Pasquale Tridico, ecco le sfide dell’Inps, un motore sempre acceso. Dobbiamo far emergere il nero e aumentare l’occupazione, soprattutto al Sud. Intervista al presidente dell’Inps

E comunque aumentare l'occupazione in generale, di giovani e donne. Il reddito di cittadinanza è una misura “compliant” e coerente con le richieste dell'Unione europea. La questione meridionale dovrebbe essere la priorità di qualsiasi governo, se fosse risolta avremmo un diverso Paese. La forbice Nord Sud si restringe con il concorso del capitale pubblico e privato. Senso civico e controlli in un Paese di furbi come il nostro: L’esempio della metropoltana di Vienna e quella di Roma. Tra pochi giorni ci sarà un nuovo portale Inps, che fa parte anche dei progetti PNRR, in una versione molto più semplificata, dinamica

Pasquale Tridico è Presidente dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale dal 20 maggio 2019, giorno in cui il Presidente della Repubblica firma il suo decreto di nomina. Dal 15 aprile 2020, invece, dalla data di insediamento il Professore, all’Inps lo chiamano così, presiede il Consiglio di amministrazione, della durata di quattro anni.

Classe 1975, Pasquale Tridico nasce il 21 settembre, dunque segno zodiacale della “vergine”. Lo preciso subito, non sono un esperto di queste cose, ma per pura curiosità sono andato questa volta a cercare il “valore simbolico e qualitativo” che gli astrologi danno a questo segno zodiacale e mi rendo conto che qualche volta i segni zodiacali possono anche raccontare perfettamente bene il personaggio a cui sono collegati e legati.

Il segno della Vergine- ci spiegano infatti gli esperti- è votato alla conservazione, essendo l’ultimo segno del ciclo primaverile – estivo: “Siamo dunque in presenza di persone molto esperte in qualsiasi campo e in qualsiasi compito che implichi una certa abilità tecnica. C’è di più, le persone della Vergine hanno una assoluta fiducia nei mezzi meccanici, che sanno maneggiare come nessun altro segno, e alle volte, operano una vera e propria caccia all’errore. Ossessionati dai canoni estetici, amano molto le regole, che considerano indispensabili per il corretto fluire delle cose. Sono dunque testimoni reali del senso della puntigliosità, della perfezione, della precisione assoluta, di un metodo che nessun altro segno – sottolineano gli astrologi- è all’altezza di seguire, e che le Vergini considerano indispensabile affinché le cose vadano per il verso giusto per l’intera collettività”.

Vero o falso che sia, questa descrizione collima perfettamente bene con il nostro protagonista, che ha fatto della puntigliosità il suo mantra preferito, e che considera la perfezione del lavoro il massimo obiettivo possibile per aiutare il proprio Paese a crescere.

 

Economista di altissimo livello, studioso internazionale di analisi economica, punto di riferimento degli economisti keynesiani in Europa, grande appassionato di storia e di sociologia, conoscitore quasi maniacale dei mercati del lavoro europei, massimo esperto di disuguaglianze economiche, Pasquale Tridico dal 2019 è Professore ordinario di Politica Economica all’Università Roma Tre, dopo aver conseguito con il massimo dei voti l’abilitazione di Professore ordinario, era il 2013, e dopo essere stato chiamato da ordinario, era il 5 dicembre 2018, dal Dipartimento di Economia della stessa Università Roma Tre.

Le sue analisi finiscono puntualmente sui grandi giornali economici come il Cambridge Journal of Economics, il Journal of Evolutionary Economics, la Review of International Political Economy, il Journal of Post-Keynesian Economics, l’International Labour Review, l’International Review of Applied Economics. L’uomo insomma ha un curriculum davvero invidiabile, ma che molti probabilmente non conoscono per come dovrebbero, e da cui si coglie a piene mani la determinazione e la padronanza assoluta con cui “Il Professore” parla oggi di economia e di flussi finanziari, cosa che con il passare degli anni ha fatto di lui un personaggio di grande fascino internazionale.

 

 

Presidente Tridico, scorrendo il suo ampio curriculum, gli studi che ha fatto, i riconoscimenti che ha avuto, l’insegnamento universitario su economia, previdenza, welfare, viene da osservare: era “naturale” che lei fosse a chiamare l’Istituto della Previdenza sociale, una immensa nave su cui c’è quasi metà degli Italiani

Il mio percorso scientifico è certamente molto coerente con i temi del lavoro della previdenza e del welfare. Sono professore di economia del lavoro, ora in aspettativa, all’università di Roma Tre e i miei studi sono stati sempre nel solco di tale materia. Nella mia ricerca e nei miei libri ho cercato anche di trovare soluzioni di politica economica per migliorare le condizioni e la qualità del lavoro, per aumentare l’occupazione, per inserire possibilità di reddito minimo all’interno del mercato del lavoro, per contrastare la precarietà. Questi sono gli stessi temi su cui poi effettivamente ho lavorato tra il 2018 e il 2019 nella breve esperienza come consulente del Ministero del Lavoro, un periodo in cui abbiamo lavorato su policy come il reddito di cittadinanza, il decreto dignità, il salario minimo, il decreto riders, cioè per dare dei contenuti di politica economica, migliorando la qualità del mercato del lavoro e l’occupabilità. Dopo questa esperienza, il durante il governo Conte I, vengo nominato presidente dell’Inps in virtù della mia esperienza e dei miei precedenti studi pubblicati in Italia e all’estero. Sono da quasi 4 anni alla guida di un istituto straordinario per la vita economica e sociale del paese, un grande e capillare istituto pubblico che è capace di cambiare la vita dal punto di vista sociale, di sostenere i redditi, di ridurre le disuguaglianze, di contrastare la povertà e di fornire reddito nella fase avanzata della vita con il sistema pensionistico, di distribuire con equità risorse e creare un flusso tra il presente e il futuro delle persone, di tutto il Paese. Insomma, tutti temi sui quali, nel mio percorso di ricerca e di studio, avevo lavorato molto.

Leggendo la storia dell’Inps, che è sorta come Cassa di assistenza e previdenza per gli operai due anni prima della fine dell’800 – l’anno del cannoneggiamento di Bava Beccaris contro la gente che protestava chiedendo pane – e poi nel corso del ‘900 ha assorbito progressivamente altri istituti di previdenza, si ha l’impressione di un impero che è andato annettendosi varie province: di volta in volta:  l’Inpdai, l’Ipost, l’Enpas, l’Enpals, l’Inpdap e da ultimo, cosa di pochi mesi fa, l’Istituto di previdenza dei giornalisti. Questa tendenza continuerà? C’è ancora qualche ente da accorpare?

L’Inps ha una storia lunghissima: quest’anno festeggiamo esattamente il 125mo anniversario dell’Istituto, che nasce nel 1898 come Cassa di previdenza per gli operai, soprattutto per le invalidità. Dopodiché, la storia dell’istituto e la sua evoluzione fino ad oggi, non solo l’hanno portato ad assorbire diversi enti pensionistici di categoria come Inpdap, Ipost, Enpals e altri come, da ultimo, la cassa di previdenza dei giornalisti, l’Inpgi. Ma ha avuto anche un’evoluzione “trasversale”, sul fronte dell’assistenza. Basti pensare che nel 2021 il bilancio dell’istituto è stato assorbito per oltre 1/3 da prestazioni assistenziali, pari a oltre 150 miliardi di euro, mentre i 2/3 rimangono ancorati appunto al “core business”, che è la previdenza. In ogni caso, questa continua evoluzione, con diversi “assorbimenti” di enti e nuove funzioni, ha fatto sì che l’istituto riorganizzasse ed efficientasse le gestioni, realizzando grandi economie di scala con riduzione di costi e miglioramenti dei servizi grazie all’innovazione tecnologica. Proprio durante gli ultimi quattro anni sono stati sostenuti nuovi e forti investimenti in innovazione, facendo decollare anche alcuni progetti nell’ambito delle missioni del PNRR. Sin dal 2019 abbiamo rilanciato articolati programmi strategici di innovazione e, con capacità che abbiamo sviluppato anche durante la difficile fase della pandemia, si è consolidata la presenza dell’istituto nel paese come un’agenzia nazionale del welfare. Quindi, non soltanto previdenza ma assistenza in tutte le diverse fasi della vita delle persone e articolazioni del mercato del lavoro, grazie anche all’introduzione di strumenti universali che abbiamo oggi: da sostegni per il contrasto alla povertà come il reddito minimo (reddito o pensione di cittadinanza, pensione sociale) all’assegno unico, dalle prestazioni a sostegno della famiglia all’invalidità, che sono a fianco alle prestazioni “storiche” delle pensioni, della disoccupazione, della cassa integrazione.

Una domanda di curiosità tra il serio e il faceto: ora che si è messo in casa i giornalisti, nel senso dell’ente previdenziale, che considerazioni le viene di fare?

I problemi strutturali della cassa Inpgi erano noti da tempo, sapevamo anche a livello teorico che casse previdenziali monocategoriali hanno una difficile sostenibilità. Il nostro sistema mutualistico assicurativo generale obbligatorio, qual è quello dell’Inps, si regge esattamente sul fatto che ci sono tanti lavori, tante professioni diverse e c’è una mutualità tra tutte le categorie dei lavoratori. Quindi, anche l’evoluzione delle stesse categorie professionali, oppure la scomparsa di alcune professioni o l’emergenza di nuove, viene ad essere compensata all’interno di una grande cassa solidaristica quanto più ampia possibile. Il nostro sistema ha una struttura solidale ed è, in questo senso, allo stesso tempo sostenibile proprio perché appunto si poggia su un bacino più ampio di contribuzioni, riuscendo a fare “travasi” tra diverse categorie professionali e a garantire quell’equilibrio intergenerazionale necessario all’interno di un’economia sempre in evoluzione. Questo equilibrio rischiava di non realizzarsi all’interno dell’Inpgi, che scontava un disavanzo prevalentemente legato sul fatto che nel mondo del giornalismo entrano meno professionisti del passato e meno retribuiti, i cui contributi sostengono il pagamento delle pensioni dei giornalisti del passato, che avevano importi più alti di quelli dei pensionati di oggi. Tale disequilibrio ovviamente non poteva garantire la sostenibilità della cassa di previdenza di categoria.

Qual è oggi lo stato di salute dell’Inps? Ogni tanto si leva qualche voce di allarme sulla sostenibilità dei conti.

Si deve partire da un punto fondamentale: la sostenibilità di un ente previdenziale si regge sul lavoro e sul mercato del lavoro. Quanto più ampio è il numero dei lavoratori, tanto più salda è la sua sostenibilità. Dunque, oggi, quando parliamo di sostenibilità, si deve parlare di lavoro. Dobbiamo fare di tutto per far emergere il nero e aumentare l’occupazione, soprattutto al sud, soprattutto di giovani e donne, aumentare comunque l’occupazione in generale. Questa è la vera sfida, ancor più nel nostro modello a ripartizione, per cui tanto più riusciamo ad aumentare i tassi di occupazione, tanto più sostenibili diventano le pensioni di oggi e di domani. Oggi il nostro rapporto è tra lavoratori e pensionati è di 1,4 (1 pensionato per ogni 1,4 lavoratori); in futuro, se si conferma il trend demografico, il rapporto scenderà nel 2050 a 1 a 1. Chiaramente, non si tratta di un fatto positivo e dobbiamo fare di tutto per invertire questo andamento demografico e far incrementare questo rapporto, o quanto meno non farlo ridurre.

Da presidente dell’Inps e da economista e studioso di previdenza, in Italia lei c’è più o meno welfare rispetto ad anni fa?

Il welfare italiano si è certamente espanso, soprattutto negli ultimi anni e dopo la crisi finanziaria 2008-2013.  Sono aumentate le prestazioni alla famiglia, abbiamo introdotto per la prima volta strumenti di sostegno e di contrasto alla povertà, prima con il Rei e poi con il reddito di cittadinanza. Quest’ultimo è stato una grande politica sociale di sostegno ai redditi e di contrasto alla povertà che ha completato il welfare italiano dal punto di vista dell’universalismo. La pandemia ha dato inoltre prova e dimostrazione di quanto necessario sia l’intervento pubblico attraverso il welfare, con una protezione quanto più universale e trasversale possibile, superando le “categorie” tradizionali di lavoratori supportati dall’Istituto. Dal 2020 in poi, attraverso alcune riforme, sono state introdotte altre prestazioni Inps, ad esempio un ammortizzatore sociale per i le partite IVA della gestione separata, denominata Iscro, oppure lo strumento di sostegno contro la disoccupazione per i lavoratori dello spettacolo (Alas) e poi l’assegno unico che, prima in forma temporanea nel 2021 poi in forma definitiva nel 2022, è un sostegno che copre tutti i figli dei cittadini, non solo quelli di genitori con un lavoro dipendente ma ora anche di autonomi, disoccupati, incapienti, cioè  coloro che prima non erano coperti. In sostanza, rispetto agli assegni al nucleo familiare, ha aumentato la platea di beneficiari di circa 5 milioni di persone. Oggi ricevono l’assegno quasi 10 milioni di figli, ed è dunque una prestazione veramente universale che cerca di sostenere la natalità. In questo senso, il nostro welfare si è espanso.

Quali sono le caratteristiche imprescindibili di un efficiente Stato sociale?

Rispondo in maniera telegrafica: dare prestazioni a chi ne ha diritto, farlo con procedure semplificate e quindi con tempi molto ristretti.

Una domanda inevitabile: ci dice il suo pensiero sul reddito di cittadinanza?

Il reddito di cittadinanza è una misura “compliant” e coerente con le richieste dell’Unione europea. È del settembre 2022 la raccomandazione della Commissione europea che richiede agli Stati membri di introdurre un reddito minimo per contrastare la povertà, quindi il reddito di cittadinanza è coerente con questa impostazione. È incontrovertibile inoltre come sia stato uno straordinario strumento di sostegno ai redditi e di contrasto alla povertà, soprattutto in un periodo gravissimo come quello della pandemia. Il covid ha avuto un impatto negativo sui redditi, sulla povertà, sull’aumento disuguaglianze ed il reddito di cittadinanza in questo senso è stato un formidabile strumento di sostegno che non solo ha evitato che un milione di persone sprofondassero nell’indigenza più assoluta, come oggi confermano più organizzazioni e istituti, ma anche di aver sostenuto (insieme al reddito di emergenza) fino a 5,2 milioni di persone durante il picco della pandemia.

È inevitabile una domanda sui controlli, in un paese dei furbi e dell’arte di arrangiarsi. Come procedono i controlli su abusi e frodi sulle prestazioni o sull’evasione dei contribuiti? Con le attuali tecnologie, che rendono più penetranti i controlli, sono migliorati i risultati?

Partiamo da una considerazione, che prende spunto da un lavoro di un grande economista americano di nome Robert Putnam, che ha fatto uno studio sull’impatto che ha il “capitale sociale”, inteso come senso civico, sulle performance delle economie e sull’efficienza poi della burocrazia e sui controlli.  Putnam dice che la situazione in Italia è molto diversa tra alcune regioni che hanno un senso civico, un capitale sociale molto scarso ed altre che lo hanno più alto, con un conseguente impatto sia sulle performance economiche e gli investimenti, sia sulla fiducia che le amministrazioni hanno verso i cittadini e, viceversa, sulla fiducia che i cittadini hanno verso lo Stato. Idealmente, se avessimo la fiducia completa, le amministrazioni non avrebbero bisogno di fare controlli. Un esempio che faccio spesso ai miei studenti è il confronto tra l’ingresso della metropolitana di Vienna e quella di Roma: nella prima, non vi sono neanche dei varchi o dei tornelli da superare timbrando il biglietto; nella metropolitana di Roma, i filtri burocratici sono più forti. A Vienna la semplificazione del rapporto con l’istituzione è più alta che a Roma. Ma questo dipende da noi, dipende dal nostro senso civico, dalla fiducia. Se tutti quanti pagassero il biglietto, non ci sarebbe bisogno di controlli. Detto questo, l’Istituto che presiedo, nel 2019 ha creato per la prima volta una Direzione Antifrode, proprio per intercettare i possibili comportamenti irregolari sia da parte degli utenti, sulle prestazioni, sia da parte delle aziende, sui contributi, con effetti positivi fin da subito non solo sui controlli ex post ma anche bloccando prestazioni ex ante proprio grazie a questi controlli di secondo livello. Sul fronte della riscossione dei contributi, riusciamo a sollecitare anche in modo “soft” le aziende attraverso alcune tecniche moderne dette di “nudging”, ovvero di “spinta gentile” (secondo la teoria economica del premio Nobel Thales) cioé di stimolo ai comportamenti corretti, che noi oggi utilizziamo anche nei nostri sistemi per migliorare le performance di regolarità contributiva.

Rapporti con i cittadini. L’Inps ha un portale molto sofisticato ma la prima impressione di chi vi si accosta è quella di una fitta foresta. Pensate di migliorarlo?

Già oggi attraverso il nostro portale web, ma anche attraverso la rete delle nostre sedi e i patronati, il cittadino oggi può “raggiungere” quasi 500 prestazioni gestite da Inps: dalle più piccole, come ad esempio le vacanze studio per bambini e ragazzi che finanziamo, fino a quelle più importanti e massive, come le pensioni, la disoccupazione, il reddito di cittadinanza, l’assegno unico, una serie di bonus di emergenza. Tutto questo il cittadino lo può chiedere e ottenere attraverso uno sportello virtuale elettronico che è il nostro sito e che ha una portata enorme. Inoltre, tra pochi giorni verrà rilasciato un nuovo portale, che fa parte anche dei progetti PNRR, in una versione molto più semplificata, dinamica, di facile utilizzo e che suggerisce all’utente anche le prestazioni cui ha diritto attraverso uno screening delle informazioni sul profilo del soggetto che accede. Informazioni che sono già nelle banche dati dell’istituto o di altre amministrazioni collegate e che noi possiamo elaborare senza doverle nuovamente chiedere o far ripresentare all’utente. Ecco questo è il nuovo Inps, un Inps che fa leva sui vantaggi dell’innovazione tecnologica e che fa della proattività e della semplificazione i binari del suo rapporto con i cittadini. Ovviamente, senza eliminare i canali tradizionali di contatto con il pubblico tramite sedi territoriali, sportelli, call center, patronati e caf, con la loro preziosa attività di consulenza e di relazione.

Oltre al sito, possiamo parlare di una vera e propria strategia di innovazione? Con quali effetti sulle comunicazioni per l’utenza?

Nel 2022, il Consiglio di amministrazione dell’Inps approvava le “Linee guida in materia di proattività quale modalità innovativa di offerta di servizi dell’Istituto”. Nel corso del 2023, 20 milioni di italiani riceveranno una mail o una comunicazione dall’Inps che mette in pratica quelle linee guida. Abbiamo cambiato paradigma: l’approccio non è più aspettare la domanda del cittadino ma avere un atteggiamento proattivo. Spesso i diritti di famiglie, lavoratori e pensionati rimangono inespressi, non vengono richieste le prestazioni cui si ha diritto: oggi si possono ottenere solo dopo aver fatto domanda. Non sarà più così. Sarà sempre più l’Inps a comunicare ai cittadini a quali prestazioni possono accedere: basterà accettare di ricevere tutte le informazioni nella nuova piattaforma Mylnps e da qui partiranno di volta in volte le notifiche personalizzate. Ad esempio: alla nascita di un figlio, i genitori riceveranno informazioni sui bonus cui avranno diritto, dal bonus bebè a quello per l’asilo nido. L’assegno unico nel 2023 viene pagato automaticamente senza una nuova domanda, a chi ne ha diritto e l’aveva ricevuto lo scorso anno. La reversibilità viene notificata direttamente all’utente, che dovrà quindi solo accettare la domanda. Nel 2022 è partito il consulente digitale dei pensionati: grazie a questo nuovo servizio sono aumentate del 136% le richieste di supplementi di pensioni. E via di seguito.

Sbaglio o colgo in tutto questo un senso di fierezza e di appartenenza?

La verità è che nella Pubblica amministrazione è in atto una grande trasformazione digitale, e INPS è all’avanguardia in questo processo. C’è un intenso lavoro che ha visto insieme varie amministrazioni che hanno messo a disposizione le informazioni. E noi come INPS siamo anche collettori di dati. Basti pensare all’Anagrafe nazionale: ormai il 96% dei Comuni ha trasferito l’anagrafe nella banca dati unica. Negli ultimi 4 anni sono stati fatti tanti passi avanti, anche grazie all’interoperabilità. Certo, bisogna sempre fare i conti con le tutele della privacy e i dati non vanno solo raccolti, ma anche aggiornati: questa è la grande sfida. Ma solo con l’interoperabilità tra le banche dati nella PA è possibile la proattività e la semplificazione per l’utente. Dobbiamo creare ciò che altrove chiamano e-government, una PA con dati integrati e interoperabili. Che chieda al cittadino il dato solo una volta, e che possa dare risposte in tempo reale. Questa è la vera rivoluzione nella pubblica amministrazione, e in INPS la stiamo interpretando, riuscendo già a ottenere risultati importanti.

L’Inps ha una biblioteca di circa 50 mila volumi. È aperta al pubblico? Agli studenti che vogliano fare ricerche?

Inps ha una grande biblioteca nella sede della direzione generale di via Ciro il Grande a Roma, che è aperta al pubblico. In questi giorni stiamo trasferendo il nostro polo formativo e di ricerca in una bellissima sede nel quartiere Garbatella di Roma, che abbiamo da poco recuperato e resa funzionale. Qui opererà la nuova realtà dell’Accademia del welfare, nata grazie a una norma introdotta nel 2022. In generale, stiamo investendo sempre di più sulla formazione e più facciamo innovazione, più abbiamo bisogno di formazione. Inoltre, cosa più importante, abbiamo aperto le porte a tanti giovani che vogliono conoscere e studiare le nostre materie istituzionali.

Lei è un uomo del Sud e uno studioso di economia con un inevitabile lato sociologico. Dal suo punto di vista e dal punto di osservazione dell’Inps, quali principali differenze e necessità vede tra Nord e Sud del Paese?

Il tema delle differenze tra Nord e Sud del Paese è una grande questione, che ha un impatto e soprattutto un’origine economica piuttosto che antropologia o sociologica. La questione meridionale, a mio parere, è il grande problema del Paese: al Sud ci sono i più bassi tassi di occupazione dei giovani e delle donne, ma anche i più bassi tassi di occupazione totali, il più basso livello di servizi rispetto al Nord, infrastrutture che sono carenti, i servizi all’infanzia che sono più indietro rispetto al Nord, così come le infrastrutture ospedaliere. Esistono dunque una serie di questioni che, se risolte, oltre ad incrementare i livelli di servizi porterebbero un incremento anche dei livelli di occupazione e di sviluppo del Sud. Certo, nel Meridione scontiamo anche un livello di investimenti e di attrazione molto più basso rispetto al Nord, causato non solo dalle citate lacune nelle infrastrutture ma anche dalla criminalità organizzata più diffusa e radicata. La grande priorità di ogni governo e di tutto il paese dovrebbe essere questa perché, se riusciamo a risolvere la questione meridionale e i suoi tassi di occupazione e sviluppo più bassi rispetto al Nord, avremmo un altro paese, che statisticamente avrebbe dati di crescita molto migliori di quelli attuali. Una tale sfida si vince solo con una forte collaborazione di pubblico e privato, che abbia da parte del pubblico il fondamento della creazione di infrastrutture e dal lato privato l’impegno e il coraggio di investire in zone oggi più distanti rispetto agli epicentri del capitalismo mondiale europeo, che comunque potrebbero trovare nel Sud vantaggi e rendimenti molto più alti, con prospettive e tassi di crescita molto interessanti che riguardano tutte le regioni del Mediterraneo.

Presidente, ci descrive la giornata tipo del presidente dell’Inps?

L’Inps è un motore sempre acceso: noi serviamo 42 milioni di utenti tra le diverse categorie (aziende, lavoratori, disoccupati, invalidi, minori, pensionati) e durante la pandemia se ne sono aggiunti in un brevissimo tempo quasi altri 16 milioni, sostanzialmente servendo tutto il paese con uno sforzo enorme dell’istituto. Questo fa sì che la mia giornata sia piena di impegni dalla mattina alla sera in ogni suo minuto, spesso 7 giorni su 7.  Inps è un motore sempre acceso perché appunto è un continuo far girare a regime l’esistente e le innovazioni, cercare miglioramenti, affrontare problemi che sorgono e soluzioni che vengono richieste, anche di emergenza; ci sono accelerazioni su provvedimenti che il governo vuole implementare e bisogna quindi, come Inps, trovare soluzioni procedurali, amministrative, informatiche e di controllo, il tutto per domande di prestazioni che riguardano milioni o decine di milioni di utenti ogni volta. È un continuo vivere tra problemi che emergono e soluzioni da proporre e realizzare. Gli interlocutori dell’istituto sono poi innumerevoli: tecnici, sindacali, professionali, politici, amministrativi. Pertanto, la mia giornata è scandita da numerose riunioni sia online che in presenza, da incontri istituzionali e tecnici, da letture dei documenti importanti e sensibili, che hanno un impatto sulla vita di milioni di italiani. Ovviamente, questo richiede continua attenzione ma anche sensibilità ai problemi delle persone. Il mio approccio è stato sempre quello di essere attento alle problematiche singole, empatico per cercare di capire anche chi c’è dietro una domanda, dietro una richiesta di prestazione e quindi riuscire a costruirla per esigenze concrete, evaderla in tempi brevi e con la giusta sensibilità.

 

Pino Nano Giornalista.  Già caporedattore della Rai

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