Presidente Gasparri, sono passati due anni da quando è in vigore la legge che ridusse il numero dei parlamentari: da 630 deputati a 400, da 315 senatori a 200. Detto francamente, potesse andare indietro, l’approverebbe?
La riduzione dei parlamentari obiettivamente è stato un obiettivo demagogico, difficile da contrastare, vista l’impopolarità della politica, ma tale da creare più problemi che soluzioni. E poi è stata ridotta anche la rappresentanza. Sindacati, associazioni, territori che vogliono interloquire con la politica sono numerosi; ma meno persone possono essere a disposizione e più faticoso è il lavoro degli altri. Mi rendo conto che questo aspetto sfugga. Andando indietro nel tempo, penso che si determinerebbe lo stesso effetto perché la spinta demagogica è stata prevalente e non sarebbe stata compresa un’azione più saggia in una direzione diversa.
Si disse che tagliare il numero dei parlamentari avrebbe fatto risparmiare chissà quanto allo Stato. Le risulta che sia andata così?
Le motivazioni sul risparmio sono risibili considerate le tante spese pubbliche. Anzi le dirò di più: le cose più ridicole sono state dette proprio sulla riduzione del numero dei parlamentari. Se si abolisse del tutto il Parlamento si risparmierebbe di più, ma si abolirebbe la democrazia. Sono quindi argomenti idioti, ma gli idioti che li sostengono e quelli che li condividono sono purtroppo numerosissimi.
Un altro motivo alla base del taglio fu che un Parlamento meno pletorico avrebbe funzionato meglio. Invece le risulta che sia accaduto l’esatto contrario, soprattutto in Senato, nelle commissioni, dove ci sono stati casi in cui membri del governo sono stati chiamati a rimpiazzare colleghi di partito, per evitare alla maggioranza di andare sotto nelle votazioni?
Il funzionamento del Parlamento è peggiorato, perché con meno persone le cose sono più complesse, tra commissioni, aula, impegni di varia natura, che spesso si sovrappongono. Se la gente capisse che il lavoro dei parlamentari non si svolge solo dove debbono essere presenti, cioè nelle aule delle commissioni e nell’assemblea, ma anche nel contesto sociale, si capirebbe ancora di più la negatività della riduzione del numero dei parlamentari, che ha reso più complicato il lavoro delle commissioni e degli altri organismi dove si esercita l’azione del parlamentare o dov’è richiesta la sua presenza.
Quanto giocò, nel far passare questa riforma, l’ondata populista, demagogica e diciamo pure qualunquista che allora era in auge nel Paese con la spinta dell’antipolitica?
Certamente, fu la spinta demagogica, populista e qualunquista a determinare quella scelta
Oggi il lavoro del parlamentare, in questo Parlamento amputato, si svolge quindi in condizioni più difficili. Nessuno lo sa meglio di lei che attualmente è presidente del gruppo parlamentare (di Forza Italia).
Ho già esposto le ragioni per cui il lavoro del parlamentare oggi è più difficile. Ma alla gente questo non interessa. Vorrebbero l’abolizione del Parlamento e poi, casomai, rimpiangerebbero la democrazia. È ovvio che meno persone – cioè 345 parlamentari in meno rispetto alle precedenti legislature – debbono fare le stesse cose, di prima. Perciò è tutto molto più faticoso e complicato: ma non è un argomento che possa essere compreso all’esterno. Ma non perdo la speranza che il cittadino di buon senso e non accecato dalla demagogia questo lo possa comprendere.
Giacché ci siamo, e allargando il discorso: da più parti si intonano de profundis sul Parlamento. Conta sempre meno, si dice, non conta niente, è stato esautorato e il potere si è sbilanciato a favore del governo. Presidente, ammettendo che il Parlamento sia malato, quali sono le malattie di cui soffre?
Non c’è dubbio che Il Parlamento sia schiacciato dalla prevalenza del governo, dalla difficoltà di discutere disegni di legge d’iniziativa parlamentare perché ci sono troppi decreti-legge. Questo fenomeno alimenta l’altro, che si riassume nella domanda: che ci sta a fare il Parlamento?!. E’ una specie di circuito infernale negativo, che invece dovrebbe essere analizzato restituendo più spazio e tempo alla iniziativa dei parlamentari, riducendo i decreti del governo ai casi di necessità e urgenza. Su troppe cose si fanno leggi, che potrebbero essere demandate a semplici regolamenti. Un rimedio che renderebbe meno ingolfato il Parlamento.
Mario Nanni – Direttore editoriale