnata su consiglio di Bindi, con la notazione “tienila per la storia”. Nella prefazione ho notato un maggiore attenzione posta alla Assemblea dell’Augustinianum del 17 aprile 1982 nell’imminenza del Congresso Nazionale piuttosto che a quella di tre giorni del palazzo dei congressi del 25-29 novembre del 1981.

Poi ho trovato disdicevole, anzi una offesa alla storia parlamentare la “assenza” istituzionale della prefazione del Presidente della Camera, quasi un rifiuto a rendere omaggio a un Politico protagonista di una storia parlamentare lunga 37 anni, rinunciando al suo compito per delegarlo al vicepresidente Ettore Rosato. Ma lo stile, come diceva don Abbondio parlando del coraggio, uno non se lo può dare.

Come se il tempo per i Cinque Stelle fosse cominciato quando sono arrivati loro…!, commenta amaramente Giorgio Postal.

 

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